Secondo l’indagine della Procura di Milano la storia dei
patron dell’Ilva connettespeculazione&inquinamento: i Riva avrebbero
raggirato – attraverso vari escamotage – le leggi di agevolazione, sfruttando i
soldi dello Stato e camuffando anche le Autorizzazioni ambientali, non curanti
dell’alto inquinamento dello stabilimento. Deo gratias anche a Romano Prodi
che, illo tempore, durante la fase di privatizzazione dell’IRI ha ripulito la
ex Italsider e l’ha resa Ilva Laminati Piani, vendendola ai re dell’acciaio,
che l’hanno trasformata nel mostro ambientale di Taranto. Intanto oggi il
Presidente Vendola spende 600 mila euro per uno spot pubblicitario per
rilanciare il turismo in città anziché usarli per bonificare l’area.
di Maria Cristina Giovannitti
L’Ilva è un mostro che sprigiona polveri sottili e che oggi,
oltre al danno ambientale, si ritrova con una grossa beffa statale: secondo
laaio, i Riva, avrebbero speculato sul denaro pubblico destinato allo
stabilimento “trasferendolo all’estero” e raggirando i controlli finanziari
attraverso degli apparenti investimenti in 8 società off share, che agevolavano
il riciclaggio e il reimpiego.
Questo “marchingegno”, emerso dalle indagini,
risale ai tempi della privatizzazione dell’IRI, quando l’allora presidente
dell’Istituto Romano Prodi cominciò un’opera smodata di privatizzazioni, riuscì
a svendere l’ex Italsider – oggi Ilva – alla famiglia Riva che poi l’hanno
trasformata in quello che è oggi, un colosso alla de-RIVA.
ROMANO PRODI, UOMO DI CENTROSINISTRA MA RE DELLE
PRIVATIZZAZIONI – Prodi, lo stesso che è stato indicato dal suo Pd per le
elezioni alla Presidenza della Repubblica, è stato – all’inizio degli anni ’90
– il “re della privatizzazione” del nostro Paese. Nel 1982 è stato nominato
presidente dell’IRI – Istituto per la Ricostruzione Industriale - in realtà un
ente nato come pubblico e in seguito, per volontà di Romano Prodi, diventato
privato nel 1992.
Durante questa fase di svendita totale, il presidente Prodi
gestisce anche gli affari dell’allora acciaieria Italsider che nel 1993 non se
la passava bene con circa 3 miliardi di lire di debiti.
GLI “AIUTI” DELLO STATO ALL’ILVA – Nel 2009 con il governo
Berlusconi viene varato il decreto sullo scudo fiscale che permette ai
patrimoni esteri di poter essere trasferiti in Italia con delle agevolazioni.
Lo scudo fiscale è un pasto ghiotto per i Riva che vogliono riportare a casa il
loro tesoretto con l’unico problema, però, che i beni sono intestati ad Adriano
Riva figlio, il quale ha la cittadinanza canadese e per lui lo scudo fiscale
berlusconiano non ha valore. Ecco che si trova l’escamotage passando il
testimone ad Emilio Riva padre: intestando tutto a lui, lo scudo fiscale vale
anche per loro.
Altro ‘aiuto’ dello Stato è arrivato anche con il governo
Monti ed il suo decreto Salva Ilva che ha dato l’ok al nte l’alta tossicità
ambientale dello stabilimento e l’emissione di polveri sottili. Una delle
ultime ipotesi con il governo Letta junior è quello di statalizzare un polo
dello stabilimento dell’Ilva, una scelta non troppo condivisa dai Verdi che
vedono nella scelta solo una volontà di socializzazione del debito – “aiutando”
di nuovo i Riva – e bloccando il risanamento ambientale.
I RIVA MANIPOLAVANO LE RELAZIONI AMBIENTALI E LO STATO NON
HA MAI INVESTITO NELLA BONIFICA – Ai tempi dell’acquisto dell’Ilva – nel 1992 –
gli stessi padroni Riva, consapevoli dell’alto inquinamento prodotto dallo
stabilimento, chiesero allo Stato 800
miliardi di lire che giustificarono come denaro necessario “per sopperire al
troppo inquinamento”, senza riceverlo. Sempre secondo la Procura di Milano da
anni i Riva hanno trattato con lo Stato diversi protocolli d’intesa che la
magistratura definisce una “colossale presa in giro” perché, stando
alleintercettazioni del 2011 tra patron Fabio Riva e l’avvocato dell’Ilva,
vieneammesso con chiarezza che l’Autorizzazione Integrata Ambientale:
“l’abbiamo fatta noi”.
Ma anche lo Stato ha le sue gravi colpe, secondo quanto
denuncia Angelo Bonelli, leader dei Verdi e consigliere comunale di Taranto,che
attacca lo stesso Nichi Vendola, presidente delle Regione: sono stati stanziati
ben 600 mila euro per uno spot pubblicitario“Questo è Taranto” necessario,
secondo Vendola, per rilanciare il turismo nella città che – a causa del danno
Ilva – sta avendo delle ripercussioni anche sul terziario.
Questi 600 mila euro potevano, però, essere usati per
compiere delle indagini epidemiologiche, ancora più necessarie e fondamentali
di uno spot pubblicitario: da anni gli ambientalisti le hanno richieste
ricevendo sempre risposta negativa perché i soldi non ci sono. Per il
consigliere Bonelli più che investire in una pubblicità, è primario investire
nel risanamento ambientale che – per ora – non c’è.
Intanto la Procura ha sequestrato dalla Riva Fire ben 8,1
miliardo di euro mentre il consiglio di amministrazione si è completamente
dimesso, voltando le spalle a quello Stato che negli anni ha sempre “aiutato”
l’Ilva dei Riva.
http://politicicorrotti.it/ilva-svelato-il-sistema-riva/
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