«Se Grillo avesse chiesto a Bersani le chiavi di casa e della macchina, quello gliele avrebbe consegnate senza fiatare e con tante scuse per il ritardo». Marco Travaglio rimprovera ai grillini di voler «perdere un treno che potrebbe non ripassare più», avendo rinunciato a proporre «una rosa di personalità che potessero incarnare, per la loro storia e le loro idee, alcuni dei punti chiave del movimento. Sarebbe stato lo scacco matto al re». Immediata la contromossa del “sovrano”, Giorgio Napolitano: la strana nomina di due commissioni, costituite da “personalità diverse”, per uscire dello stallo dei veti incrociati. «Una decisione che lascia sbigottiti per l’improntitudine costituzionale e politica che la informa», protesta Paolo Flores d’Arcais: «E’ difficile dire se i nomi proposti da Napolitano per le due “commissioni” costituiscano una indecenza o una esplicita provocazione contro milioni di cittadini che chiedono che si volti pagina».
Si tratta infatti di “commissioni” «per l’inciucio più spudorato, non per la soluzione dei problemi del paese», scrive Flores d’Aircais su “Micromega”.
La commissione “istituzionale” vede il senatore Mario Mauro (cioè Monti), il senatore Gaetano Quagliariello (cioè Berlusconi) e il professor Luciano Violante, che «rappresenta solo l’ala più becera del Pd». Secondo Napolitano il M5S non fa parte del Parlamento? «Una epurazione del genere è al limite del golpismo». Quanto all’unico “intellettuale” o “tecnico”, l’ultima esternazione del professor Onida, su “Radio Popolare”, sostiene l’eleggibilità di Berlusconi. Quanto alla commissione “economico-sociale” «stendiamo un velo pietosissimo, visto che rappresenta un insulto bruciante ai milioni di nuovi poveri, di disoccupati, di precari, di pensionati». Avesse davvero avuto come bussola il bene comune, Napolitano «non avrebbe potuto esimersi di nominare un grande sociologo come Gallino, e qui invece siamo al punto establishment nel senso più “di classe” del termine».
Sia chiaro, Grillo e Casaleggio «hanno fatto malissimo a non proporre loro un nome per la presidenza del Consiglio», ma è ormai lapalissiano che Napolitano «vuole semplicemente salvare Berlusconi». Il direttore di “Micromega” si augura che «una grande ventata di democratica indignazione sia già cominciata a soffiare tra i cittadini italiani che hanno ancora a cuore la Costituzione e i suoi valori di giustizia e libertà», mentre Travaglio, sul “Fatto Quotidiano”, rimprovera i grillini: «Ora l’unica alternativa alle urne, che tutti invocano ma tutti temono, sarà un inciucissimo con B., più o meno mascherato. Che magari era nella testa di Napolitano e dei partiti fin dal primo giorno. Ma che ora ricadrà sulla testa dei 5 Stelle. E naturalmente degli italiani. Bel risultato, complimenti a tutti».
Dopo aver “costretto alla resa” il Pd e demolito tabù storici come i rimborsi elettorali e il “dogma” del Tav Torino-Lione, il “Movimento 5 Stelle” era divenuto il “dominus” della politica italiana: «Sarebbe bastato che i capigruppo fossero saliti al Quirinale con una proposta chiara e netta: un paio di nomi autorevoli per un governo politico guidato e composto da personalità estranee ai partiti (parrà strano, ma ne esistono parecchie, anche fuori dalla Bocconi, dalle gran logge, dai caveau delle banche e dalle sagrestie vaticane)». E dato che Bersani, «anche in versione findus», era rimasto fermo all’asse con M5S, secondo la volontà dei due terzi degli elettori, i “grilli” avrebbero dovuto sfidarlo ad appoggiare quel tipo governo. «E’ vero, come sospettavano i complottisti (che spesso ci azzeccano) che Napolitano e parte del Pd sono già d’accordo col Pdl per l’inciucio: ma, a maggior ragione, la proposta di un governo Settis o Zagrebelsky li avrebbe messi tutti con le spalle al muro». Sarebbe stata una mossa «a rischio zero e a vantaggio mille (per loro e per il Paese)».
Per Travaglio, «ha prevalso l’inesperienza, o la supponenza, o la paura di essere incastrati in giochi più grandi e inafferrabili». Paura infondata, secondo il giornalista del “Fatto”, visto che i partiti «sono alla canna del gas e non sono più in grado di incastrare nessuno, se non se stessi». Se Grillo punta dunque a nuove elezioni ravvicinate, sperando che i tanti grillini favorevoli a un “governo d’eccellenza” superino la delusione per la bocciatura del tentativo di Bersani, al centro del ring torna ancora una volta Napolitano, l’uomo che a fine 2011 disarcionò Berlusconi e congelò l’Italia con l’operazione-Monti, infliggendo al paese la drammatica “punizione” dell’austerity. Anche negli ultimi giorni del suo mandato, l’uomo che Kissinger definì «il mio ex comunista preferito» manovra, ai limiti del regolamento, per condizionare il futuro della democrazia italiana.
L’ultima mossa di Napolitano, l’anomala costituzione di “commissioni” formate da “personalità diverse per la loro connotazione” lascia corposi margini di ambiguità, rilevava “Micromega” ancor prima di prendere nota delle “personalità” indicate dal Quirinale, denunciando il rischio di «un escamotage di establishment perché nella sostanza nulla muti», alla faccia della «impetuosa volontà di rinnovamento espressa dalle urne». Poteva venire una soluzione diversa, dall’uomo che impose il commissariamento dei poteri forti con l’alibi dello spread pilotato dall’élite finanziaria che ha per obiettivo il declassamento dell’Italia e la cancellazione di decenni di conquiste sociali? «Avevo sostenuto che Napolitano stava disputando a Cossiga il titolo di peggior presidente della Repubblica – conclude Flores d’Arcais – ma è ormai palese che lo ha definitivamente superato».
http://www.libreidee.org/2013/03/congelare-il-cambiamento-lultimo-diktat-di-napolitano/
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