domenica 28 aprile 2013

LE EMOZIONI E IL PENSIERO


Che relazione c'è tra il pensiero e le emozioni?

Come si influenzano a vicenda?

E' possibile utilizzare il pensiero per gestire meglio le nostre emozioni, o la nostra mente è destinata ad essere in balìa del nostro stato emotivo?







L'emozione si scatena con una rapidità ed una forza impressionanti, totalmente incontrollabili. Possiamo prevederla, ma è praticamente impossibile gestirla. E' sul pensiero che possiamo e dobbiamo cercare di intervenire, innanzitutto perché è più facile.

Inoltre dobbiamo partire dal presupposto che combattere l'emozione significa opporsi ad essa, consumando molte energie che potrebbero essere meglio utilizzate. L'emozione è un'energia alla quale noi possiamo cercare di opporci in tutti i modi, anche reprimendola, ma difficilmente ci riusciremo e anche se ce la facessimo non riusciremmo comunque a eliminarla. Infatti l'energia emotiva ha bisogno per sua natura di manifestarsi e finirebbe così per farlo in qualche altro modo, in altre situazioni, in maniera assolutamente imprevedibile.




Qual è il ruolo del pensiero in tutto questo processo? Il pensiero genera conoscenza. Finché continueremo a pensare nel modo in cui abbiamo sempre pensato le emozioni che proveremo saranno sempre le stesse. Se invece riusciamo a creare un "lavoro di squadra" tra le nostre emozioni e il nostro pensiero, acquisiamo una nuova forma di intelligenza, l'intelligenza emotiva.



Gran parte dei pensieri che facciamo sono pensieri negativi.

Da dove nascono?

Sicuramente essi sono la conseguenza di una nostra percezione, che dà vita ad una nostra visione della realtà e quindi una nostra interpretazione. Schopenhauer la definisce "rappresentazione della realtà".



Noi interpretiamo la realtà con il nostro pensiero. Abbiamo mai provato a intervenire sul nostro pensiero, al fine di leggere le situazioni che viviamo in maniera diversa? Soltanto intervenendo sul nostro pensiero potremo intervenire sulle emozioni che gli eventi suscitano in noi.

Ma come si fa a rielaborare un evento che giudichiamo negativo?

Si tratta di imparare a vedere la situazione da un punto di vista diverso, nuovo, che non ci appartiene.



A tutti noi capita di vivere eventi negativi. Ci rendiamo conto che spesso sono ripetitivi, se non addirittura identici nella loro dinamica e negli effetti che producono? Come si può pensare di interrompere questa ripetitività? Su cosa intervenire?

Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare! I fatti oggettivi sono molto pochi, ma è tutto il resto, tutti i dettagli e le interpretazioni che possiamo cambiare, liberandoci dalla convinzione che la nostra lettura della realtà sia l'unica possibile, e soprattutto l'unica giusta e oggettiva.

Il lavoro consiste quindi nel ridurre all'oggettivo la nostra lettura degli eventi, limitandoci a cogliere l'essenziale ed eliminando tutto il pensiero negativo che solitamente fa da contorno ad un evento.

Noi abbiamo una percezione della realtà limitata e sviluppiamo immagini negative di una realtà che è molto più grande di noi e che non conosciamo affatto. Proprio per questo quando siamo convinti di aver vissuto un evento che ha prodotto in noi un'emozione negativa dobbiamo sforzarci di vederlo in un altro modo. Può essere utile raccontarlo usando altre parole, sostituendo ed eliminando tutte i termini negativi. In questo modo stiamo cominciando a modificare anche il nostro pensiero, e quindi le nostre emozioni.



Uno degli eventi che ci spaventa di più è la morte.

Noi abbiamo un giudizio negativo della morte: abbiamo mai pensato di sviluppare un'immagine positiva della morte?

Immediatamente la nostra percezione cambierà, e così le nostre emozioni.

Questo processo di ristrutturazione va applicato a tutto ciò che giudichiamo negativo. Se proviamo a fare questo processo ci accorgeremo che, superata una resistenza iniziale, il nostro stato d'animo si modificherà.



Ma come trasformare una parola che per noi è negativa in una parola a valenza positiva? Prima si può scrivere l'evento normalmente, nel modo che per noi è più facile. Poi si prende la nostra descrizione scritta e si comincia a sostituire le parole "negative" con parole "positive". Se ad esempio avevo scritto "Mio fratello era apatico", questa frase può diventare "Mio fratello era assorto nei suoi pensieri". L'effetto è chiaramente diverso.

La tentazione di dire che non è la stessa cosa è molto forte, ma se torniamo al discorso fatto in precedenza, come possiamo affermare che "Mio fratello era apatico" sia la realtà oggettiva e non una nostra interpretazione? Come possiamo essere certi che non fosse assorto nei suoi pensieri e che la condizione di apatia fosse solo la nostra interpretazione di quell'evento?

Spesso interpretiamo il comportamento dell'altro senza tener conto che il suo comportamento non è contro di noi, ma è semplicemente il suo comportamento!



Soltanto mettendo in discussione le nostre convinzioni e interpretazioni della realtà stiamo facendo un lavoro creativo, dando vita ad un pensiero nuovo. Nietzsche diceva: "Non esistono i fatti, ma soltanto le interpretazioni dei fatti".



Il lavoro che possiamo fare sulle affermazioni è molto importante.

Spesso quando parliamo delle esperienze che viviamo o che vogliamo realizzare noi utilizziamo il non, e in questo modo ci allontaniamo dall'obiettivo che vogliamo raggiungere.

Questo perché l'inconscio non computa il non.

Un esempio: se diciamo "Non voglio essere più malato", non diamo al corpo una chiara immagine di ciò che vogliamo.

E l'inconscio percepirà unicamente: "malato".

Invece possiamo cominciare a dire: "Sto cominciando il mio processo di guarigione, mi sento più a mio agio con il mio corpo, ho anche un aspetto più sano". Focalizziamo l'inconscio sulla guarigione, sulla salute e non sulla malattia.

Focalizziamo l'attenzione sulla direzione verso la quale siamo diretti, piuttosto che focalizzarci su dove non vogliamo andare.

L'inconscio è molto diretto, non ha né strategie né obbiettivi da perseguire, fa in sostanza quello che sente; quindi prende tutto molto sul serio, senza senso dell'umorismo. Possiamo paragonare il nostro inconscio ad un fruttivendolo, che ci da' solo ciò che noi gli chiediamo. Non entreremo mai da un fruttivendolo dicendo: "Non voglio le mele", bensì chiederemo con chiarezza cosa veramente vogliamo: "Voglio un chilo di pesche".

Per creare delle affermazioni funzionali dobbiamo usare frasi chiare, precise, positive e al tempo presente, mirare al processo (più che al risultato) per raggiungere quello che vogliamo, e mantenere l'affermazione sotto la sola responsabilità della persona, utilizzando l'"Io" e non il "Noi" o le forme impersonali.

Se volessimo incrementare la fiducia in noi stessi, creeremo una affermazione tipo: "Ho fiducia nelle mie scelte, ogni cosa che faccio è giusta per me" e non: "Avrò fiducia nelle mie scelte, senza paura di sbagliare".

Nel secondo tipo di affermazione la mente riceve il messaggio del FUTURO (avrò); quindi c'è tutto il tempo per farlo... magari domani. Ed inoltre, farò qualcosa senza paura, perciò l'attenzione va alla paura e non alla fiducia: l'inconscio non computa le negazioni.



A proposito della paura (una delle emozioni più condizionanti), quanti tipi di paura esistono e possiamo dire di provare? Esistono innumerevoli forme di paura, ma sicuramente una delle più diffuse è la paura della solitudine.

Cos'è la solitudine?

Solitudine è una parola che ci dà sensazioni e produce in noi emozioni. Ma a cosa ci riporta la solitudine? All'origine dell'uomo, alla sua condizione di solitudine di fronte alla vita e alla realtà che lo circonda. E' questa condizione originaria dell'essere umano che genera in noi le emozioni? O è la paura della solitudine che ci fa agire, producendo emozioni?

Noi viviamo in una condizione di solitudine e cerchiamo di superarla nel rapporto con l'altro, che però si trova nella nostra stessa situazione!

Proviamo a ricondurre sempre i comportamenti e le emozioni dell'uomo alla solitudine e alla paura della solitudine.

Quando faremo nostra questa convinzione, avremo sviluppato la nostra conoscenza della realtà, attraverso un lavoro del pensiero che ci aiuterà a rapportarci con le nostre emozioni.
 

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