mercoledì 7 ottobre 2015

BIG PHARMA / LE GRANDI MANOVRE DI NOVARTIS E TUTTI GLI AFFARI MILIARDARI, DAI VACCINI AGLI OCCHI E ORA AL CANCRO

Grandi campagne acquisti per i vaccini. E grandi manovre in tutto il mondo di Big Pharma. Con i colossi che spostano le loro pedine sullo scacchiere, movimentano miliardi di dollari, disegnano nuove strategie e alleanze, per “mangiare” meglio il primo settore industriale al mondo, il farmaceutico, che sta ormai mettendosi alle spalle il petrolifero – in fase declinante – e l’industria delle armi. Con un solo rivale che cresce a ritmi vertiginosi, l’informatica. Del resto, a finanziare storicamente in modo trasversale i candidati democratici e repubblicani per la corsa alla Casa Bianca, negli Usa, sono strati proprio quei primi tre settori, con un farmaceutico, comunque, sempre in pole position.

Ecco i primi colpi da novanta. Il colosso svizzero Novartis cede per 7 miliardi di dollari i suoi vaccini (Novartis Vaccines) all’altra big a stelle e strisce, Glaxo, con un contratto che ricopia un po’ quelli del mondo del calcio: 5,8 miliardi cash e poi “bonus” da 1,8 per ulteriori risultati da raggiungere. Esclusi unicamente i vaccini antinfluenzali (la divisione Flu), che vanno invece all’australiana CLS Limited per 275 milioni di euro. Secondo colpo: la stessa Novartis si sbarazza anche dei prodotti veterinari (la divisione Animal Health), che un’altra star Usa, la Eli Lilly and Company, acquisisce per la bella somma di 5,4 miliardi di dollari.

Ma passiamo al maxi acquisto targato Novartis, che reinveste subito il gruzzolo (aggiungendovi un paio di miliardi di dollari) per accaparrarsi lo strategico ramo oncologico di Glaxo. Cede due stelle Novartis, e compra uno stellone, un Messi, più prestigioso e meno ingombrante dei vaccini che – come vedremo – hanno dato non pochi problemi. I due colossi, comunque, hanno stipulato un’ulteriore intesa, a dir la verità un po’ strana (forse solo di natura finanziaria), perchè “provvisoria”, a tempo: Novartis e Glaxo costituiscono una joint venture a livello mondiale per i prodotti da banco, i “consumer health-care”, con la seconda che detiene il 66 per cento delle quote. “Era comunque già nei piani di Novartis di cedere anche i prodotti da banco – commentano negli ambienti farmaceutici – ne aveva parlato più di un anno fa il ceo Joe Jimenez. Del resto le trattative con Glaxo erano iniziate a inizio 2014, per seguire poi tappe successive. E Jimenez aveva anche illustrato il futuro dell’azienda, che oggi vediamo svilupparsi sulla via dei prodotti personalizzati, targettizzati e innovativi”.

In soldoni Novartis -135 mila dipendenti in 150 paesi, fatturato da 60 miliardi di dollari anno, utili da 10 miliardi e quasi altrettanti investiti in ricerca & sviluppo – si concentrerà, in futuro, soprattutto su oncologico e oftalmico (un suo cavallo, spesso “chiacchierato”, di battaglia), con una fetta residua di medicinali generici targati Sandoz, una sua controllata: Novartis, del resto, è nata quasi vent’anni fa dalla fusione tra Ciba-Geigy e Sandoz Laboratories.


Spiega alcune scelte Guido Guidi, responsabile europeo di Novartis, specializzato in “business medico” ad Harvard. “Vogliamo essere i numeri uno dove operiamo. E nei vaccini non lo eravamo. Le polemiche? Dalle accuse del 2012 in Italia siamo stati del tutto prosciolti”.

Guidi si riferisce allo scandalo “Fluad”, l’antinfluenzale prodotto negli stabilimenti di Siena di Novartis, ex Sclavo, e brevettato dal ricercatore Rino Rappuoli, tre anni fa responsabile mondiale della ricerca sui vaccini, in stretto contatto scientifico con lo statunitense Craig Venter, il “ricercatore d’affari” – come lo etichettano parecchi negli ambienti scientifici – che avrebbe (con molti condizionali) decifrato la mappa del genoma umano e scoperto la “Reverse Vaccinology”. E nel 2012 il Fluad è finito sotto inchiesta in svariate procura italiane, soprattutto toscane (Siena, Prato) per alcune morti sospette. Ha messo in piedi anche il “Novartis Vaccine Institute for Global Health”, il dinamico Rappuoli, una fondazione non profit per aiutare i paese emergenti. Ma la casa madre, Novartis, a quanto pare dei paese emergenti se ne frega: clamoroso infatti, nel 2009, il rifiuto di fornire i vaccini gratuiti ai paesi in via di sviluppo per contrastare un’epidemia di influenza in corso. La spiegazione fornita al Financial Times dall’amministratore delegato del colosso, Daniel Vasella, fu che al massimo poteva essere presa in considerazione “l’offerta di un prezzo scontato per le nazioni a basso reddito”. Al contrario (tanto “per far vedere”) in quell’occasione Glaxo si offrì di fornirli gratuitamente.

Ma di non pochi incidenti è costellata l’irresistibile ascesa della star di Big Pharma. Non solo Fuad tra i “peccati” di casa Novartis, con il disco rosso, ossia il divieto immediato a scopo cautelativo, per 4 vaccini antinfluenzali prodotti negli stabilimenti toscani della Novartis Vaccines and Diagnostics: la stessa azienda – pur uscita “indenne” dalla bufera giudiziaria come sostiene Guidi – ammise “la presenza di un fenomeno di aggregazione proteica osservato nella produzione dei vaccini”.

Se risalgono a molti anni fa le furiose polemiche (e denunce) per il Retalin, uno psicofarmaco usato per l’infanzia e accusato, da non pochi scienziati, di essere alla base di molte patologie autistiche nei bambini, meno datate sono altre vicende border line. Il caso del “Trileptal” – che pochi ricordano – è costato alla Novartis una multa salatissima: la bellezza di 422 milioni di dollari per aver violato le leggi statunitensi sulla commercializzazione del suo farmaco a base di ‘carbamazepina’. Altra bastonata dall’inflessibile FDA (Federal and Drug Administration) a stelle e strisce, che nel 2008 ha denunciato Novartis per false pubblicità (ingannando anche i medici) circa l’efficacia del suo Focalin XR. Altro farmaco, altri affari a moltissimi zeri: è la volta del Miforytic che, secondo minuziose indagini dell’FBI, Novartis esattamente dieci anni fa, nel 2005, avrebbe “promosso” in maniera illegale. Secondo il responsabile della “Divisione Investigativa Criminale”, Ronald Hosko, “Novartis avrebbe pagato milioni di dollari per incentivare farmacisti a convincere i propri pazienti trapiantati a utilizzare il proprio farmaco Miforytic per il trattamento preventivo del rigetto al posto di un farmaco altrettanto efficace ma più economico”.

Identico copione, un anno fa, con il caso Lucentis, il salva occhi, il miracoloso farmaco per le maculopatie. Scoppia in Italia, indagano svariate procure, tra cui quella di Torino, con l’inflessibile Raffaele Guariniello in prima linea. Tanto più clamoroso, il caso, perchè il principio attivo di Lucentis (targato Novartis) è stato scoperto da un ricercatore italiano, Napoleone Ferrara, che ha trovato anche quello del “concorrente”, il più economico Avastin, prodotto dalla Roche. E Ferrara è stato nominato dal ministro Lorenzin nel Consiglio Superiore della Sanità…

Si mobilita anche l’Organizzazione Mondiale per la Sanità che accusa, senza mezzi termini, Novartis. Esisteva già Avastin – sottolinea l’OMS – “altrettanto efficace, sicuro e più economico”: perchè mai adottare Lucentis? E cosa fa l’organismo italiano istituzionalmente preposto a vigilare sui farmaci, ossia l’AIFA? Chiude gli occhi, è proprio il caso di dirlo (come ha fatto due anni fa per lo scandalo degli emoderivati targati Kedrion). “Non solo non abbassa il prezzo di Lucentis – commentano al ministero della Salute – ma addirittura non impone alle strutture pubbliche di utilizzare il farmaco più economico e ugualmente efficace, favorendo così la corsa di Novartis alle sue vendite molto remunerative avendo adeguatamente sensibilizzato medici e farmacisti. E il ministero in sostanza non interviene, pur avanzando formalmente richieste danni a Novartis”. Accuse da far tremare le vene ai polsi. Veri macigni i capi d’imputazione di Guariniello: “disastro doloso” e “associazione a delinquere”, perchè Novartis e Roche avrebbero messo in piedi un cartello e sulla pelle dei cittadini hanno fatto in modo che venisse venduto il farmaco di gran lunga più caro (di circa dieci volte), eclissando praticamente il più economico e – come ammonisce l’OMS – non meno efficace. Interviene anche l’Antitrust, che appioppa ai due colossi una super multa da 180 milioni di euro. Normale, a questo punto, far ricorso. Caso mai al Tar, che spesso e volentieri cassa & annulla, con rinvio al Consiglio di stato. Bene, stavolta i due compari, Novartis e Roche, hanno pensato bene di non chiedere alcuna sospensiva al Tar…

Non è finita, perchè per il colosso di Big Pharma, Novartis, ci sono anche i Pig. Ovvero la peste suina, un vero terno al lotto, circa tre anni fa, per le casse della holding svizzera. Una storia ai confini della realtà. Con un’emergenza “suina” inventata a tavolino, gonfiata ad hoc dai media (spesso e volentieri prezzolati dai Big-Pig), costata ai paesi europei una barca di soldi. Ma soprattutto a quello italiano, che non solo aveva comprato dosi spropositate di vaccino anti suina (e nella gran parte poi inutilizzate), ma aveva anche stipulato – attraverso il solito, solerte ministero della Salute – una contratto capestro, contenente addirittura una clausola che, in caso di mancato utilizzo dei vaccini per qualsiasi sopravveniente motivo, il pagamento sarebbe stato comunque effettuato. “Quella clausola – c’è chi spiega al ministero – sembrava studiata a tavolino. Come se sapessero quello che poi sarebbe successo, emergenza che rientra, i vaccini inutilizzati, ma lo Stato paga e Novartis fa festa con i miliardi dei cittadini fregati due volte: nella salute e nelle tasche”.

Le filiali italiane di Novartis sono oggi localizzate a Origgio, nel varesino (Novartis Pharma) e Torre Annunziata, in provincia di Napoli, mentre il presidio italiano della controllata Sandoz si trova a Rovereto, nel trentino. “Unità all’avanguardia – descrivono gli addetti ai lavori – anche se non manca qualche neo pure evidente”. Il riferimento, in particolare, è allo stabilimento del vesuviano, una maxi struttura situata a ridosso della foce del fiume più inquinato d’Italia, il Sarno. No problem per i cervelloni elvetici?

Ma è soprattutto sul futuro del polo senese che si nutrono forti preoccupazioni. “Cosa succederà adesso? – si interrogano alcuni dipendenti – che fine faremo con questo spezzatino, un po’ Glaxo e un po’ australiani? E il fiore all’occhiello della ricerca? C’è il rischio di una macelleria sociale? Vogliamo delle assicurazioni precise, non solo da chi ci ha preso, ma anche dal governo”. A Siena, infatti, gli occupati sono quasi 3 mila, di cui 800 impegnati nella ricerca.



L’IMPERO MARCUCCI

Potrà dire la sua nella delicatissima situazione il senatore Pd Andrea Marcucci – tra i fedelissimi di Matteo Renzi – già intervenuto in passato in situazioni non poi tanto differenti? Del resto, oltre ad essere toscano, è un super esperto del settore, visto che suo padre, Guelfo Marcucci, da sempre il re degli emoderivati in Italia, è stato per anni a capo dell’impero ex Scalvo. Sussurrerà qualcosa all’orecchio del premier Renzi, l’ascoltatissimo Marcucci junior?


Andrea Marcucci

Candidato vincente alle politiche ’92 per il Pli targato Francesco De Lorenzo, Andrea Marcucci. E in vena di ‘liberalità’ per far vivere il partito di Sua Sanità, 70 milioni (di lire) tondi; poi fulminato sulla via dei Pds-Ds, insieme alla sorella Marilina, un amore per le tivvù e i media, editrice per un paio d’anni (inizio 2000) dell’Unità già allora in acque burrascose.

E proprio l’acquisto della Sclavo, nel ’90, è valso ai Marcucci “l’ingresso in Tangentopoli – come in un documentato articolo ricostruiva nel 1995 uno degli inviati di punta del Corriere della Sera, Ivo Caizzi – scaturito dall’acquisto della Sclavo dall’Enimont. L’ex vice presidente della Banca di Roma, Oliviero Prunas, ha ammesso di aver intermediato la vendita e una mazzetta di oltre 3 miliardi per il Psi e al presidente dell’Eni Gabriele Cagliari, sborsata da Guelfo”. Ne scriveva delle belle in quel reportage, Caizzi, sul “Conte Dracula della Garfagnana”, “il boss nazionale dei discussi business legati al sangue”, il commerciante di emoderivati “intraprendente e spregiudicato, in ottimi rapporti con i politici locali della Dc e degli altri partiti di governo”. E sul fratello maggiore Leo Piero che già “nel dopoguerra riforniva le farmacie del Congo Belga e oggi, pur mantenendo una quota del gruppo, si dedica al suo hotel Palace a Viareggio”.

Una passione dunque antica per il Congo Belga, coltivata negli anni. Ecco cosa scriveva la Voce sull’allora sconosciuto (e nascente) impero Marcucci in un articolo di quasi 40 anni fa (!), luglio 1977. “Quali le fonti di provenienza del sangue trattato negli stabilimenti Marcucci? In gran parte il terzo mondo, fino al ’75 in prevalenza il Congo ex Belga. Qui l’abile finanziere aveva impiantato un centro poliambulatoriale e un centro di raccolta del sangue dove, mediante una tecnica assai sofisticata, veniva prelevata agli ignari donatori una quantità tripla di plasma sanguigno, reimmettendo in circoli i globuli rossi diluiti in apposita soluzione fisiologica”. Meglio, forse, di quanto succederà, per Marcucci e gli altri big del settore, con i “prelievi” effettuati nelle più luride carceri statunitensi, come ha denunciato nel 2006 lo choccante docufilm di Kelli Duda, “Fattore 8 – Lo scandalo del sangue nella prigione dell’Arkansas”.


Duilio Poggiolini

Amicizie politiche trasversali al punto giusto, per i Marcucci: i primi amori targati dc, tanto che a sponsorizzare l’acquisto degli stabilimenti Merrel a Napoli e la nascita dell’Isi (Istituto sieroterapico italiano) a Sant’Antimo, nell’hinterland partenopeo, dove oggi dominano le imprese di Luigi Cesaro & C., ramificate anche nel ramo sanitario, fu l’allora sottosegretario al Bilancio (vice di un certo Giulio Andreotti) Enzo Scotti, poi ministro ovunque. Mentre nello staff di vertice della stessa Sclavo, la perla di famiglia, già in quegli anni faceva capolino la presenza di Renato De Lorenzo, avvocato e fratello di Sua Sanità.

E oggi? Guelfo Marcucci e Duilio Poggiolini – il re mida della Sanità, quello che nascondeva le mazzette miliardarie nel puff di casa – sono “ora” in attesa di processo al tribunale di Napoli per lo scandalo del sangue infetto che ha fatto migliaia di vittime innocenti: dopo quasi 15 anni di stop and go, si parte. Sarà finalmente giustizia?

fonte :lavocedellevoci

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