Il sonno della politica genera mostri. Come la Cassa Depositi e
Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico su cui le Fondazioni
bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima
approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso
sfruttando il caos post-elettorale.
Mentre i parlamentari a 5 stelle si apprestano a contare le caramelle di
Montecitorio e quelli del Pd sognano governi impossibili, un drappello
di sopravvissuti di Prima e Seconda Repubblica acquisisce un potere
economico paragonabile all'Iri dei tempi d'oro. L'ultimo colpaccio
l'hanno messo a segno l'altro ieri. La Banca d'Italia ha ceduto al Fondo
Strategico Italiano, braccio operativo della Cdp, il 4,5 per cento
delle Assicurazioni Generali. Così la Cdp si trova a essere il secondo
azionista del gigante europeo delle polizze.
CHIAMPARINO
Il leader e profeta di questo contro-potere è Giuseppe Guzzetti, 78
anni: presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, poi deputato
Dc, è da 16 anni presidente della Fondazione Cariplo, terzo azionista
della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo. Primo azionista
dell'istituto milanese è un'altra fondazione, la Compagnia di San Paolo,
alla cui testa è stato sistemato l'ex sindaco di Torino, Sergio
Chiamparino.
E chi è il secondo azionista di Intesa? Le Generali di cui sopra. E chi è
l'amministratore delegato della Cdp? Giovanni Gorno Tempini, ex manager
di Intesa nonché pupillo del presidente della banca Giovanni Bazoli,
che sta per farsi rieleggere, nonostante gli 80 anni compiuti, dai suoi
fedeli azionisti: Guzzetti, Chiamparino e Generali.
Questi irriducibili stanno arpionando una ricchezza immensa. Il
pacchetto delle azioni Generali completa un bouquet di partecipazioni
tra le quali spiccano il controllo dell'Eni, di Terna, della Snam, della
Sace, della Simest e della Fintecna, che a sua volta possiede la
Fincantieri. Le partecipazioni azionarie valgono 30 miliardi, un decimo
del patrimonio gestito dalla Cdp. Che infatti è una banca, l'unica in
Italia ad andare bene, forse perché finora non è stata gestita dai
baroni della Fondazioni, sicuramente perché esercita una sorta di
strozzinaggio di Stato.
GIOVANNI GORNO TEMPINI
Raccoglie il risparmio postale che vale 233 miliardi di euro (un quarto
di tutti i depositi bancari) e viene pagato dalla Cassa al tasso del 2,7
per cento al lordo delle tasse e delle spese di Poste Italiane. Cdp
impiega quei soldi "a sostegno della crescita del Paese". Per circa 90
miliardi li presta agli enti pubblici, soprattutto i Comuni, per mutui
su cui impone tassi attorno al 4,5 per cento. Il resto finisce in titoli
e liquidità. Pagando poco i risparmiatori e imponendo interessi esosi
ai Comuni la Cassa ha guadagnato l'anno scorso 3,5 miliardi. E tra pochi
giorni distribuirà agli azionisti un miliardo di dividendi.
LUIGI ZINGALES
Tutti pensano che la Cdp sia statale, però ha anche azionisti privati:
le Fondazioni. Due economisti di scuola bocconiana come Roberto Perotti e
Luigi Zingales sostengono che le Fondazioni bancarie, create nel 1990
dall'oggi aspirante presidente della Repubblica Giuliano Amato, sono il
frutto di una "perversa genialità: dopo aver sottratto soldi ai
cittadini (i legittimi proprietari delle vecchie casse di risparmio
pubbliche), ora si presentano come i loro benefattori", vantando le
generose "erogazioni" di finanziamenti ai momenti nobili della società
civile (cultura, volontariato, assistenza ai più poveri).
In realtà, spiegano i due economisti che da tempo ne propugnano la
ri-nazionalizzazione, le Fondazioni si sono impadronite di denaro
pubblico ribattezzandolo privato. Il loro istinto è dunque di allungare
le mani anche sul denaro della Cdp. Nel 2003 l'allora ministro
dell'Economia Giulio Tremonti ebbe l'idea di far diventare "privata" la
Cassa, per nasconderci un po' di debito pubblico e non farlo risultare.
Aveva bisogno di soci privati e li trovò nelle Fondazioni: acquistarono
per un miliardo di euro azioni privilegiate della Cdp, facendo firmare
allo Stato l'impegno a garantire un dividendo del 3 per cento più
l'inflazione.
Ciò che lo Stato si guarda bene dal promettere ai chi compra i suoi Bot
Tremonti lo concesse alle Fondazioni, che in questi dieci anni hanno
ripreso in interessi il loro miliardo, alla media del 10 per cento
all'anno di rendimento. L'accordo prevedeva però che a un certo punto
l'azionista di minoranza convertisse le azioni privilegiate in
ordinarie, versando un conguaglio.
MUSSARI PASSERA BASSANINI
Da quando è stata "privatizzata" la Cdp ha triplicato i suoi attivi
patrimoniali e quadruplicato il suo patrimonio netto, la redditività, a
spese dei risparmiatori, è esplosa. Così la Deloitte, incaricata di
periziare il valore attuale della ditta, ha detto che le Fondazioni
dovevano versare un conguaglio di 4,5 miliardi per la conversione delle
loro azioni. Apriti cielo. Guzzetti, Chiamparino e Bazoli hanno messo il
muso.
Subito si è mobilitato per accontentarli il presidente della Cdp, Franco
Bassanini, deputato di vari partiti per 27 anni e quando era senatore
di Siena lord protettore di Giuseppe Mussari, sposato con il
vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta. Con la silenziosa
complicità di un altro amico delle Fondazioni, il ministro dell'Economia
Vittorio Grilli, Bassanini ha pilotato una soluzione ottima: anziché
4,5 miliardi le Fondazioni ne pagheranno solo uno, in tre comode rate
annuali corrispondenti ai dividendi incassati. In più una modifica dello
statuto fa sì che ai "soci di minoranza" ora spetti la nomina del
presidente della Cdp. Così Bassanini, solo indicato da Guzzetti per il
primo mandato, sarà da lui rinnovato in modo diretto all'assemblea del
prossimo 17 aprile.
Spetterà al prossimo governo, quando e se ci sarà, dare un parere su questo modo di gestire il denaro pubblico.
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