L'ha ripetuto come un mantra, come una verità ineccepibile, davanti a
milioni di persone incollate alla televisione come tutti i giovedì sera
che, si suppone, gli avranno creduto come al solito:
Santoro, rispondendo a Paolo Becchi in collegamento, durante Servizio Pubblico di ieri sera, si è sperticato nel rammentare il ruolo istituzionale della "Banca d'Italia", e la sua diretta connessione con lo Stato.
In diretta televisiva insomma, Michele Santoro ha dichiarato il falso. Né più, né meno. E siccome Paolo Becchi era più che altro preoccupato di salvare la propria faccia dopo quanto dichiarato in merito "alla violenza e ai fucili" e all'attenzione mediatica negativa che ne aveva ricevuto (ne scrive Zamboni oggi) non si è premurato più di tanto di sbugiardarlo così come sarebbe stato opportuno fare.
Vedete, questa è la dimostrazione eloquente del motivo per il quale qualsiasi trasmissione televisiva di un certo tipo e con una certa diffusione, soprattutto se in diretta, eviti accuratamente di invitare e far intervenire chi potrebbe, anche solo con un paio di frasi se non gli si concede più tempo, far diventare viola di vergogna il conduttore di turno e gli pseudo-ospiti presenti in tutti i - tanti - momenti in cui, senza battere ciglio, dichiarano il falso.
Naturalmente un giornalista navigatissimo come Santoro sa benissimo che la Banca d'Italia è privata, che i maggiori azionisti sono altre Banche private che controllano finanziariamente l'ente che a sua volta sarebbe deputato a controllarle. Santoro sa, o dovrebbe sapere, che è dagli anni Ottanta che la Banca d'Italia è stata svincolata dallo Stato e che dunque con lo Stato c'entra punto se non solamente per il nome che ne richiama maliziosamente, ed erroneamente, la natura, e che dunque, in definitiva, Saccomanni, che della Banca d'Italia era presidente prima di finire alla corte di Letta e dunque del Bilderberg, è un banchiere né più né meno di Draghi o di qualunque altro esponente di una Banca privata. Eppure ha sostenuto l'esatto contrario, lasciando intendere ciò che si vuole continuare a far credere all'opinione pubblica. In altre parole, se avesse detto la verità, Santoro avrebbe sortito l'effetto di dare un senso molto differente, e molto più vicino alla realtà, alle parole di Becchi stesso. Queste, alla luce della verità dei fatti, avrebbero innescato un dibattito con toni sostanzialmente diversi a un tema che è di stretta attualità, e al quale proprio per questo ci dedichiamo su queste pagine da tempo.
In termini prettamente professionali dovrebbe intervenire l'Ordine dei Giornalisti, e richiamare il conduttore reo di aver dichiarato il falso. Ma siccome anche Servizio Pubblico è uno show a uso e consumo del regime, il tutto è passato praticamente sotto silenzio. Ripetiamo: non fosse per un paio di frasi balbettate da Becchi, in merito, che ha provato, con scarsa efficacia peraltro, a correggere Santoro.
Sarebbe bastato uno solo tra gli ormai tanti giornalisti che, fatti alla mano, pubblicano da anni la realtà relativa alla Banca d'Italia per rettificare con una frase sola le sciocchezze pronunciate da Santoro. E la cosa, ovviamente, avrebbe imposto a tutta la trasmissione, o almeno al frammento dedicato al tema, di prendere una direzione molto differente. Ivi inclusi i commenti in merito alla frase incriminata di Becchi «se mettiamo un banchiere come ministro poi non ci lamentiamo se» eccetera eccetera.
E invece no: la bugia va in diretta video. Il guru mediatico la lancia come un dogma, e tutti in silenzio. Nessun brusio dal pubblico in sala sempre pronto, altrimenti, ad applaudire questo o quest'altro. Lo show funziona così: mai offrire il microfono a chi si sa benissimo che potrebbe usarlo come una clava per abbattere scenografia e casting con un paio di colpi solamente.
A casa tutti in silenzio, sul divano. Possiamo giurarci. E appuntamento a giovedì prossimo.
Santoro, rispondendo a Paolo Becchi in collegamento, durante Servizio Pubblico di ieri sera, si è sperticato nel rammentare il ruolo istituzionale della "Banca d'Italia", e la sua diretta connessione con lo Stato.
In diretta televisiva insomma, Michele Santoro ha dichiarato il falso. Né più, né meno. E siccome Paolo Becchi era più che altro preoccupato di salvare la propria faccia dopo quanto dichiarato in merito "alla violenza e ai fucili" e all'attenzione mediatica negativa che ne aveva ricevuto (ne scrive Zamboni oggi) non si è premurato più di tanto di sbugiardarlo così come sarebbe stato opportuno fare.
Vedete, questa è la dimostrazione eloquente del motivo per il quale qualsiasi trasmissione televisiva di un certo tipo e con una certa diffusione, soprattutto se in diretta, eviti accuratamente di invitare e far intervenire chi potrebbe, anche solo con un paio di frasi se non gli si concede più tempo, far diventare viola di vergogna il conduttore di turno e gli pseudo-ospiti presenti in tutti i - tanti - momenti in cui, senza battere ciglio, dichiarano il falso.
Naturalmente un giornalista navigatissimo come Santoro sa benissimo che la Banca d'Italia è privata, che i maggiori azionisti sono altre Banche private che controllano finanziariamente l'ente che a sua volta sarebbe deputato a controllarle. Santoro sa, o dovrebbe sapere, che è dagli anni Ottanta che la Banca d'Italia è stata svincolata dallo Stato e che dunque con lo Stato c'entra punto se non solamente per il nome che ne richiama maliziosamente, ed erroneamente, la natura, e che dunque, in definitiva, Saccomanni, che della Banca d'Italia era presidente prima di finire alla corte di Letta e dunque del Bilderberg, è un banchiere né più né meno di Draghi o di qualunque altro esponente di una Banca privata. Eppure ha sostenuto l'esatto contrario, lasciando intendere ciò che si vuole continuare a far credere all'opinione pubblica. In altre parole, se avesse detto la verità, Santoro avrebbe sortito l'effetto di dare un senso molto differente, e molto più vicino alla realtà, alle parole di Becchi stesso. Queste, alla luce della verità dei fatti, avrebbero innescato un dibattito con toni sostanzialmente diversi a un tema che è di stretta attualità, e al quale proprio per questo ci dedichiamo su queste pagine da tempo.
In termini prettamente professionali dovrebbe intervenire l'Ordine dei Giornalisti, e richiamare il conduttore reo di aver dichiarato il falso. Ma siccome anche Servizio Pubblico è uno show a uso e consumo del regime, il tutto è passato praticamente sotto silenzio. Ripetiamo: non fosse per un paio di frasi balbettate da Becchi, in merito, che ha provato, con scarsa efficacia peraltro, a correggere Santoro.
Sarebbe bastato uno solo tra gli ormai tanti giornalisti che, fatti alla mano, pubblicano da anni la realtà relativa alla Banca d'Italia per rettificare con una frase sola le sciocchezze pronunciate da Santoro. E la cosa, ovviamente, avrebbe imposto a tutta la trasmissione, o almeno al frammento dedicato al tema, di prendere una direzione molto differente. Ivi inclusi i commenti in merito alla frase incriminata di Becchi «se mettiamo un banchiere come ministro poi non ci lamentiamo se» eccetera eccetera.
E invece no: la bugia va in diretta video. Il guru mediatico la lancia come un dogma, e tutti in silenzio. Nessun brusio dal pubblico in sala sempre pronto, altrimenti, ad applaudire questo o quest'altro. Lo show funziona così: mai offrire il microfono a chi si sa benissimo che potrebbe usarlo come una clava per abbattere scenografia e casting con un paio di colpi solamente.
A casa tutti in silenzio, sul divano. Possiamo giurarci. E appuntamento a giovedì prossimo.
Si ma anche questo articolo ... non è altro che un assist a Santoro al regime e a tutti i suoi fruitori in quanto la prossima puntata di Servizio Pubblico si aprirà con il monologo di Santoro che addurrà le sue ragioni senza che nessuno possa controbattere e il tutto si concluderà con un momento ancora più alto di evidenza mediatica per Santoro e un cetriolo per tutti coloro che come boccaloni lo stanno ad ascoltare.
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