A mali estremi estremi rimedi: la ribellione nei confronti di Equitalia ha raggiunto il suo picco massimo in Puglia, dove un artigiano ha deciso di denunciare per usura la struttura di riscossione nazionale dei tributi.
Lo abbiamo ripetuto ormai centinaia di volte e non ci stancheremo mai di farlo: il peso del Fisco in Italia è eccessivo, smisurato, sempre più spesso insostenibile per tante aziende e lavoratori autonomi che si fanno in quattro per sopravvivere in questo sciagurato, lunghissimo periodo di crisi.
Sentire in Tv dell’ennesimo imprenditore che si è tolto la vita perché non aveva più le forze di andare avanti è una cosa a cui noi partite Iva non ci abitueremo mai e siamo felici che all’interno di quella lista maledetta non compaia il nome di Francesco Sibilia. Lui, titolare di un autolavaggio a Conversano in provincia di Bari, c’è andato vicino, molto vicino. Ma ha deciso di resistere e, come lui stesso ci ha raccontato: “Combattere”.
“Tutto è cominciato – racconta Sibilia – quando mi sono
visto recapitare una notifica di Equitalia di 61.000 euro. A brevissima
distanza, per la precisione il 12 dicembre 2013, ricevo un’altra notifica.
Questa volta mi avvisano che la mia casa è stata messa all’asta. Sapevo di
avere delle pendenze, è vero. Da qualche anno non riuscivo più a pagare i miei
contributi all’Inps, solo i miei però, perché ho sempre versato tutto il resto
e pagato i tre dipendenti che lavoravano nel mio autolavaggio. Ma c’è da
segnalare un piccolo problema: nel 1992 ho scoperto di essere ammalato di cuore
e da allora vagavo per ospedali e visite mediche. Negli ultimi anni sono stato
sottoposto a tre interventi: tre pacemaker. Contemporaneamente si è ammalata
anche mia moglie: carcinoma tiroideo.
Quando ti trovi in queste condizioni le tue priorità
cambiano. Devi pensare a sopravvivere. Ho fatto una scelta e me ne assumo le
responsabilità: ho deciso di curarmi, di vivere e crescere i miei figli. E per
farlo non sono riuscito più a pagare.
pignoriamo_equitalia_bariIntanto il lavoro continuava a
scarseggiare e ho dovuto mandare a casa le persone che lavoravano con me. Mia
figlia ha dovuto lasciare l’università perché non c’erano più soldi per farla
studiare. Quando però ho saputo che Equitalia aveva messo addirittura all’asta
la mia casa, il frutto di una vita di lavoro, beh… in quel momento tanti brutti
pensieri mi sono passati per la mente.
Allo Stato non importa niente se tu non lavori perché hai
problemi di salute, perché la richiesta è diminuita e non ce la fai più a
sopravvivere. Equitalia è un rapace che non si ferma davanti a nulla”.
La voce di Franco Sibilia si ferma improvvisamente. Per una
persona malata che lavora 18 ore al giorno, anche se non potrebbe, è dura
combattere e andare avanti. Soprattutto quando ti dicono che la tua casa è
stata messa all’asta.
“Mi hanno salvato i miei due nipotini – continua. – Proprio
quando stavo pensando di farla finita. Mi sono detto: perché rinunciare a loro?
Perché arrendermi? Molte persone mi hanno aiutato: il mio parroco, Tiziana
Marrone vedova dell’artigiano che il 28 marzo si diede fuoco davanti
all’Agenzia delle Entrate di Bologna, Roberto Corsi il commerciante di Montalto
Uffugo che da qualche mese ha dichiarato guerra al Fisco e altri. Così ho
reagito. Per caso mi sono imbattuto nell’associazione “È qui l’Italia?” di
Alberto Goffi. Lui mi ha messo in contatto con l’avvocato Floriana Baldino che
ha deciso di seguire la mia vicenda. Abbiamo così presentato un’istanza di
autotutela. Abbiamo fatto fare una perizia tecnica sulle mie cartelle
esattoriali, molte delle quali risultavano prescritte, molte altre non dovevano
neanche essere inviate. Il debito originale si aggirava intorno ai 35mila euro,
così abbiamo deciso di denunciare Equitalia per usura facendo anche presente
che molti dipendenti che hanno firmato le cartelle esattoriali non erano
autorizzati a farlo e che il software che utilizzano per realizzarle applica
degli interessi illegali e un’altra serie di punti.
Due giorni prima dell’asta che intanto era stata fissata per
il 20 di marzo, chiamo un giornalista e decido di fare un’intervista. Il giorno
dopo esce un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Lo stesso giorno il mio
avvocato mi manda una mail e mi chiede di inviarla via fax al direttore di
Equitalia. Era una lettera che riassumeva tutte le responsabilità che, in base
alle mancanze rilevate dal legale, sarebbero state imputate al dirigente
dell’ente. Dopo due ore e mezza, il direttore in persona mi chiama e mi
annuncia che l’asta è stata sospesa”.
equitalia_pacco_bombaMentre rivive i momenti della
telefonata, Sibilia tira un sospiro di sollievo. “Ma la faccenda non si è
ancora conclusa – riprende. – Noi stiamo andando avanti e abbiamo rilevato una
serie di anomalie che a questo punto devono essere chiarite. Sembra addirittura
che il Tribunale di Bari non avesse ricevuto nessuna documentazione relativa
all’asta. Era solo una strategia messa in atto da Equitalia per costringermi ad
andare da loro e firmare un accordo. E pensare che in tutto questo periodo
avrei potuto commettere un gesto estremo. Io non mi ritengo un evasore –
conclude Sibilia – sono solo un artigiano disperato di 55 anni che sta cercando
di sopravvivere. Questo forse è un reato”?
La vicenda di Franco Sibilia non si è ancora conclusa. Il 23
maggio al Tribunale di Bari ci sarà la sua udienza contro Equitalia, noi
continueremo a seguire la storia e vi terremo aggiornati. Intanto una lunga
lista di piccoli imprenditori si sta unendo alla sua protesta. È di poche ore
fa la notizia che l’avvocato Baldino, difensore di Sibilia, ha avuto l’incarico
di presidente per Bari e provincia e BAT mentre Sibilia è responsabile per la
provincia di Bari dell’associazione Federitalia che si propone proprio di dare
un sostegno ai piccoli imprenditori in difficoltà.
LEGGI DALLA FONTE ORIGINALE - Salvatore Viola su
Lamiapartitaiva.it
Nessun commento:
Posta un commento