di Claudio Messora
Doveva testimoniare, Mario Draghi, nel corso delle udienze al processo di Trani contro “Standard & Poor’s“. Era stato citato dal PM Michele Ruggiero, ma non verrà. Già, perché – ha detto – “è un momento delicato per l’economia mondiale” e “teme clamori mediatici“. Un altro modo per dire che più sali in alto, più sei intoccabile. E’ vero che l’imputato non era lui, ma l’agenzia di rating che il 21 maggio 2011 preannunciava in un report l’instabilità dell’Italia e che nel gennaio 2012 la declassava da A a BBB+, però nel corso di un’audizione un teste viene interrogato e potrebbe correre il rischio di rispondere a domande scomode, che poi verrebbero riprese dai giornali e – guarda un po’ – finirebbero in pasto all’opinione pubblica. Che non deve sapere, mi raccomando! Così bisognerà accontentarsi delle dichiarazioni che già aveva reso quando venne sentito, quattro anni fa a Roma, dal PM Michele Ruggiero e dalla Guardia di finanza di Bari in merito al pericolo di un contagio greco per il sistema finanziario italiano. Per l’occasione, aveva dichiarato che il sistema nazionale era solido (e quindi, perché declassarlo?).
Invece, lo scorso 24 settembre i giudici hanno ascoltato Mario Tremonti, che all’epoca dei fatti era il Ministro dell’Economia, il quale ha dichiarato: «Il quadro economico finanziario dell’Italia era solido; l’economia del Paese correva più di Francia e Germania, esposte molto più per i prestiti alla Grecia; e non c’era rischio di una paralisi politica».
Elio Lannutti, presidente Adusbef e vecchia conoscenza di questo blog (qui attacca Draghi sul mistero dei derivati scomparsi) non ha avuto esitazioni nella sua deposizione: «Il declassamento del rating dell’Italia fu deciso per far cadere il governo Berlusconi e far arrivare il governo Monti, non legittimamente eletto», mentre il colonnello della Guardia di Finanza Adriano D’Elia, classe 1967, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze, ha sostenuto che «Standard & Poor’s non ha personale adeguato a svolgere valutazioni sul debito sovrano».
Forse non aveva personale adeguato, ma aveva azionisti adeguatissimi, visto che Morgan Stanley controllava Mc Graw Hill, con sede nel Rockefeller Center a New York, a sua volta azionista proprio di Standard & Poor’s. E cosa succede subito dopo che S&P declassò l’Italia? Mario Monti (sì, c’era proprio lui a guidare il nostro Paese dopo il grande ricatto dei mercati – guarda la confessione di un senatore dell’epoca: “se non sostenete il Governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli” -) bonificò immediatamente un assegnone da 2 miliardi e mezzo a Morgan Stanley, che aveva un bel contrattino di finanziamento con una clausola per la quale in caso di downgrade sarebbe passata all’incasso. Capito? Morgan Stanley possiede Standard & Poor’s che declassa l’Italia che quindi deve pagare 2 miliardi e mezzo a Morgan Stanley. I pensionati possono aspettare, e anche se la Consulta stabilisce che tagliare le indicizzazioni è incostituzionale, i soldi gli si possono restituire solo in parte, in maniera del tutto arbitraria (a te sì, a te no), che tanto non si lamentano, ma le banche d’affari si pagano subito, che se no ci ricaricano gli interessi. Questo è il mondo a forma di Mario.
Il 19 novembre e il 10 dicembre saranno chiamati a testimoniare, tra gli altri, Romano Prodi (quello che sapeva tutto, ma si fidava di Kohl), Mario Monti (quello che siete tutti pecore e dovete essere guidati), il ministro Pier Carlo Padoan e la dottoressa Maria Cannata (direttore del dipartimento debito pubblico del Ministero del Tesoro, che conosce a menadito gli specialisti del debito).
Dovrebbe essere su tutte le prime pagine dei giornali, ma è solo qui. E in pochi altri posti.www.altrainformazione.
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