mercoledì 27 febbraio 2013

COME AL SOLITO NON CI DICONO PIU’ NULLA SUL MALI , ATTENTATO A KIDAL, L’ALTRA FACCIA DEL CONFLITTO




Un attentato suicida avvenuto ieri a Kidal, nel nord del Mali, ha causato almeno quattro vittime e ha ancora una volta segnalato il cambio di strategia dei gruppi armati che fino a gennaio tenevano sotto controllo questa parte del paese. Ieri l’obiettivo è stato un posto di blocco del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla, gruppo armato che sostiene i francesi); ma i precedenti attentati di Gao e le incursioni fatte a più riprese in aree ufficialmente tornate sotto controllo di Bamako lasciano aperti diversi interrogati.
Sul Journal du Mali sono proprio questi interrogativi ad alimentare un articolo di fondo molto chiaro fin dal titolo: “Abbiamo forse sottovalutato il nemico?”. I combattenti islamisti, si legge, “hanno capacità proprie di un esercito… sono pesantemente armati, utilizzano ordigni esplosivi artigianali, ricorrono ad attentati suicidi oppure fanno esplodere ordigni con comandi a distanza”. Per Le Pays, giornale del vicino Burkina Faso, “il nemico non è scomparso e la pace è ancora lontana”.
Ad alimentare la preoccupazione che la guerra sia ancora lunga è d’altronde la stessa Francia che da gennaio guida l’offensiva contro i ribelli. Come detto ieri dal ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, “combattimenti molto violenti” sono in corso sulle montagne dell’Adrar degli Ifoghas e questo, ha aggiunto, significa che è ancora prematuro parlare di un ritiro di truppe dal Mali.
Pochi tra gli attori in campo hanno finora diffuso notizie particolareggiate su quanto sta avvenendo a nord e su bilanci. L’esercito maliano ha riferito della morte di 37 suoi soldati e del ferimento di altri 138; il Ciad, impegnato nella missione al fianco dei francesi, lamenta almeno 23 vittime; molti, sarebbero poi i caduti tra i ribelli.
Questo scenario di guerra peggiora ulteriormente le condizioni di vita di una popolazione che doveva fare già i conti con la siccità e la carenza di beni di prima necessità. Secondo dati dell’Onu almeno 430.000 maliani sono stati costretti alla fuga. Di loro, ha detto John Ging, dirigente dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari da poco rientrato a New York dal Mali, deve occuparsi con urgenza la comunità internazionale.
http://www.misna.org/

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