martedì 28 maggio 2013

STATE LONTANI DALLE BANCHE, STATE LONTANI DALLA FRANCIA — STATE LONTANI DALL’EURO

«Oskar Lafontaine, il ministro delle finanze tedesco che ha lanciato l’euro, ha invocato una rottura della moneta singola affinché l’Europa meridionale si possa riprendere, mettendo in guardia sul fatto che l’attuale corso “ci sta portando al disastro.” 






Ha affermato che “la situazione economica sta peggiorando mese dopo mese, e la disoccupazione ha raggiunto un livello che pone le strutture democratiche in serio dubbio.” Ha aggiunto che “i tedeschi non hanno ancora capito che prima o poi l’Europa meridionale, inclusa la Francia, sarà costretta dalla sua miseria crescente a combattere l’egemonia della Germania,” dando la colpa dell’attuale crisi alla compressione dei salari voluta dalla Germania per guadagnare quote di esportazione. [...] Lafontaine ha detto di continuare a sostenere l’UME, ma non crede più che sia sostenibile. “E’ stata vana la speranza riposta nella creazione dell’euro come sprone verso uan razionalità economica,” aggiungendo che la politica di forzare Spagna, Portogallo e Grecia ad effettuare svalutazioni interne è stata una “catastrofe.”»

 
~ German euro founder calls for ‘catastrophic’ currency to be broken up, Ambrose Evans-Pritchard, The Telegraph, 5 Maggio 2013.
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di Charles Gave
Il mese scorso abbiamo spiegato le ragioni per cui la Francia fosse sull’orlo di una seconda depressione — in breve, a causa di una collisione mortale tra la politica francese e un’unione monetaria alla Frankenstein. Purtroppo, i dati successivi confermano la traiettoria desolante:
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L’INSEE Business Climate Survey è sceso sotto gli 88 (o due sigma sotto la media). Ciò indica che la Francia sta entrando in una fase di recessione tanto brutta come quella del 1993 e forse brutta come quella del 2008-2009. Entrerà in questa recessione con la spesa pubblica al 57 % del PIL, il livello più alto mai registrato, e con un rapporto debito/PIL vicino al 90% — e ciò non include le passività per le pensioni dei dipendenti pubblici. Se fossero incluse, il rapporto debito/PIL raddoppierebbe, a seconda di alcune stime (vedi la relazione sulle finanze pubbliche di Michel Pébereau).
Anche Francois Hollande sta cominciando a svegliarsi su quanto sia distruttiva e anti-business l’agenda francese. Lunedì Hollande ha annunciato misure destinate ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale francese — essenzialmente annaccquando i programmi che egli stesso ha imposto dopo aver vinto le elezioni presidenziali dello scorso anno.
La nuova agenda prevede tagli alle imposte sulle plusvalenze. Tali tasse sui redditi da capitale diminuiranno ora di 2 punti percentuali, al 32.5%. Questo è meglio della mossa bizzarra dello scorso anno che andava a colpire i redditi da capitale ad un massimo del 62% in alcuni casi. Però l’inversione del presidente è la mossa disperata di un uomo politico con le spalle al muro, non è un segno che ci assicura che nei prossimi anni vedremo una mano ferma sul timone delle riforme.
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Date un’occhiata alla tabella qui sopra. La Francia rappresenta un grave ritardatario rispetto alla maggior parte delle altre principali economie europee (tranne l’Italia) su quasi tutti gli indicatori fiscali.
  • Tra il 2000/2011, le imposte complessive in rapporto al PIL sono scese di circa -1.6 punti percentuali in tutta l’Unione Europea: -2.6pp in Germania, -1.4pp nel Regno Unito, e -7.2pp in Svezia. In Francia si sono contratte di solo -0.3pp. La Francia è ora pronta a superare la Svezia come il più grande tassatore tra le 27 nazioni dell’Unione Europea, con un carico fiscale complessivo del 44% contro il 39% dell’UE nel suo complesso.
  • Le imposte implicite francesi sulle plusvalenze sono aumentate di 4.3pp nel 2000-2011, un incremento superato solo dall’Italia e nettamente in contrasto con la tendenza in calo in Germania (-5pp), nel Regno Unito (-9.1pp), in Svezia (-16pp) e nei Paesi Bassi (-7pp), per non parlare di Eurolandia nel suo complesso (-2.7pp).
  • In termini assoluti le imposte implicite francesi sul capitale raggiungono un gigantesco 44.4%, rispetto ad una media del 27.2% tra i 17 paesi della zona euro.
In questo contesto, l’inversione di Hollande sulle imposte da capitale mi ricorda il tipo che sale i gradini per essere impiccato, scivola, cade e dice “poteva andare peggio.” La Francia resta uno degli ambienti più letali per gli imprenditori.
La trappola del debito
Mentre la Francia sta finendo in una seconda depressione, le entrate fiscali diminuiscono ed entreranno in gioco stabilizzatori automatici. Il deficit di bilancio francese sta per esplodere verso l’alto. Osservate il seguente grafico: la recessione del 1980 ha visto il saldo primario deteriorarsi del 2% del PIL, e la recessione del 1993 l’ha portato ad un deterioramento del 4%. Nel 2008-2009, il deterioramento era salito al 6%.
Se calcoliamo il deterioramento medio nelle ultime tre recessioni, otteniamo un target del 4%, che porterebbe il disavanzo primario francese all’inizio del 2014 al 7% del PIL (cioè più del 16% del PIL del settore privato). Se poi invece estrapoliamo il trend (2, 4, 6…) arriviamo ad un saldo primario pari all’11% del PIL, che non è da escludere in quanto, come ho già detto, la Francia sta finendo in depressione.
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Inutile dire che la “previsione” del governo sul deficit di bilancio (di quest’anno e del prossimo) è del tutto risibile, ed è alla pari con le previsioni fatte dal governo spagnolo e greco nel corso degli ultimi anni.
In genere, il costo dell’indebitamento aumenta quando un paese affonda sempre di più nel pantano: questo vuol dire la parola “trappola” nel modo di dire trappola del debito. Va notato questa volta che i tassi di interesse sono molto bassi in Francia, e possono rimanere così. Ma anche in questo caso, i rapporti del debito francese continueranno ad esplodere, poiché il tasso di crescita dell’economia nominale sarà molto inferiore al tasso medio del debito pubblico. Osservate le barre nere nel grafico qui sotto: aumenteranno alla grande. Inoltre, si verificherà intorno in un periodo (2015) in cui scadrà il debito passato per affrontare il crollo economico del 2008-2009.
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La Francia potrebbe quindi dover emettere tanto debito quanto una grande porzione del suo PIL in calo (dal 15% al 20%?), quest’anno e nel prossimo futuro.
Sapendo questo, perché i tassi francesi sono così bassi? Le spiegazioni abituali (acquisti da parte della Banca Nazionale Svizzera e dalla signora Watanabe) hanno qualche merito, ma possono anche essere in gioco altri fattori. La Francia ha un ampio settore finanziario, con enormi posizioni internazionali. Alcuni soggetti potrebbero vendere riserve internazionali (le quali richiedono grandi obblighi di riserva) e con i proventi (riportati in Francia) comprare titoli di stato francesi — i quali non hanno obblighi di riserva.
L’impatto economico di una tale tendenza sarebbe davvero benigna per i tassi di interesse, ma in ultima analisi va ad aumentare il rischio sul bilancio finanziario francese: meno diversità, e più vulnerabilità per un problema con i bond sovrani.
In ogni caso, in un mercato obbligazionario, si dovrebbe guardare a due cose: la remunerazione del capitale e la restituzione del capitale. La remunerazione del capitale è pietosa e la restituzione del capitale è tutt’altro che certa. State lontani dall’Europa — e soprattutto dalla Francia.
Davvero, l’euro è allo stremo.

http://johnnycloaca.blogspot.it/

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