Gentile direttore, chi come me vive a contatto con le imprese prova il dolore, lo sgomento, di assistere a un paese che si divora nella lotta del tutti contro tutti. Lei ha presente cos’è divenuta oggi l’amministrazione finanziaria italiana? Un potere gigantesco, sfrenato, che infila nel burro della corrività italica la lama della propria cieca forza.
Sa quante aziende ogni giorno vengono vessate? E non è questione di aliquote. No. È questione di una legislazione ipertrofica, dedalica, scritta nei taxi, cialtrona. Ieri si licenziava la dichiarazione di una bella azienda che sta andando in malora perché nessuno più paga e le banche ormai chiedono il 10 per cento, e c’è una norma, piena di acronimi provinciali, che impedisce di dedurre gli interessi passivi se questi superano una quota del margine operativo lordo, cosicché quel 10 per cento diviene il 14 per cento. Pagare le tasse sulle perdite! Ma si rende conto?
E che dire di una serie di regole laterali, in materia di privacy, di antiriciclaggio, sicurezza sul lavoro, che appesantiscono oltre ogni dire la vita degli operatori, consegnando a chi controlla un potere tremendo? Le imprese soffocano sotto questa inutile burocrazia. Inutile, del tutto inutile. Anzi, peggio che inutile, mortale.
E i tribunali che dovrebbero difendere gli imprenditori dalla voracità di una pubblica amministrazione che se ne impippa del principio di imparzialità ma persegue per codice segreto, oscuro istinto di conservazione, la lotta contro il ceto produttivo (mors tua vita mea, pagami gli stipendi finché puoi, perché di questo parliamo), i tribunali arrivano sempre tardi e spesso giudicano distrattamente e male, o peggio son dalla parte delle “istituzioni”. Oggi l’amministrazione finanziaria dispone dell’arma nucleare dell’accertamento esecutivo: cioè tu paghi il 50 per cento delle imposte accertate subito, quando lo dico io, non quando lo dice il giudice terzo. Pazzesco.
Il mostro che è stato creato ormai non lo domina nessuno, non lo conosce nessuno. Ogni giorno semina morti, e la gente ha paura. Certo, genera lo spettacolo infame degli scandali, il velenoso spettacolo degli scandali di cui si nutre il ventre degli ignoranti: i Riva cui sequestrano tutto, mandando in malora la siderurgia italiana, i Dolce e Gabbana, cui danno di evasori, i Marzotto, cui danno di evasori, Berlusconi, ovviamente, e via continuando (e spesso, mi creda, è solo questione di arbitraria interpretazione di norme “in or out”). Per non parlare di quelli che tacciono, maledicono a denti stretti, pagano e dicono mai più, mai più in questo paese…
Il paese è spaccato da questo. Chi gode della caduta del borghese e chi ha paura, e non consuma, non investe, non scommette. Oggi fare l’imprenditore è il mestiere a maggior rischio di galera che ci sia, lo sa?
Ci vuole un atto di riconciliazione, un’amnistia e un condono. Dell’amnistia sa già lei. Io le dico che ci vuole soprattutto un condono tributario.
FIRMATO P. B. avvocato e commercialista in Milano
FONTE ORIGINALE: http://www.tempi.it
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