lunedì 1 luglio 2013

L'EVOLUZIONE GEOPOLITICA RAFFORZA L'ASSE SIRIA, RUSSIA E IRAQ.

I dettagli del Piano B di Putin sul conflitto siriano


Valentin Vasilescu, Réseau International


Akrotiri e Dhekelia, che rispettivamente ospitano una base aerea e una per le truppe dell’esercito britannico, sono due enclavi inglesi nel territorio dell’ex colonia di Cipro. Akrotiri si trova a 10 km a sud-ovest del porto di Limassol, dove la flotta russa proveniente da Tartus s’è recentemente insediata. Nella base aerea di Akrotiri, operano dall’inizio della guerra in Siria, l’84a squadriglia elicotteri inglese, un aereo da ricognizione strategica Sentinel R1 con un Radar ASTOR (Airborne Stand-Off Radar), uno squadrone da ricognizione strategica statunitense di 3 velivoli AEW/AWACS Sentry e il 3° distaccamento del 9° Reggimento ricognizione aerea strategica composto da quattro aerei U-2.


La missione del velivolo da ricognizione inglese Sentinel R1 e dei velivoli AEW/AWACS Sentry statunitensi sono di tipo SIGINT (Signal Intelligence), cioè intercettare tutte le comunicazioni (COMINT) militari o civili sul territorio siriano, le emissioni elettroniche dei sistemi di navigazione e dei radar a bordo dei sistemi missilistici antiaerei, degli aerei e delle navi da guerra o civili della Siria (ELINT). Inoltre, essendo dotato di potenti macchine fotografiche, i due tipi di velivoli monitorano continuamente le attività militari che si svolgono nello spazio aerea e sul suolo siriani. L’U-2 opera a più di 20.000 metri sul livello del mare, le immagini ad alta risoluzione del territorio siriano vengono automaticamente trasmesse attraverso un sistema di dati criptato al comando della base aerea di Akrotiri. Le informazioni raccolte hanno permesso finora ai ribelli islamici di precedere l’esercito nazionale siriano.

Nello stesso tempo, la Russia ha schierato 16 navi da Tartus a Limassol, il 10 giugno 2013, tra cui il distaccamento ELINT 519 composto da quattro navi, di cui la più potente nave da guerra elettronica della flotta russa, la SSV-201 Prjazove, che ha attraversato lo stretto del Bosforo e dei Dardanelli per entrare nel Mediterraneo, dove attualmente pattuglia lungo le coste siriane. La nave è dotata di ultramoderni sistemi d’intercettazione, decrittazione e raccolta di dati, tra cui telefoni, e-mail e fax dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La sua missione è l’intercettazione e il disturbo del traffico delle informazioni dagli aerei da ricognizione inglesi e statunitensi alla base aerea di Akrotiri, così come tutte le comunicazioni della NATO e degli alleati arabi degli Stati Uniti coinvolti nella lotta dei ribelli islamisti in Siria.


Valentin Vasilescu, pilota ed ex-vicecomandante delle forze militari di Otopeni, laureato in Scienza Militare presso l’Accademia di Studi Militari di Bucarest nel 1992.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Elicotteri russi e l’asse Russia-Iraq-Siria



Un discreto e breve annuncio di RIA Novosti del 28 giugno 2013. Il grande contratto per armamenti tra la Russia e l’Iraq (da 4,3 miliardi dollari) è avviato consegnando “più di una dozzina” di elicotteri d’attacco (cannoniere) con capacità ognitempo Mil Mi-28NE. I termini dell’assai breve dispaccio della Novosti sono quantomeno laconici, se non spicci, come è consuetudine sulle forniture di armamenti russi. “La Russia consegnerà all’Iraq più di 10 elicotteri d’attacco Mi-28NE “Night Hunter”, in base ad un accordo multimilionario sugli armamenti, ha detto a RIA Novosti il Vicedirettore dell’agenzia per le esportazioni di armamenti russa Rosoboronexport, Aleksandr Mikheev. “Abbiamo concluso, nell’ambito dell’accordo da diversi miliardi di dollari, il primo contratto con l’Iraq per la consegna di più di dieci elicotteri d’attacco Mi-28NE “Night Hunter” (Havoc, secondo la classificazione NATO)”, ha detto l’interlocutore dell’agenzia. Nel 2012, la Russia e l’Iraq hanno raggiunto un accordo per l’acquisto di armamenti russi per 4,3 miliardi di dollari.“

La consegna degli elicotteri d’attacco russi è dunque parte di questo importante accordo sugli armamenti tra l’Iraq e la Russia, come avevamo commentato dopo l’annuncio del 12 ottobre 2010. Incertezze avevano fatto seguito con un susseguirsi di dichiarazioni contraddittorie: dalla conferma del contratto da parte dell’Iraq all’annuncio della sua cancellazione, e alla riconferma del suo recupero dopo varie azioni intraprese dal governo russo contro il ministero della Difesa, licenziando il ministro per corruzione in altri casi. Una certa confusione segnava quindi il seguito dell’annuncio del contratto. Un’altra novità è emersa di recente, l’intervento dell’aviazione irachena contro i ribelli siriani, come abbiamo commentato il 27 aprile 2013, ricordando di passaggio la conferma del contratto dopo il periodo d’incertezza di cui sopra. “Questa eventuale intrusione irachena, è da considerare simbolicamente, ma che simbolo di peso! Da molti mesi sappiamo degli eventi che lacerano l’Iraq nella stessa direzione di quelli in Siria, quindi dello stesso atteggiamento dell’Iran nei confronti dei due Paesi, tanto che possiamo parlare di un asse de facto Damasco-Baghdad-Teheran. Simbolo che apparirà a seguito dell’impegno iracheno contro i corrispondenti iracheni dei ribelli jihadisti in Siria, appartenenti alla stessa famiglia, a conferma del ruolo attivo dell’Iraq quale snodo per il trasferimento di armi iraniane alle forze siriane e, infine, della recente riaffermazione, discreta ma altamente significativa, del grande contratto sugli armamenti tra l’Iraq e la Russia (vedi 12 ottobre 2012). Il contratto era stato sospeso per alcuni mesi a causa sia delle pressioni da parte di aziende statunitensi che per una gravissima corruzione da parte russa...”

L’annuncio dell’invio degli elicotteri russi fa entrare la discreta saga di questo grande appalto nella realtà, e ne potremmo parlare in dettaglio. Si deve infatti osservare immediatamente che 1) l’annuncio non è infatti sui termini del contratto, ma sull’attivazione, e 2) sembra segnare una rapida azione, in quanto questo tipo di annuncio, nel linguaggio molto impreciso sulle forniture degli armamenti russi, indica che le consegne sono imminenti e potrebbero riguardare l’intero lotto di elicotteri. Come si è visto nel riferimento proposto da Wikipedia, il Mi-28 è un modello vecchio, successore più leggero del Mi-24, che sembrava essere stato scartato in favore della nuova famiglia dei Kamov Ka-52, ma ebbe una notevole ripresa dal 2005 grazie a nuove versioni (tra cui il Mi-28N). Il Mi-28 sembra essere diventato il moderno elicottero-cannoniera standard dell’esercito russo, e la scelta dell’Iraq a tale riguardo, mostra chiaramente l’importanza del ruolo che questo Paese vuole far giocare a questo velivolo. Che ruolo? Questo tipo di aeromobile è ovviamente il tipo di mezzo aereo da usare contro i gruppi ribelli nelle operazioni antiguerriglia delle guerre asimmetriche che abbondano oggi, e naturalmente nella “guerra siriana”. Possiamo, ovviamente, ipotizzare che la rapida consegna dei Mi-28NE senza dubbio comprenda due posizioni complementari, di tipo politico e militare:

• Da parte dell’Iraq, la volontà inevitabile di un impegno in costante enfasi nella “guerra siriana” a sostegno del regime di Assad. A meno dell’”internazionalizzazione” della “guerra siriana”, vedremo una sorta di “transnazionalizzazione” del conflitto, con il riconoscimento di un collegamento diretto evidente, se non l’unificazione di fatto, degli islamisti radicali che operano in Siria e in Iraq, e la necessità dell’unificazione della risposta di Siria-Iraq a questi gruppi.
• Da parte della Russia, un sostegno massiccio e anche più veloce alle forze che operano contro i radicali islamisti, implica l’invio di questi armamenti all’Iraq, costituendo una modalità indiretta per armare la Siria stessa schivando gli ostacoli legali. I russi perseguono il loro obiettivo di costruire un Medio Oriente che possa collegarsi alle proprie strutture ed azioni nei territori della regione del Caucaso, laddove operano islamisti radicali.

Naturalmente, questo processo può essere visto confermare il collasso accelerato dell’influenza degli Stati Uniti presso la leadership irachena, mostrando la notevole evoluzione, in dieci anni, della situazione degli Stati Uniti in Iraq, dal dominio completo al pensionamento forzato, misurando lo straordinario cambiamento della situazione politica generale tra il Medio Oriente post-9/11 immediato e quello attuale. In tale dinamica, gli “attivi” dei mezzi di penetrazione e influenza degli Stati Uniti hanno effetti estremamente limitati, anche se hanno un aspetto massiccio (come solitamente si osserva negli Stati Uniti). Le strutture militari fisse (basi, ecc) soffrono dell’immobilità e della mancanza di azione sul territorio che “occupano”, tra cui la completa assenza di rapporti umani e altri, comportamento generale, se non genetico, degli USA verso i territori interessati, portando a trasformare ciò che è concepito come un impianto offensivo di occupazione e controllo in una fortezza difensiva assediata da una situazione esterna incomprensibile e quindi percepita come ostile. L’attività delle miriade di “forze speciali”, occulte, sussidiare, ecc. (CIA, contractor, droni, ecc.) è francamente valutata ostile dal governo iracheno, in quanto è incontrollata, caotica e spesso incline a colpire alla cieca e a manipolare i gruppi estremisti radicali, di obbedienza più o meno sunnita o criminale, cioè a sostenere l’azione destrutturante che ovviamente minaccia lo stesso governo iracheno.

In ogni caso, la rapida attivazione dell’accordo russo-iracheno, nonostante la forte opposizione degli Stati Uniti, impotenti nel convincere l’Iraq a impedire i voli iraniani verso la Siria sul proprio territorio (nonostante la particolare enfasi della visita di Kerry a Baghdad di tre mesi fa, seguita da una pausa di due o tre settimane prima della ripresa dei voli), dimostra la velocità dell’evoluzione irachena rispetto alla potenza dell’influenza statunitense. Ora possiamo contare l’Iraq quale alleato della Russia e avversario degli Stati Uniti in Medio Oriente. L’argomento al di là delle considerazioni economiche e settario-religiose abituali, fattori vorticosi e immateriali nel loro totale coinvolgimento quali attivi fattori del caos generale, è semplicemente che la Russia ha una politica strutturante volutamente progettata e applicata e gli Stati Uniti un pasticcio politico in dissoluzione a causa della semplice incapacità di produrre qualsiasi cosa.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora



Siria: l’Arte di essere sempre dalla parte giusta della storia



La crisi siriana sarà sicuramente vista dalle generazioni future come un classico esempio di realtà del tutto falsata, presentata dalla classe politica dominante occidentale e dai media aziendali, che imperscrutabilmente ha comportato il rafforzamento morale e politico della parte avversa, che disperatamente difende i principi del diritto e della giustizia contro l’inaudita pressione del partito transnazionale della guerra. Nonostante il malcelato scetticismo espresso alla vigilia del vertice di Lough Erne da alcuni leader del G8 verso la posizione russa sulla crisi siriana, i colloqui si sono rivelati una vittoria diplomatica di Putin. Restando fermo sulle sue posizioni sulla Siria, i leader occidentali hanno dovuto accettare l’ovvio: non c’è modo di cacciare il Presidente Assad con mezzi legali. Il vertice del G8 a Lough Erne non è riuscito a fare pressioni politiche su Bashar al-Assad per un suo presunto uso di armi chimiche contro i ribelli, né poteva avere il consenso della Russia per ulteriori azioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a favore dell’opposizione siriana.

La dura posizione russa sulla Siria è sempre più in linea con l’approccio di alcuni sobri politici occidentali. Zbignew Brzezinski, noto analista politico e statista statunitense di origine polacca, difficilmente sospettabile di sostenere le politiche russe altrimenti, ha detto letteralmente in un’intervista alla MSNBC, proprio alla vigilia del vertice del G8:“L’occidente è assolutamente impegnato in una massiccia propaganda per presentare il conflitto siriano come la lotta per la democrazia, quando molti ribelli vogliono tutt’altro. Hanno giurato fedeltà ad al-Qaida, chiedendo esplicitamente la Sharia, l’assassinio di migliaia di cristiani, usando anche tattiche terroristiche, mentre i nostri corrotti media e la nostra corrotta classe politica pretendono che armarli porterebbe alla democrazia”.

Non c’è da meravigliarsi che l’impegno di Putin a portare tutte le parti del conflitto al tavolo dei negoziati a Ginevra, senza condizioni preliminari, nonché le sue risposte semplici durante la memorabile conferenza stampa con il Primo ministro britannico David Cameron, abbia ricevuto una risposta positiva da un ampio spettro della società civile occidentale. Boris Johnson, conservatore inglese e sindaco di Londra, ha specificatamente dichiarato in un articolo per il Telegraph: “Questo è il momento per un cessate il fuoco totale, per la fine della follia. E’ tempo che gli Stati Uniti, la Russia, l’Unione europea, la Turchia, l’Iran, l’Arabia Saudita e tutti gli attori convochino una conferenza intergovernativa per tentare di fermare la carneficina. Non possiamo usare la Siria come arena per vantaggi geopolitici o dimostrazioni di forza, e non vogliamo avere un cessate il fuoco per fornire armi a dei maniaci.” Il suo punto di vista è condiviso da un gran numero di parlamentari britannici, sia conservatori che laburisti, che spingono Cameron a non avviare l’invio di armi all’opposizione siriana senza l’approvazione del Parlamento. Gerald Warner del Scotsman ha scritto che Putin è sempre più ammirato in occidente per il suo atteggiamento fermo nella difesa dei principi del diritto internazionale, in generale, e sulla questione siriana, in particolare: “La ritrovata ammirazione per Putin s’è consolidata nell’apprezzamento del contrasto che presenta davanti agli imbranati del politicamente corretto che guidano l’Unione europea e gli Stati Uniti. Le foto del G8 della scorsa settimana dicono tutto. Le posture da “statisti” ordinate dai consulenti di PR, tirandone le fila nel patetico tentativo di apparire “rilevanti”, come un branco di paparini che balla nella discoteca della scuola, invita a quella derisione e a quel disprezzo che hanno debitamente ricevuto. Putin ha partecipato alla farsa, ma quando s’è trattato della sostanza, la richiesta di una sua approvazione dell’ambizione di Obama/Cameron/Hollande di armare al-Qaida in Siria, la risposta è stata un intransigente, ‘Niet!’ in stile Molotov.”

I ripetuti riferimenti della stampa mainstream occidentale alle reti filo-al-Qaida che dominano l’insurrezione anti-Assad, sono stati ulteriormente sostanziati nelle ultime settimane. Per esempio, pochi giorni fa Hans – Georg Maassen, capo dell’ufficio del controspionaggio tedesco (BFF), ha detto al Rheinische Post che circa 20 sospetti jihadisti erano da poco tornati in Germania dalla Siria. Ha detto che era preoccupante che negli ultimi otto mesi più di 60 auto-proclamati “guerrieri santi” avessero lasciato la Germania per partecipare alla jihad in Siria. “Quando ritornano, vengono celebrati come eroi dalla loro cerchia. Nello scenario peggiore, tornano con una missione di combattimento diretta“, ha sottolineato il capo del BFF. Un certo numero di siti jihadisti, tra cui Kavkaz Center gestito in Finlandia, hanno recentemente elogiato due “syahids” ceceni liquidati dalle forze governative siriane presso Aleppo, parecchi giorni fa. Coloro che sono interessati a comprendere la reale motivazione delle “forze pro-democratiche” in Siria, possono leggere la traduzione in inglese del loro “martirologio”, lontano dagli obiettivi proclamati dall’occidente. Il numero di atrocità e crudeltà contro la popolazione civile siriana commesse da questi “guerrieri santi” è senza precedenti. YouTube è pieno di video di questi crimini, con prove sufficienti per convocare un tribunale internazionale speciale per le indagini e il perseguimento dei colpevoli. Ma invece, i sedicenti “Amici della Siria” sono impegnati nella politica d’insabbiamento dell’ELS e inviano armi ai jihadisti. L’amministrazione di Obama ovviamente spera di mantenere il controllo sul comando dell’ELS “moderato” di Salem Idris, ma l’inutilità di tali aspettative è stata dimostrata già nella lontana guerra in Vietnam (ad es dallo scandalo di Ngo Dinh Diem). Si comportarono egualmente in Afghanistan. La Casa Bianca pone dei paletti su un rinnegato che non ha supporto tangibile da qualsiasi importante settore della società siriana. Persistendo nella cieca ambizione di un cambio di regime in Siria, l’amministrazione statunitense non otterrà alcun risultato, ma solo un’altra zona devastata dalla guerra con i marines degli Stati Uniti che proteggono un loro tirapiedi a Damasco.

L’eco del conflitto siriano già alimenta tensioni religiose in Libano e in altri Paesi della regione. La prolungata resa dei conti settaria in Iraq ha acquisito nuovo slancio. E’ assai probabile che una nuova guerra tra sunniti e sciiti sia stata pianificata dalle élites globali che hanno innescato il conflitto in Siria, più di due anni fa. L’impatto che avrebbe in Europa e negli Stati Uniti è indubbiamente previsto e sarà utilizzato per stringere ulteriormente la morsa della sorveglianza elettronica su queste società. La reazione del pubblico occidentale al comportamento di Putin al G8, suggerisce che esiste una consapevolezza cosciente o forse no di tutto ciò. Putin ha adottato con successo la tendenza a riformattare la matrice imposta alle menti occidentali. I politici occidentali sono così invischiati nella loro rete di bugie, in particolare sulla questione siriana, che un discorso ragionevole e diretto del leader russo sulla base di fatti inconfutabili e del senso comune li lascerebbe muti, disorientati e storditi. Le persone sanno riconoscere chi si trova dalla parte giusta della storia.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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