DI VALERIO LO MONACO
ilribelle.com
Quasi oscurata dalle altre notizie che hanno occupato le
prime pagine dei giornali la settimana scorsa, la tematica più importante è
un'altra: il nostro Paese si prepara a svendere immobili e altri gioielli di
famiglia, oltre a varare nuove norme, per un totale, parziale quanto si vuole
eppure niente affatto modesto, di 400 miliardi.
Lo scenario è pertanto inequivocabile: come era facile
prevedere stiamo entrando in una nuova fase dello smantellamento del nostro
Stato. Dopo l'ondata delle misure di austerità imposte da Monti, una delle
ultime importanti cose che il governo del professore del Bilderberg e di
Goldman Sachs non aveva fatto in tempo a mettere in pratica è ora nelle mani di
Enrico Letta, anch'egli, come sappiamo, degli ambienti del "Gruppo".
Stiamo parlando delle privatizzazioni e della messa all'asta
di ciò che è nostro onde far fronte ai debiti accumulati nel tempo.
Il governo vorrebbe, con questa operazione, tagliare appunto
400 miliardi di debito pubblico, facendo fede così al Fiscal Compact in
"partenza" dal 2015. Secondo Brunetta, 100 miliardi arriverebbero
dalla vendita dei beni pubblici, 40-50 dalla costituzione e cessione di società
per le concessioni demaniali (chi saranno i proprietari di tali società?),
25-35 miliardi dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute
in Svizzera (come se la cosa fosse facile da applicare…) e ulteriori 215-235
miliardi da questa "operazione choc" di svendita. Appunto.
Operazione choc: già la si chiama nel modo adatto a farla
digerire all'opinione pubblica come una cosa indispensabile, necessaria, e non
procrastinabile. "L'Europa ce lo chiede", ricordate?
Questa operazione, a quanto pare, dovrebbe essere
confezionata nel modo seguente: si vuole individuare una porzione di beni
patrimoniali e diritti dello Stato, sia a livello centrale sia a livello
strategico, e venderli a una società di diritto privato di nuova costituzione.
Questa - attenzione che si arriva facilmente al punto - sarebbe costituita e
partecipata da Banche, Assicurazioni, fondi bancari e altri soggetti.
Ripetiamo: banche, assicurazioni e fondi bancari, oltre a qualche soggetto
privato evidentemente facoltoso. Chiaro il punto?
Ma non solo: tale società emetterebbe obbligazioni a 15-20
anni garantite dai beni. E siccome si tratta di un soggetto privato, questi
titoli non andrebbero a ingrassare il debito pubblico. Lo Stato incasserebbe il
corrispettivo e lo porterebbe a riduzione del debito. Ma i beni, ovviamente,
non sarebbero più "nostri".
Si tratta, con tutta evidenza, di un furto in piena regola.
Con una aggravante decisiva: chi sarà in grado di andare a comperare i nostri
immobili e i nostri terreni è lo stesso soggetto che attraverso la speculazione
e la crisi ci ha indotto a metterli in vendita. Anzi in svendita.
Il processo è certamente chiaro a tutti i lettori del
Ribelle. Se dai primi anni ottanta siamo stati costretti - per via delle leggi
che i politici italiani hanno approvato senza che nessuno di noi, ipnotizzato
negli anni del boom economico se ne rendesse pienamente conto - a offrire nelle
mani della speculazione internazionale il finanziamento dei nostri titoli di
Stato, è esattamente da allora che abbiamo iniziato ad accumulare debito
pubblico in maniera abnorme. Conti alla mano, la cosa non è in discussione.
Sino a un anno addietro eravamo "appena" al doppio di allora, cioè a
circa il 120 per cento. Complici la crisi indotta dalla finanza sovranazionale
e i governi che attraverso tale crisi ci hanno imposto le misure che non hanno
fatto che aggravarla ulteriormente ai nostri danni, oggi siamo arrivati, in
tema di debito pubblico, a circa il 130 per cento. E probabilmente a fine anno
si andrà ben oltre. Per risolvere la situazione, visto che con le misure
adottate non si può che continuare a farla incancrenire, adesso si arriva
dunque alla svendita di noi stessi. Cioè del nostro patrimonio pubblico.
Chi ha guadagnato da tutta l'operazione mediante i tassi di
interesse crescenti che siamo stati costretti a pagare e che saremo costretti a
pagare anche in futuro si trova dunque oggi con un gruzzolo cospicuo in tasca.
E questo, sempre da parte degli stessi soggetti, sarà dunque utilizzato, a
breve, per venire a fare spese in casa nostra. A prezzi di realizzo,
ovviamente. E con un allibratore di provata fiducia, visto che Letta proviene
dagli stessi ambienti.
Prima ci hanno "creato" il debito, poi ci hanno
fatto aumentare i tassi di interesse, quindi ci hanno imposto le condizioni per
ripagarlo, e adesso ci requisiscono il patrimonio a prezzi da "monte dei
pegni". Una operazione di strozzinaggio legalizzato insomma.
La lista degli immobili e del patrimonio in svendita non è
ancora completa. E si tratta, ribadiamo, di una lista parziale ancora da
approvare. Ma è certo che verso quella direzione si sta andando e che quella si
proseguirà. Come peraltro già avvenuto in altri Paesi, vedi ad esempio la
Grecia e la svendita di aziende pubbliche quando di non vere e proprie isole.
Per ora la Banca d'Italia, dalla quale è necessaria l'autorizzazione (che
ovviamente non mancherà, visto che è di proprietà delle Banche e dunque dei
banksters stessi) ha inviato una prima lista di 350 immobili per un valore di
un miliardo e mezzo.
A fronte di questo, il peggio è però l'aspetto che riguarda
lo scenario nel suo complesso, cioè europeo e mondiale. Che non sta cambiando
di un millimetro se non in peggioramento. La seconda ondata di crisi,
ampiamente prevista anche nei tempi, cioè per il tardo autunno di quest'anno,
inizia ad arrivare. La situazione di Portogallo e Grecia sta nuovamente avendo
una nuova fase di peggioramenti. E anche le notizie in merito a queste due
situazioni sono state nascoste dietro i fatti d'Egitto nei giorni scorsi.
Mario Draghi ha dichiarato che la Bce continuerà a
intervenire e che non pensa affatto, come invece si suppone stia facendo la Fed
dopo le parole di Ben Bernanke delle settimane passate, a una exit strategy. Ma
non è una buona notizia: perché se da un lato la cosa ci evita il tracollo
totale e repentino, dall'altro non fa che spostare in avanti i termini di una
questione già scritta. Peraltro, prendendo tempo, consente alla deriva predatoria
dei mercati di continuare ad andare avanti e a percorrere i propri scopi. La
svendita dell'Italia della quale abbiamo parlato è una ulteriore tappa di tale
percorso.
Valerio Lo Monaco
www.ilribelle.com
8.07.2013
Per gentile concessione de “La Voce del Ribelle”
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