1. Bersani e i suoi hanno continuato (sordi a ogni
suggerimento contrario) a demonizzare la comunicazione, ostinandosi a
pensare che sia roba “da imbonitori” (leggi: Berlusconi) o “da uomini di
spettacolo” (leggi: Grillo). Invece – lo ripeto fino alla nausea – comunicare
è entrare in relazione con gli altri, stabilire un contatto con loro,
saperli coinvolgere, esistere innanzi tutto per gli altri. Che in politica vuol
dire: entrare in relazione con gli elettori e le elettrici, stabilire un
contatto eccetera. Chi non capisce questo concetto elementare si condanna a
perdere le elezioni. È successo finora e succederà sempre, perché la democrazia
funziona così: per governare occorre che la maggioranza ti dia il voto, e per
ottenere i voti della maggioranza, devi persuaderla. D’altra parte, pensaci,
accade anche nella vita: chi non riesce a entrare in relazione con gli altri
che fine fa? Non solo resta isolato, ma perde progessivamente la capacità
di accogliere il nuovo, di capire il mondo.
2. Il Pd ha stretto un’alleanza con Sel (bene
bravo bis: la sinistra non vince le
elezioni spostandosi al centro, ricorda la lezione di Lakoff). Ma invece di
usare l’alleanza per spostare il baricentro della coalizione a sinistra ha
spostato Sel al centro, con continui ammiccamenti a un Monti che per giunta
perdeva credibilità minuto dopo minuto. Risultato: Sel è quasi sparita e molti
elettori ed elettrici di Sel sono confluiti nel M5S.
3. Invece di cercare di capire le ragioni per cui
Grillo ha riempito le piazze, i dirigenti di centrosinistra si sono ostinati a
ripetere come un mantra, a turno: (1) “Le piazze le riempiamo anche
noi”, senza vedere che le differenze di quantità e qualità erano enormi;
(2) “Grillo è populista”, senza capire che la parola è ormai vuota,
visto che in politica tutti accusano tutti di populismo; (3) “Grillo è
fascista”, senza rendersi conto che a sinistra, da molti anni, si usa la
parola “fascista” per etichettare ciò che non si capisce, che non si
riesce a inquadrare in schemi familiari.
4. Invece di usare la rete come ulteriore e
fondamentale mezzo per gestire e alimentare il contatto capillare con gli
elettori e le elettrici, sondare i loro umori, capire se si disaffezionano o
sono scontenti, coinvolgere e convincere gli indecisi, il centrosinistra ha
finito per usare siti web e social media in modo autoreferenziale,
cercando di ottenere attenzione “virale” su immagini e audiovisivi
scherzosi, parodistici e autoironici che possono funzionare su chi è già
convinto, ma allontanano i delusi e indecisi. Detto in altri termini: i
Fantastici 5 avevano funzionato per le primarie (e favorito
Bersani) perché si rivolgevano solo all’elettorato del Pd più convinto (che
votava Bersani), ma giochetti analoghi – e
l’avevo scritto – sarebbero stati un boomerang per le elezioni politiche: non
convinci un/a indeciso/a mostrandoti spiritoso, lo convinci se unisci al
buon umore una proposta chiarissima e concreta. Che non c’è stata (né online né
offiline).
5. Dopo
la sparata di Berlusconi sull’Imu, il centrosinistra
avrebbe dovuto
(a) fare finta di niente e parlare di altro per qualche giorno; (b) focalizzare
due o tre proposte spicciole e concrete, facili da ricordare e rapide da
monetizzare (sì, monetizzare!) per le fasce sociali più penalizzate dalla crisi
economica: dai pensionati alle piccole imprese, dai dipendenti pubblici alle
partite Iva. Invece: (1) ha continuato a parlare di lavoro e economia in
termini generalissimi, astratti, lontani dalla vita quotidiana; (2) ha
continuato a bollare come “ridicola”, “irrealizzabile”, “demagogica” e
“populista” la sparata di Berlusconi, facendo sempre scattare il paradosso:
dici che qualcosa non vale niente, ma ci giri attorno come una mosca sul miele.
In special modo, poi, ha continuato a dire che la proposta di Berlusconi era “irrealizzabile”,
senza però mai spiegare con chiarezza perché (leggi: in modo spicciolo, facile
da ricordare). E allora?
6. Nelle ultime due settimane prima delle
elezioni – oggi cruciali in tutte democrazie, e a maggior ragione in
questa nostra tornata elettorale, in cui largo spazio era lasciato
all’incertezza e alla decisione dell’ultimo secondo – il centrosinistra ha
inanellato l’errore più grave di tutta la campagna: invece di farsi più
incisivo e concreto, si è fatto sempre più evanescente, sempre
ammiccando al centro e mai chiarendo nulla. E nel gran finale ha ridotto tutto
allo slogan preso da Crozza: «Smacchiamolo». Con tanto di
pupazzo-giaguaro consegnato a Porta a porta (mica scemo Vespa). Cosa
vuol dire «smacchiamolo»? Intanto implica la solita ossessione per Berlusconi,
la stessa che fece perdere Veltroni. E poi che fai? Critichi il comico,
l’imbonitore, e giochi sul loro terreno senza saperlo fare? Infine ripeto: in
politica la battuta, il gioco, l’autoironia funzionano solo se affiancate a una
proposta concreta. Senza quella fai solo una figuraccia.
Dice: ma dall’altra parte le proposte sono fintamente
concrete, perché in realtà sono menzogna, manipolazione, inganno. Certo, ma
se dalla tua parte la proposta manca (o non è chiara, non è concreta),
gli elettori e le elettrici si orienteranno altrove. Per esempio verso Grillo,
che combina linguaggio concreto, capacità di
entrare in relazione con gli altri e per giunta, guarda un po’, fa pure
ridere. E mentre tu ti chiudi a teatro con Nanni Moretti che dice (aridàje)
«Ti voto nonostante il giaguaro» (come dire: ti voto nonostante il vuoto),
Grillo infiamma un’affollatissima piazza San Giovanni a Roma, luogo
storico della sinistra italiana. Gran finale per Grillo, non certo per il Pd.
PS: tutto ciò non vuol dire che il Movimento 5
Stelle abbia guadagnato voti prendendoli solo da fuggitivi del centrosinistra,
ovvio. Ha preso voti anche da altre parti, ma questa è un’altra storia.
Questo articolo è uscito oggi anche
sul Fatto Quotidiano.
Nessun commento:
Posta un commento