Che relazione c'è tra il pensiero e le emozioni?
Come si influenzano a vicenda?
E' possibile utilizzare il pensiero per gestire meglio le nostre
emozioni, o la nostra mente è destinata ad essere in balìa del nostro stato
emotivo?
L'emozione si scatena con una rapidità ed una forza impressionanti,
totalmente incontrollabili. Possiamo prevederla, ma è praticamente impossibile
gestirla. E' sul pensiero che possiamo e dobbiamo cercare di intervenire,
innanzitutto perché è più facile.
Inoltre dobbiamo partire dal presupposto che combattere l'emozione
significa opporsi ad essa, consumando molte energie che potrebbero essere
meglio utilizzate. L'emozione è un'energia alla quale noi possiamo cercare di
opporci in tutti i modi, anche reprimendola, ma difficilmente ci riusciremo e
anche se ce la facessimo non riusciremmo comunque a eliminarla. Infatti
l'energia emotiva ha bisogno per sua natura di manifestarsi e finirebbe così
per farlo in qualche altro modo, in altre situazioni, in maniera assolutamente
imprevedibile.
Qual è il ruolo del pensiero in tutto questo processo? Il pensiero genera
conoscenza. Finché continueremo a pensare nel modo in cui abbiamo sempre
pensato le emozioni che proveremo saranno sempre le stesse. Se invece riusciamo
a creare un "lavoro di squadra" tra le nostre emozioni e il nostro
pensiero, acquisiamo una nuova forma di intelligenza, l'intelligenza emotiva.
Gran parte dei pensieri che facciamo sono pensieri negativi.
Da dove nascono?
Sicuramente essi sono la conseguenza di una nostra percezione, che dà vita
ad una nostra visione della realtà e quindi una nostra interpretazione.
Schopenhauer la definisce "rappresentazione della realtà".
Noi interpretiamo la realtà con il nostro pensiero. Abbiamo mai provato a
intervenire sul nostro pensiero, al fine di leggere le situazioni che viviamo
in maniera diversa? Soltanto intervenendo sul nostro pensiero potremo
intervenire sulle emozioni che gli eventi suscitano in noi.
Ma come si fa a rielaborare un evento che giudichiamo negativo?
Si tratta di imparare a vedere la situazione da un punto di vista
diverso, nuovo, che non ci appartiene.
A tutti noi capita di vivere eventi negativi. Ci rendiamo conto che
spesso sono ripetitivi, se non addirittura identici nella loro dinamica e negli
effetti che producono? Come si può pensare di interrompere questa ripetitività?
Su cosa intervenire?
Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare! I fatti oggettivi sono molto
pochi, ma è tutto il resto, tutti i dettagli e le interpretazioni che possiamo
cambiare, liberandoci dalla convinzione che la nostra lettura della realtà sia
l'unica possibile, e soprattutto l'unica giusta e oggettiva.
Il lavoro consiste quindi nel ridurre all'oggettivo la nostra lettura
degli eventi, limitandoci a cogliere l'essenziale ed eliminando tutto il
pensiero negativo che solitamente fa da contorno ad un evento.
Noi abbiamo una percezione della realtà limitata e sviluppiamo immagini
negative di una realtà che è molto più grande di noi e che non conosciamo
affatto. Proprio per questo quando siamo convinti di aver vissuto un evento che
ha prodotto in noi un'emozione negativa dobbiamo sforzarci di vederlo in un
altro modo. Può essere utile raccontarlo usando altre parole, sostituendo ed
eliminando tutte i termini negativi. In questo modo stiamo cominciando a
modificare anche il nostro pensiero, e quindi le nostre emozioni.
Uno degli eventi che ci spaventa di più è la morte.
Noi abbiamo un giudizio negativo della morte: abbiamo mai pensato di
sviluppare un'immagine positiva della morte?
Immediatamente la nostra percezione cambierà, e così le nostre emozioni.
Questo processo di ristrutturazione va applicato a tutto ciò che
giudichiamo negativo. Se proviamo a fare questo processo ci accorgeremo che,
superata una resistenza iniziale, il nostro stato d'animo si modificherà.
Ma come trasformare una parola che per noi è negativa in una parola a
valenza positiva? Prima si può scrivere l'evento normalmente, nel modo che per
noi è più facile. Poi si prende la nostra descrizione scritta e si comincia a
sostituire le parole "negative" con parole "positive". Se
ad esempio avevo scritto "Mio fratello era apatico", questa frase può
diventare "Mio fratello era assorto nei suoi pensieri". L'effetto è
chiaramente diverso.
La tentazione di dire che non è la stessa cosa è molto forte, ma se
torniamo al discorso fatto in precedenza, come possiamo affermare che "Mio
fratello era apatico" sia la realtà oggettiva e non una nostra
interpretazione? Come possiamo essere certi che non fosse assorto nei suoi
pensieri e che la condizione di apatia fosse solo la nostra interpretazione di
quell'evento?
Spesso interpretiamo il comportamento dell'altro senza tener conto che il
suo comportamento non è contro di noi, ma è semplicemente il suo comportamento!
Soltanto mettendo in discussione le nostre convinzioni e interpretazioni
della realtà stiamo facendo un lavoro creativo, dando vita ad un pensiero
nuovo. Nietzsche diceva: "Non esistono i fatti, ma soltanto le
interpretazioni dei fatti".
Il lavoro che possiamo fare sulle affermazioni è molto importante.
Spesso quando parliamo delle esperienze che viviamo o che vogliamo realizzare
noi utilizziamo il non, e in questo modo ci allontaniamo dall'obiettivo che
vogliamo raggiungere.
Questo perché l'inconscio non computa il non.
Un esempio: se diciamo "Non voglio essere più malato", non
diamo al corpo una chiara immagine di ciò che vogliamo.
E l'inconscio percepirà unicamente: "malato".
Invece possiamo cominciare a dire: "Sto cominciando il mio processo
di guarigione, mi sento più a mio agio con il mio corpo, ho anche un aspetto
più sano". Focalizziamo l'inconscio sulla guarigione, sulla salute e non
sulla malattia.
Focalizziamo l'attenzione sulla direzione verso la quale siamo diretti,
piuttosto che focalizzarci su dove non vogliamo andare.
L'inconscio è molto diretto, non ha né strategie né obbiettivi da
perseguire, fa in sostanza quello che sente; quindi prende tutto molto sul
serio, senza senso dell'umorismo. Possiamo paragonare il nostro inconscio ad un
fruttivendolo, che ci da' solo ciò che noi gli chiediamo. Non entreremo mai da
un fruttivendolo dicendo: "Non voglio le mele", bensì chiederemo con
chiarezza cosa veramente vogliamo: "Voglio un chilo di pesche".
Per creare delle affermazioni funzionali dobbiamo usare frasi chiare,
precise, positive e al tempo presente, mirare al processo (più che al
risultato) per raggiungere quello che vogliamo, e mantenere l'affermazione
sotto la sola responsabilità della persona, utilizzando l'"Io" e non
il "Noi" o le forme impersonali.
Se volessimo incrementare la fiducia in noi stessi, creeremo una
affermazione tipo: "Ho fiducia nelle mie scelte, ogni cosa che faccio è
giusta per me" e non: "Avrò fiducia nelle mie scelte, senza paura di
sbagliare".
Nel secondo tipo di affermazione la mente riceve il messaggio del FUTURO
(avrò); quindi c'è tutto il tempo per farlo... magari domani. Ed inoltre, farò
qualcosa senza paura, perciò l'attenzione va alla paura e non alla fiducia:
l'inconscio non computa le negazioni.
A proposito della paura (una delle emozioni più condizionanti), quanti
tipi di paura esistono e possiamo dire di provare? Esistono innumerevoli forme
di paura, ma sicuramente una delle più diffuse è la paura della solitudine.
Cos'è la solitudine?
Solitudine è una parola che ci dà sensazioni e produce in noi emozioni.
Ma a cosa ci riporta la solitudine? All'origine dell'uomo, alla sua condizione
di solitudine di fronte alla vita e alla realtà che lo circonda. E' questa
condizione originaria dell'essere umano che genera in noi le emozioni? O è la
paura della solitudine che ci fa agire, producendo emozioni?
Noi viviamo in una condizione di solitudine e cerchiamo di superarla nel
rapporto con l'altro, che però si trova nella nostra stessa situazione!
Proviamo a ricondurre sempre i comportamenti e le emozioni dell'uomo alla
solitudine e alla paura della solitudine.
Quando faremo nostra questa convinzione, avremo sviluppato la nostra
conoscenza della realtà, attraverso un lavoro del pensiero che ci aiuterà a
rapportarci con le nostre emozioni.
Nessun commento:
Posta un commento