di FABRIZIO DAL COL
Avuto l’incarico a premier, la prima cosa che Letta ha fatto è stata quella di recarsi in visita da Angela Merkel, ovvero di chiedere immediatamente un incontro a quella donna ritenuta la più potente del mondo. Da oggi, anche la Germania si ritrova però a dover fare i conti con la recessione, e dato che proprio nelle scorse è stato reso pubblico lo striminzito 0,1 di crescita sul suo Pil, era inevitabile che tale dato facesse poi scattare un allarme generale in tutta Europa.
Un allarme più che giustificato, quello scaturito dal dato sulla crescita, e visto che riguarda proprio il Paese fino a ieri considerato la locomotiva d’Europa, con la fase recessiva che lo vede ora coinvolto, cominciano anche a scricchiolare tutte quelle tesi economiche che i tedeschi hanno con tutte le loro forze voluto imporre al resto d’Europa. Chi non ricorda quando Monti sosteneva che nell’immediato l’Italia non avrebbe chiesto aiuti alla Ue?
Bene, quell’immediato è cessato e ora si è tramutato in presente, e non è certo stato un caso se proprio qualche giorno fa Lorenzo Bini Smaghi ha affermato che “l’unica soluzione è quella che l’Italia chieda “i fondi all’Esm“, il meccanismo di stabilità europea che è stato utilizzato, tra gli altri paesi, dalla Spagna per ricapitalizzare le sue banche. Bisogna evitare questioni d’orgoglio e non dimenticare che “il finanziamento dell’economia dipende dalla salute del sistema bancario e, quindi, dobbiamo risolvere i problemi delle banche e ricapitalizzarle”. “L’alternativa è quella di una ricapitalizzazione pubblica delle banche, ma si tratta di una scelta molto difficile dal punto di vista politico, soprattutto se si è in periodo elettorale – come abbiamo visto nel caso Mps. Tutti hanno ripetuto fino alla nausea che “si è trattato solo di un prestito e che non si sono usati i soldi dei contribuenti”. Insomma per Bini Smaghi, “se si vuole uscire dalla crisi è necessario risolvere i problemi delle banche in modo molto più incisivo”.
Se pensiamo che Lorenzo Bini Smaghi ha fatto parte per sei anni del comitato esecutivo della Banca centrale europea, e che ne farebbe ancora parte se non avesse dovuto far spazio a Mario Draghi il 2 novembre 2011, allora si comprendono anche le affermazioni dell’onnipotente ministro delle finanze tedesco Schauble: “La BCE non violi i trattati per aiutare l’Italia.” Insomma, la ventilata possibilità di acquisto da parte della BCE dei così detti ABS (asset backed securities) dei paesi del Sud Europa, per Schauble costituirebbe un “finanziamento nascosto agli Stati più deboli”, che avvantaggerebbe le PMI italiane. Alla luce di quanto sopra, figuriamoci se ora la Germania cederà e allenterà la presa sul rigore e sull’austerity, e se a detta di Schauble le PMI italiane verrebbero avvantaggiate dalle politiche della BCE, allora è lecito pensare a quanto i tedeschi temano la concorrenza delel nostre imprese.
Se l’Italia deciderà di chiedere aiuti alla Ue non è dato saperlo, ma se lo farà, se ne faccia subito una ragione, in quanto sarà inevitabile innescare un processo economico di non ritorno, ovvero un processo di asfissia economica che altro non farebbe se non far cadere definitivamente tutte le regole.
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