In generale le forze di centrodestra propongono riduzioni
della spesa pubblica e abbattimento pressione fiscale, mentre i partiti di
centrosinistra sono per aumenti della spesa da finanziare con più tasse. La
proposta economica di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle invece consiste in
più spesa pubblica e meno tasse: la trasformazione del piombo in oro.
Ovviamente il programma è realizzabile solo nel mondo di GAIA della Casaleggio
Associati e non nell’Italia di oggi con tasse, spesa e debito alle stelle.
Per avvalorare la credibilità della propria ricetta Grillo
ha più volte dichiarato che “il piano economico l’ha scritto il Nobel per
l’economia Stiglitz”, ma l’economista americano ha fatto sapere che è una
bufala, non sa nemmeno cosa sia il M5S. Poi Grillo ha precisato che lo ha
realizzato uno che conosce Stiglitz, Mauro Gallegati, in collaborazione con
Jean-Paul Fitoussi, ma anche l’economista francese ha preso le distanze: “Non
conosco Grillo e non sono il suo consigliere”. Probabilmente i prossimi
consiglieri tirati in ballo saranno Karl Marx e lord Keynes che almeno non
possono smentire. Ma, autori a parte, il problema della Grillonomics è che mancano
pure i numeri: nessuno sa quanto costino le promesse elettorali del M5S.
Proviamo a fare un po’ di conti.
La proposta che ha fatto raccogliere più voti, specialmente
al sud, è il “reddito di cittadinanza”: un sussidio universale da circa 1000
euro mensili. Parliamo di una cifra astronomica, oltre 200 miliardi di euro,
circa un quarto della spesa pubblica complessiva. Oltre ad essere
irrealizzabile, il provvedimento è dannoso in quanto renderebbe più conveniente
restare sul divano a guardare la tv che andare a lavoro, oppure aggiungere
un’occupazione in nero al corposo sussidio statale. Lo stesso Gallegati ammette
che Grillo l’ha sparata grossa: “è un obiettivo cui ci piacerebbe arrivare nel
lungo periodo”, mentre nel breve termine vorrebbe partire con un sussidio non
universale che comunque costerebbe intorno ai 30 miliardi.
Altri 30 miliardi circa è la copertura da trovare per
l’abolizione dell’Irap, la promessa con cui Grillo ha conquistato i consensi
delle tantissime piccole e medie imprese, soprattutto del centro-nord,
strozzate dalla tassa voluta e strenuamente difesa da Vincenzo Visco e dal suo
allievo Stefano Fassina. Accontentati disoccupati e imprenditori, Grillo ha
teso la mano anche alle famiglie, garantendo l’abolizione dell’Imu sulla prima
casa, altri 4 miliardi, e ai lavoratori dipendenti, promettendo la riduzione
del lavoro a 30 ore settimanali. La riduzione dell’orario lavorativo a parità
di salario farebbe fallire le imprese, se invece dovesse comportare una
diminuzione dello stipendio (lavorare meno per guadagnare meno), tanto varrebbe
restare a casa a fare bricolage prendendo i 1000 euro di sussidio di
disoccupazione garantiti da Grillo&Casaleggio. Il danno sul Pil non è
quantificabile.
Il Movimento 5 Stelle non ha dimenticato il pubblico
impiego, ai cui destinare circa 15 miliardi di tagli previsti dai governi
precedenti, e i cittadini vicini alla pensione: si lavora meno e si va in
pensione prima, a 60 anni. Altri 7 miliardi l’anno. Ci sono poi tanti altri
capitoli di spesa sotto le voci “incentivazioni” (che ricorre una decina di
volte), sviluppo, potenziamento, wi-fi gratuito et alia. C’è da aggiungere la
rinegoziazione unilaterale del debito pubblico, con il taglio degli interessi
sui titoli di stato e l’allungamento delle scadenze che, oltre a colpire i
risparmiatori, equivarrebbe ad un default con conseguente crollo
dell’affidabilità italiana e impennata dello spread. Ciliegina sulla torta è il
referendum sull’Euro: i risparmiatori correrebbero agli sportelli per ritirare
i depositi prima di mettere la scheda nell’urna, facendo collassare il sistema
bancario ancora prima degli exit poll.
Sicuramente Grillo non sarà in grado di mantenere tutte le
promesse, ma basteranno pochi provvedimenti per garantire la realizzazione del
cuore del programma del M5S: la decrescita.
Leggi su Chicago blog
Nessun commento:
Posta un commento