lunedì 12 ottobre 2015

L'UROLOGO: "IN USA 20MILA PROTESI PENE L'ANNO, L'ITALIA È FANALINO DI CODA"


Negli Stati Uniti "ogni anno si impiantano 20 mila protesi peniene, in Italia siamo fermi a 350, perché resistente tra gli urologi la convinzione che i problemi sessuali post intervento oncologico alla prostata si possano risolvere solo con la terapia psicologica o con i farmaci. Ma non è così, oggi le protesi possono davvero ridare una vita sessuale attiva. E' ora di finirla con un atteggiamento ostile da parte dei colleghi". Ad affermalo all'Adnkronos Salute è Gabriele Antonini, urologo-andrologo del dipartimento di Urologia U.Bracci dell'Umberto I-Sapienza Università di Roma, unico italiano invitato al IV World Congress of Medical Sexology in corso a Miami (Usa).


"I farmaci possono compensare una disfunzione erettile minima - prosegue Antonini - ma se si ha il diabete o si è subito un intervento di chirurgia pelvica si avrà questo tipo di problema nel 90% dei casi. E un impianto di protesi al pene può ridare un vita sessuale completa".

Da alcune ricerche presentati al congresso mondiale di Miami, che unisce la sessuologia e l'urologia, è emerso "come stiano cambiando anche i gusti 'sotto le lenzuola' delle donne, la preferenza quando parliamo di dimensioni dell'organo sessuale maschile non va più sulla lunghezza ma sulla larghezza". Un dato che si scontra spesso con i tabù e i pregiudizi degli uomini, soprattutto di chi vive con grande sofferenza psicologica un disturbo della sfera sessuale.

Un focus del congresso è stato dedicato anche al 'Viagra rosa' (il flibanserin) la prima pillola per riaccendere il desiderio sessuale nelle donne approvato dalla Fda in Usa. "Se ne parla molto anche in Italia - avverte il chirurgo - ma va ricordato che non funziona come la 'pillola blu' degli uomini, deve essere preso quasi come un farmaco cronico per avere degli effetti sulla libido femminile". Altro aspetto emerso da IV World Congress of Medical Sexology è l'impatto della chirurgia mininvasiva applicata all'urologia "ormai questo sarà lo standard come lo è stato il robot per la chirurgia 'open'", conclude Antonini.

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