I disordini sociali e le manifestazioni che stanno
interessando la Turchia e il Brasile potrebbero avere un effetto negativo sui
mercati finanziari di questi Paesi e, più in generale, sui mercati emergenti?
I fattori che nel lungo periodo sostengono la maggior
crescita dei paesi emergenti rispetto ai paesi industrializzati continuano a
essere validi e presenti: tra i principali ricordiamo il profilo demografico
più favorevole, un costo del lavoro nettamente inferiore e un quadro politico,
non necessariamente democratico, ma, in media, sicuramente più stabile rispetto
al passato.
Ciononostante, la situazione attuale, sia dal punto di vista
dei flussi finanziari che dal punto di vista macroeconomico e politico presenta
degli aspetti negativi di breve periodo.
Nel primo caso, è evidente che la prospettiva di una fine
anticipata delle manovre straordinarie di politica monetaria, recentemente
annunciata dalla banca centrale americana,ha innescato un processo di
riallocazione dei portafogli dei grandi investitori internazionali e delle
banche centrali stesse che continuerà a penalizzare i mercati finanziari
marginali tra cui gli emergenti, peraltro oggetto nel corso degli ultimi anni
d’ingenti flussi positivi in entrata.
Da un punto di vista macroeconomico di breve periodo, è
indubbio che si stia attraversando una fase in cui sia le stime di crescita
macroeconomiche che le stime di crescita degli utili delle aziende quotate sui
principali mercati emergenti siano rivisti al ribasso e rendano pertanto meno
attraente l’investimento,con particolare riferimento ai mercati azionari.
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