lunedì 3 giugno 2013

PROCEDURA D’INFRAZIONE CHIUSA, MA L’ECONOMIA REALE NON VEDE LA FINE DEL TUNNEL

La Commissione Ue dà il via libera alla chiusura della procedura d’infrazione sul deficit italiano. Eppure i margini di manovra per il nostro Paese sono davvero pochi: il rischio è quello di tornare di nuovo oltre il 3%.
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ENTUSIASMO FUORI LUOGO - Finalmente è arrivato il via libera tanto atteso che chiude la procedura d’infrazione per deficit eccessivo contro l’Italia. Indiscrezioni trapelate dal Commissario agli Affari Economici Olli Rehn e dal vicepresidente Tajani lo avevano anticipato. Ora l’Italia vedrà sbloccarsi ben 12 miliardi di euro per l’anno prossimo, un tesoretto di tutto rispetto, merito secondo Letta “del lavoro dei precedenti governi, in particolare di quello presieduto da Mario Monti, al quale va il mio personale ringraziamento“.
Eppure le parole del neo-premier evidenziano un facile ed immotivato entusiasmo. E’ indubbio che la notizia vada letta positivamente, ma trasformarla mediaticamente in una svolta per il nostro Paese ha tutta l’aria di essere un passo più lungo della gamba. 


A raffreddare gli entusiasmi sono stati rispettivamente il Presidente della Commissione Barroso e Olli Rehn. Ma se il primo si è limitato ad affermare che l’Italia non può permettersi di rallentare gli sforzi condotti fin’ora, il secondo ha affermato che il nostro Paese ”ha margini di sicurezza molto piccoli per tenere il deficit sotto il 3% dopo le decisioni del nuovo governo sulla tassazione” dato che “una gran parte di questi margini è già stato usato per il pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione, soprattutto alle piccole e medie imprese”. Una doccia fredda che non lascia spazio ad altre interpretazioni. L’Italia non potrà cambiare rotta e dovrà proseguire sulla via dell’austerity, attenendosi rigorosamente alle “raccomandazioni” dell’Ue.
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LE RACCOMANDAZIONI DI MADRE AUSTERITA’ – Come previsto nei giorni scorsi, sono sei le raccomandazioni dettate dall Ue per il nostro Paese al fine di non incorrere in un nuovo aumento del deficit. Queste dovranno poi essere vagliate dai ministri delle finanze dell’area Euro il 21 giugno, ma di fatto, seppur con qualche accorgimento, non dovrebbero essere distanti da quelle già presentate.
Particolare attenzione sarà rivolta ai conti pubblici e alla spesa, con un piano di riforme strutturali che dovranno operare congiuntamente per ancorare il deficit ad un livello inferiore al 3% almeno fino a quando non si intravederà un’uscita reale dalla crisi. L’obiettivo palesato dalla Commissione è quello di realizzare il “surplus primario previsto in sede Ue” per far scendere ulteriormente l’alto livello del debito almeno a partire dal 2014. Altrettanto fondamentale sarà un risanamento della Pubblica Amministrazione per aumentarne l’efficienza e ridurne gli sprechi  al fine di garantire una più rapida esecuzione delle attività burocratiche, semplificando i canali del dialogo tra Stato, cittadini e imprese.  Le restanti “raccomandazioni” sono dedicate al settore bancario, reo di aver congelato il mercato creditizio traslando il peso della crisi sulle piccole e medie imprese.
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GOVERNO: NAPOLITANO, VEDREMO COME ANDRA' A FINIRE 

“GARANTIRE IL FUTURO AI GIOVANI” - L’apertura del canale creditizio dovrebbe restituire slancio anche all’occupazione, in forte crisi soprattutto a livello giovanile, unica vera via d’uscita dalla spirale critica nella quale continuiamo a navigare a vista. Ma queste non sono più raccomandazioni europee, “garantire il futuro ai giovani” resta un piacevole intervento dialettico che continua a non trovare riscontro nella pratica. Oggi stesso Napolitano si è espresso in merito alla forte disoccupazione che attanaglia la ripresa italiana appellandosi al rispetto dell’Art.1 della nostra Costituzione ed incitando il governo Letta ad impegnarsi concretamente per la soluzione del problema.
Peccato che le parole non siano mai seguite dai fatti: i progetti di flessibilità lavorativa tanto esaltati a livello europeo hanno palesemente fallito in Italia contribuendo a creare precarietà e ad allargare la forbice dei redditi, legittimando una crescente disuguaglianza sociale nella quale i giovani sono considerati attori non protagonisti. Di norma, il parere del Presidente della Repubblica dovrebbe essere un monito per una concreta risoluzione dei problemi, ma ad oggi non è altro che un involucro vuoto di contenuti all’interno del quale la politica continua imperterrita a muoversi con misure inefficaci. Insomma, raccomandazioni o meno, il dato di fatto è che i problemi concreti continuano a non trovare soluzione a causa dello scarso impegno profuso nel realizzarli. Chissà se l’europeista Letta e la sua larga intesa proveranno davvero a fare qualcosa di concreto.
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rodotà 




FACILI E FUTILI ENTUSIASMI - Tornando alla chiusura della procedura d’infrazione, appare strano come personaggi politici e di lunga esperienza possano non rendersi conto del fatto che questo evento non apporterà nessun miglioramento nell’economia reale del nostro Paese. E’ naturale chiedersi come sia possibile rilanciare la crescita senza incorrere in un nuovo aumento del deficit anche alla luce del fatto che quei 12 miliardi sbloccati serviranno a ripagare gli interessi contratti dalla P.A. L’ipotesi che più si avvicina la realtà vede il bel Paese impegnato nel contenere il proprio debito piuttosto che impegnato a risollevare la sua economia reale. Ci si chiede come sia possibile rilanciare l’occupazione, rialimentare il welfare, incentivare la sostenibilità energetica e ripagare i debiti contratti con le aziende sull’orlo del baratro a causa dello Stato senza indispettire i portavoci del dictat europeo. Noi cittadini attendiamo risposte, sfiduciati e increduli che il nostro governo faccia finta di non notare problemi ben più grandi e socialmente rilevanti di un 3% al quale siamo legati dai trattati europei.
Proprio di questo si discuterà a Trento, durante il Festival dell’Economia, una manifestazione di quattro giorni dove premi Nobel, economisti, membri della Banca Mondiale e numerosi docenti interverranno sul tema della “Sovranità in conflitto”, ovvero la necessità manifestatasi durante gli anni di crisi di dover cedere un pezzo di sovranità pur di combattere assieme ad altri paesi il nemico comune. All’evento parteciperanno anche l’acclamato non eletto Stefano Rodotà e il premier Letta. Chissà che quest’ultimo non colga l’occasione per prendere appunti.
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Andrea Salati
http://dailystorm.it/2013/05/30/procedura-d-infrazione-chiusa-bye-bye-o-arrivederci/

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