Quattro anni di recessione, inflazione al 30%, le contraddizioni di un governo che nel tempo ha perso credibilità a tutti i livelli: gli argentini sono stati logorati a tutti i livelli e hanno scelto il liberale Macri e il suo slogan “Cambiemos”
di Ginevra Visconti
Il neopresidente argentino Mauricio Macri festeggia dopo la vittoria elettorale, il 22 novembre a Buenos Aires (Mario Tama/Getty Images,)
Sono stati 12 lunghi anni, quelli che hanno consumato l’Argentina in quella che viene chiamata l’epoca kirchnerista, dal nome di Nestor Kircher, presidente dal 2003 al 2007, e di sua moglie Cristina Fernandez, nei due mandati successivi, che l’hanno vista governare fino a due giorni fa. L’Argentina ne esce stanca, e caricata di un fardello molto pesante: risanare urgentemente l’economia del Paese. Ma non solo.
Proprio due giorni fa gli argentini hanno detto basta a un’epoca di illusioni e «desilusiones» (delusioni), logorati dalle contraddizioni di un governo che nel tempo haperso credibilità a tutti i livelli e in tutte le classi sociali, comprese quelle più legate alla tradizione peronista, ben radicata nel Dna di molti argentini.
Già un mese fa la prima sorpresa: il peronista Daniel Scioli, prosecutore del partito kirchnerista, non è uscito come il candidato più votato dalle presidenziali 2015, pareggiando i voti con il rappresentante della destra Mauricio Macri, ex sindaco di Buenos Aires, oggi nuovo presidente dell’Argentina.
Gli argentini hanno detto basta a un’epoca di illusioni e «desilusiones» (delusioni), logorati dalle contraddizioni di un governo che nel tempo ha perso credibilità a tutti i livelli e in tutte le classi sociali
(foto Ginevra Visconti)
Nel primo ballottaggio nella storia del Paese, avvenuto la scorsa Domenica, l’anti-kirchnerismo ha preso il sopravvento con la vittoria del partito di destra, che, non a caso, si chiama «Cambiemos». E infatti sembra proprio che l’Argentina abbia voglia e abbia bisogno di cambiare, soprattutto nella scelta politica: sinistra o destra? Peronismo o non peronismo? Questa volta gli argentini optano per le seconde, ben interpretate da un leader liberale, fautore di programmi di rinnovamento economico, cruciale in un Paese con gravi problemi di riserve, dove l’economia è in recessione da ormai quattro anni e dove l’inflazione si aggira intorno al 30%, uno dei valori più alti del mondo. «L’inflazione è il gran male che ci ha divorati dall’interno, ed è una truffa del mal governo che bisogna risolvere», ha detto Macri al quotidiano argentino La Nacion.
Il vero cambio è avvenuto nella Provincia di Cordoba, da anni penalizzata dal conflitto con il settore agricolo del governo kirchenrista, e in quella di Buenos Aires, fulcro dell’economia del paese, dove la vittoria della giovane «macrista» Maria Eugenia Vidal fa sperare in una profonda inversione di mentalità, là dove non solo la classe media argentina, ma anche i settori meno abbienti, si sono mostrati oramai insofferenti alla linea di governo della ex «presidenta».
«Voi tutti oggi avete fatto l’impossibile», sono state le prime parole di gratitudine di Macri, espresse con voce ferma e pacata al popolo argentino, e davanti a questa nazione fortemente cattolica ha aggiunto: «Chiedo a Dio che mi illumini per aiutare ogni singolo argentino a trovare la sua forma di progredire ed essere felice».
Ha vinto il cambiamento, in un Paese con gravi problemi di riserve, dove l’economia è in recessione da ormai quattro anni e dove l’inflazione si aggira intorno al 30%, uno dei valori più alti del mondo
Non sarà una sfida facile, ma il primo approccio promette obiettivi, costruttivismo e speranza, con un tono che già di per sé rasserena un popolo non abituato ad assistere a una normale conferenza stampa, ma a continui assordanti monologhi, colmi di imperativi e toni combattivi, che Cristina Kirchner era solita fare attraverso la famosa Cadena Nacional. Uno stile, quello della «presidenta», che è andato lacerandosi negli anni, facendo perdere quell’immagine positiva che si era guadagnata grazie al marito, e nel 2011, quando fu rieletta col 54% dei voti, grazie soprattutto all’appoggio popolare, ma che velocemente, si è esaurita creando una serie di mobilitazioni di massa, che ha prodotto milioni di antikirchneristi a protestare contro il suo governo.
Oggi Maurizio Macri eredita un Paese con difficoltà ciclopiche, una sfida quasi impossibile, ma in cui la maggioranza degli argentini ha deciso di credere.
La misura immediata riguarda la svalutazione del peso, con l’obiettivo di chiudere il divario tra cambio ufficiale e quello parallelo, oramai fuori controllo, con le conseguenze che questo provocherà nei salari, nei prezzi, e nel lavoro. Le poche riserve della Banca Centrale e i fondi buitres da chiudere per avvedere a capitali esteri e attrarre investimenti, aggravano le incognite di uno stato costoso e poco efficiente, penalizzato da un’intera fascia di persone fino ad ora mantenute senza lavorare.
La mancanza di dati ufficiali attendibili, uno delle questioni più criticate al governo di Cristina Kirchner, non faciliterà il lavoro in direzione di una prossima soluzione.
La misura immediata che dovrà prendere Macri riguarda la svalutazione del peso, con l’obiettivo di chiudere il divario tra cambio ufficiale e quello parallelo, oramai fuori controllo, con le conseguenze che questo provocherà nei salari, nei prezzi, e nel lavoro
Nella sua prima conferenza stampa Macri ha parlato di governabilità, economia, giustizia e sicurezza, come argomenti prioritari, già costantemente recriminati alla ex presidente, nelle ricorrenti manifestazioni di piazza.
«L’idea è governare per tutti, dopo anni di scontri, focalizzati nelle dissidenze, ma, è molto maggiore tutto quello che ci unisce di ciò che ci separa» ha detto Macri, il cui partitoCambiemos governerà la città di Buenos Aires, la provincia e la nazione e aspira a farlo senza un ministro dell’Economia (in pochi anni ne sono cambiati almeno una decina), creando invece un ministero che include Lavoro, Energia, Produzione, Trasporti, Agricoltura, Produzione animale e Pesca, con sei ministri che formeranno un unico gabinetto economico, che cercherà di analizzare rapidamente la situazione.
Il problema della sicurezza è una questione cara agli argentini, che in un decennio hanno visto cambiare drasticamente la loro libertà di azione e la loro qualità di vita. Lo stesso vale per la giustizia, dove Macri si esprime promettendo libertà assoluta nell’andare al fondo delle questioni, senza nessun tipo di impunità.
Anche a livello internazionale ci si aspetta un’inversione di marcia importante. Dopo anni in cui i Kirchner avevano preferito l’integrazione con il resto dell’America Latina (ricevendo numerose critiche per la particolare intesa con il Venezuela di Hugo Chavez e il progressivo isolamento dell’Argentina), Macri assicura che ricercherà l’alleanza con gli Stati Uniti e con l’Europa, riaprendosi così al mondo.
Anche a livello internazionale ci si aspetta un’inversione di marcia importante. Dopo anni in cui i Kirchner avevano preferito l’integrazione con il resto dell’America Latina (a partire dal Venezuela di Hugo Chavez), Macri assicura che ricercherà l’alleanza con gli Stati Uniti e con l’Europa, riaprendosi così al mondo
Certamente, dodici anni di kirchnerismo saranno difficili da dimenticare e da digerire.
L’ampliamento dei diritti sociali, come l’approvazione del matrimonio gay (l’Argentina è stato il primo Paese dell’America Latina e il decimo al mondo a permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso), o la legge che tutela il lavoro infantile, così come l’approvazione della legge di fertilità assistita gratuita, sono questioni che hanno rafforzato il consenso al governo kirchnerista. Lo stesso vale per ciò che concerne i diritti umani. Fu Néstor Kirchner e promuovere l’annullamento delle leggi che garantivano l’immunità ai criminali dell’ultimo regime militare argentino dando così il via a un’interminabile serie di processi contro gli ex repressori. L’appoggio dei Kirchner al famoso gruppo delle Madri della Piazza di Maggio ha permesso di riconnettere con la famiglia di origine più di un centinaio di figli di desaparecidos.
La diminuzione della disoccupazione è un merito che si attribuisce al governo Kirchner, ma solo se si fa fede all’Istituto Nazionale di Statistica e Censo (Indec), notoriamente inaffidabile per la scarsa qualità dei dati forniti. La mancanza di precisione delle statistiche ufficiali è stata ripetutamente criticata, anche dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) aiutando a creare quell’aura di sfiducia, che ha gradualmente rinforzato i sospetti di corruzione verso il governo.
I Kirchner e i loro collaboratori hanno ricevuto diverse denunce di corruzione e accuse di arricchimento illecito, conclusesi con la condanna di due ex ministri e diversi funzionari. Episodi come la questione della legge sui media, o la morte del magistrato Alberto Nisman, nel 2015 hanno progressivamente sciupato l’immagine di un governo, che negli ultimi otto anni ha accumulato scandali e contraddizioni, specialmente dopo il passaggio di consegne di Nestor alla moglie Cristina.
In questo contesto, al ritmo di un «Si, nos podemos» (insieme possiamo), si è inserito un invito al cambiamento, che è quello che tutti si aspettano dal nuovo presidente e dal suo «Cambiemos", che aspirano prima di tutto a ristabilire la fiducia, che, come ha detto Macri oggi in un’intervista con La Nacion "è l’elemento che muove una società".
di Ginevra Visconti
Il neopresidente argentino Mauricio Macri festeggia dopo la vittoria elettorale, il 22 novembre a Buenos Aires (Mario Tama/Getty Images,)
Sono stati 12 lunghi anni, quelli che hanno consumato l’Argentina in quella che viene chiamata l’epoca kirchnerista, dal nome di Nestor Kircher, presidente dal 2003 al 2007, e di sua moglie Cristina Fernandez, nei due mandati successivi, che l’hanno vista governare fino a due giorni fa. L’Argentina ne esce stanca, e caricata di un fardello molto pesante: risanare urgentemente l’economia del Paese. Ma non solo.
Proprio due giorni fa gli argentini hanno detto basta a un’epoca di illusioni e «desilusiones» (delusioni), logorati dalle contraddizioni di un governo che nel tempo haperso credibilità a tutti i livelli e in tutte le classi sociali, comprese quelle più legate alla tradizione peronista, ben radicata nel Dna di molti argentini.
Già un mese fa la prima sorpresa: il peronista Daniel Scioli, prosecutore del partito kirchnerista, non è uscito come il candidato più votato dalle presidenziali 2015, pareggiando i voti con il rappresentante della destra Mauricio Macri, ex sindaco di Buenos Aires, oggi nuovo presidente dell’Argentina.
Gli argentini hanno detto basta a un’epoca di illusioni e «desilusiones» (delusioni), logorati dalle contraddizioni di un governo che nel tempo ha perso credibilità a tutti i livelli e in tutte le classi sociali
(foto Ginevra Visconti)
Nel primo ballottaggio nella storia del Paese, avvenuto la scorsa Domenica, l’anti-kirchnerismo ha preso il sopravvento con la vittoria del partito di destra, che, non a caso, si chiama «Cambiemos». E infatti sembra proprio che l’Argentina abbia voglia e abbia bisogno di cambiare, soprattutto nella scelta politica: sinistra o destra? Peronismo o non peronismo? Questa volta gli argentini optano per le seconde, ben interpretate da un leader liberale, fautore di programmi di rinnovamento economico, cruciale in un Paese con gravi problemi di riserve, dove l’economia è in recessione da ormai quattro anni e dove l’inflazione si aggira intorno al 30%, uno dei valori più alti del mondo. «L’inflazione è il gran male che ci ha divorati dall’interno, ed è una truffa del mal governo che bisogna risolvere», ha detto Macri al quotidiano argentino La Nacion.
Il vero cambio è avvenuto nella Provincia di Cordoba, da anni penalizzata dal conflitto con il settore agricolo del governo kirchenrista, e in quella di Buenos Aires, fulcro dell’economia del paese, dove la vittoria della giovane «macrista» Maria Eugenia Vidal fa sperare in una profonda inversione di mentalità, là dove non solo la classe media argentina, ma anche i settori meno abbienti, si sono mostrati oramai insofferenti alla linea di governo della ex «presidenta».
«Voi tutti oggi avete fatto l’impossibile», sono state le prime parole di gratitudine di Macri, espresse con voce ferma e pacata al popolo argentino, e davanti a questa nazione fortemente cattolica ha aggiunto: «Chiedo a Dio che mi illumini per aiutare ogni singolo argentino a trovare la sua forma di progredire ed essere felice».
Ha vinto il cambiamento, in un Paese con gravi problemi di riserve, dove l’economia è in recessione da ormai quattro anni e dove l’inflazione si aggira intorno al 30%, uno dei valori più alti del mondo
Non sarà una sfida facile, ma il primo approccio promette obiettivi, costruttivismo e speranza, con un tono che già di per sé rasserena un popolo non abituato ad assistere a una normale conferenza stampa, ma a continui assordanti monologhi, colmi di imperativi e toni combattivi, che Cristina Kirchner era solita fare attraverso la famosa Cadena Nacional. Uno stile, quello della «presidenta», che è andato lacerandosi negli anni, facendo perdere quell’immagine positiva che si era guadagnata grazie al marito, e nel 2011, quando fu rieletta col 54% dei voti, grazie soprattutto all’appoggio popolare, ma che velocemente, si è esaurita creando una serie di mobilitazioni di massa, che ha prodotto milioni di antikirchneristi a protestare contro il suo governo.
Oggi Maurizio Macri eredita un Paese con difficoltà ciclopiche, una sfida quasi impossibile, ma in cui la maggioranza degli argentini ha deciso di credere.
La misura immediata riguarda la svalutazione del peso, con l’obiettivo di chiudere il divario tra cambio ufficiale e quello parallelo, oramai fuori controllo, con le conseguenze che questo provocherà nei salari, nei prezzi, e nel lavoro. Le poche riserve della Banca Centrale e i fondi buitres da chiudere per avvedere a capitali esteri e attrarre investimenti, aggravano le incognite di uno stato costoso e poco efficiente, penalizzato da un’intera fascia di persone fino ad ora mantenute senza lavorare.
La mancanza di dati ufficiali attendibili, uno delle questioni più criticate al governo di Cristina Kirchner, non faciliterà il lavoro in direzione di una prossima soluzione.
La misura immediata che dovrà prendere Macri riguarda la svalutazione del peso, con l’obiettivo di chiudere il divario tra cambio ufficiale e quello parallelo, oramai fuori controllo, con le conseguenze che questo provocherà nei salari, nei prezzi, e nel lavoro
Nella sua prima conferenza stampa Macri ha parlato di governabilità, economia, giustizia e sicurezza, come argomenti prioritari, già costantemente recriminati alla ex presidente, nelle ricorrenti manifestazioni di piazza.
«L’idea è governare per tutti, dopo anni di scontri, focalizzati nelle dissidenze, ma, è molto maggiore tutto quello che ci unisce di ciò che ci separa» ha detto Macri, il cui partitoCambiemos governerà la città di Buenos Aires, la provincia e la nazione e aspira a farlo senza un ministro dell’Economia (in pochi anni ne sono cambiati almeno una decina), creando invece un ministero che include Lavoro, Energia, Produzione, Trasporti, Agricoltura, Produzione animale e Pesca, con sei ministri che formeranno un unico gabinetto economico, che cercherà di analizzare rapidamente la situazione.
Il problema della sicurezza è una questione cara agli argentini, che in un decennio hanno visto cambiare drasticamente la loro libertà di azione e la loro qualità di vita. Lo stesso vale per la giustizia, dove Macri si esprime promettendo libertà assoluta nell’andare al fondo delle questioni, senza nessun tipo di impunità.
Anche a livello internazionale ci si aspetta un’inversione di marcia importante. Dopo anni in cui i Kirchner avevano preferito l’integrazione con il resto dell’America Latina (ricevendo numerose critiche per la particolare intesa con il Venezuela di Hugo Chavez e il progressivo isolamento dell’Argentina), Macri assicura che ricercherà l’alleanza con gli Stati Uniti e con l’Europa, riaprendosi così al mondo.
Anche a livello internazionale ci si aspetta un’inversione di marcia importante. Dopo anni in cui i Kirchner avevano preferito l’integrazione con il resto dell’America Latina (a partire dal Venezuela di Hugo Chavez), Macri assicura che ricercherà l’alleanza con gli Stati Uniti e con l’Europa, riaprendosi così al mondo
Certamente, dodici anni di kirchnerismo saranno difficili da dimenticare e da digerire.
L’ampliamento dei diritti sociali, come l’approvazione del matrimonio gay (l’Argentina è stato il primo Paese dell’America Latina e il decimo al mondo a permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso), o la legge che tutela il lavoro infantile, così come l’approvazione della legge di fertilità assistita gratuita, sono questioni che hanno rafforzato il consenso al governo kirchnerista. Lo stesso vale per ciò che concerne i diritti umani. Fu Néstor Kirchner e promuovere l’annullamento delle leggi che garantivano l’immunità ai criminali dell’ultimo regime militare argentino dando così il via a un’interminabile serie di processi contro gli ex repressori. L’appoggio dei Kirchner al famoso gruppo delle Madri della Piazza di Maggio ha permesso di riconnettere con la famiglia di origine più di un centinaio di figli di desaparecidos.
La diminuzione della disoccupazione è un merito che si attribuisce al governo Kirchner, ma solo se si fa fede all’Istituto Nazionale di Statistica e Censo (Indec), notoriamente inaffidabile per la scarsa qualità dei dati forniti. La mancanza di precisione delle statistiche ufficiali è stata ripetutamente criticata, anche dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) aiutando a creare quell’aura di sfiducia, che ha gradualmente rinforzato i sospetti di corruzione verso il governo.
I Kirchner e i loro collaboratori hanno ricevuto diverse denunce di corruzione e accuse di arricchimento illecito, conclusesi con la condanna di due ex ministri e diversi funzionari. Episodi come la questione della legge sui media, o la morte del magistrato Alberto Nisman, nel 2015 hanno progressivamente sciupato l’immagine di un governo, che negli ultimi otto anni ha accumulato scandali e contraddizioni, specialmente dopo il passaggio di consegne di Nestor alla moglie Cristina.
In questo contesto, al ritmo di un «Si, nos podemos» (insieme possiamo), si è inserito un invito al cambiamento, che è quello che tutti si aspettano dal nuovo presidente e dal suo «Cambiemos", che aspirano prima di tutto a ristabilire la fiducia, che, come ha detto Macri oggi in un’intervista con La Nacion "è l’elemento che muove una società".
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