lunedì 16 novembre 2015

FALSE FLAG: TUTTO RISOLTO, ANDATE IN PACE



DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.it

Il False Flag è il nuovo escamotage per rifiutarsi di capire. Per non comprendere la sequenza dei fatti storici, per cercare scorciatoie che diano audience e confortino, con mezzi semplici, i sempliciotti. Il False Flag è il cugino in terzo grado del cui prodest: almeno, nell’ultimo, c’è spesso qualche sillogismo di supporto.

Noi occidentali tutto possiamo, e ci divertiamo nel continuare a credere alla nostra onnipotenza: questi li mettiamo lì, gli diamo un po’ di missili, devono colpire quelli là, così ci fanno un favore. Poi, andiamo da quelli là e diciamo loro (mentre pubblicamente ci affratelliamo al loro dolore): avete visto che scherzo?

Quelli là, masticano amaro ed armano quelli di giù, che vengono su e ci ammazzano un po’ di gente. Sono tutti False Flag, tutta roba che controlliamo noi a seconda dei nostri obiettivi strategici: tranquilli ragazzi, crepate in pace con un colpo di Kalashnikov che vi perfora le budella e che vi brucia dentro come un granello d’inferno, è solo un False Flag, è gente nostra, che lavora per noi.

Mi metto a leggere e scopro una marea d’incompetenti, di gente col cervello all’ammasso, che s’inventa tutto ed il suo contrario per mettere il proprio nome in calce ad un articolo.



Quante volte l’Iran doveva essere bombardato, invaso, massacrato? Quante volte l’hanno scritto? Andiamo per ordine: cercherò d’essere il più breve possibile. Ma, perdio, se si vuole capirci qualcosa bisogna pur citare fatti, fonti, eventi, personaggi...e ci vuole un po’ di tempo. Altrimenti, c’è il False Flag che acquieta in breve tempo, come l’Aspirina.

Fino al 1980 lo schema è bipolare: noi vi facciamo una cacca lì e, domani, i sovietici ce la rimandano di qua, business is usual. Ma, quella mente diabolica di Brezinskji s’inventa un trucco per cacciare i sovietici da Kabul: proviamo ad armare i mujaiddin afgani, così fanno la guerra per noi. Noi guadagniamo su petrolio ed oleodotti e quelli – perché sono fessi – crepano. Approvato per acclamazione. Succede, però, e questo non molti lo sapranno che, nel 1981, in un albergo di Peshawar si riunisce uno strano gruppo: la figura più importante è un miliardario saudita, facente parte della famiglia reale, un tipo elegante, che fino a qualche anno prima girava le capitali europee vestito all’ultima moda. Quest’uomo ha un’idea: i sovietici sono oramai bolliti, e dopo, che facciamo? Abbiamo armi in abbondanza, soldi in abbondanza: perché non ci mettiamo in proprio? Così viene gettata la prima pietra dell’attacco di ieri, anche se i protagonisti, oggi, sono diversi anni luce da quei loro antenati.

Ma scoppia la guerra in Jugoslavia, ed ecco la prima uscita “in proprio” – ampiamente tollerata dagli euro americani, perché toglieva loro la castagna serba dal fuoco! – ma i croati, in Erzegovina, vogliono fare i padroni e ne vogliono un pezzo (Mostar compresa): ecco allora le due divisioni musulmane Handsar eKama prontamente ricostituite – completate con i nomi originali che ebbero in epoca nazista, quando combatterono contro i partizan jugoslavi – che difendono Sarajevo, Jablanica, Mostar. In gran parte contro i serbi: il copione si ripete, ma la contrapposizione contro i croati, cattolici, è forse pari a quella contro i serbi. In questo frangente, ecco un embrione delle future guerre “a geometria variabile”: più alleati e nemici, con i quali mercanteggiare sul campo di battaglia, trattare e combattere, alla bisogna.
Ecco cos’è quello che noi chiamiamo “False Flag”: perché, ai nostri occhi velati dal nostro modo di pensare – dagli Orazi e Curiazi fino alle trincee, alle mitragliatrici, ai tank, ai sommergibili – così appare. Non può che essere una costruzione, pensiamo, perché è assurdo: vi chiedo, gentilmente, di contare le assurdità della Jugoslavia o quelle, forse più conosciute, dell’Iraq tripartito fra curdi, sciiti e sunniti. Più le truppe occidentali, a tentare inutili mediazioni. Andiamo avanti.

Giunge la prima Guerra del Golfo: la sola, per importanza mediatica e sociologica. Un giovane Ennio Remondino – grande giornalista – inviato ad Amman per osservarla e riferire, ha una vera e propria illuminazione. Cito: “Ci stiamo giocando il sostegno delle borghesie arabe”. Ai più, la frase passa inosservata: e chi se ne frega delle borghesie arabe? Noantri semo più bbravi, semo forti...

In Paesi con scarsi apparati industriali, la borghesia è la classe dominante per antonomasia, nel senso che quasi “è” lo Stato: funzionari, militari, finanza, sanità, istruzione. Perdete la borghesia, e non ci sarà altra classe sociale sulla quale contare: avrete perso lo Stato, od il potere, se preferite. Siccome il potere è spesso sorretto dall’Occidente – pensiamo alla Giordania (GB) od al Libano (F), (accordo di Sèvres, 1920) – perdere il consenso della borghesia significa tranciare qualsiasi liaison con l’Occidente.

Non stiamo parlando di petrolio o di armi, bensì di sociologia: dobbiamo entrare nella mente di un borghese mediorientale, seduto sul divano di fronte ad Al-Jazeera, il quale ascolta, medita ed osserva. Pensa: ci bombardano come cani, ci massacrano, mentre Israele può fare tutto il c... che vuole e nessuno dice niente. Quelli hanno l’atomica e l’Iran non può averla: perché? L’ONU ha più volte richiamato, con risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e con voti dell’Assemblea, Israele: deve tornare nei confini ante 1966. E quelli se ne fottono. Per Saddam, un mese di tempo per sloggiare dal Kuwait, il quale gli doveva un sacco di soldi per la difesa contro l’Iran e, in aggiunta, grazie ai Bush-petrolieri, gli fotteva pure il petrolio, trivellando in diagonale dal confine kuwaitiano per “pescare” nel giacimenti iracheni. Ecco che passano sui teleschermi le immagini dei bambini bruciati, inceneriti...dei rifugi carbonizzati come scatole di fiammiferi ed il nostro funzionario di banca, o colonnello giordano pensa: perché dobbiamo sempre riverire questa gente? E’ dai tempi di Mossadeq che ci fregano, che ci rubano, che ci disprezzano. E’ il 1991. Un giovane nato in quell’anno, oggi ha 24 anni: quanti anni hanno i miliziani di Parigi?

Non starò a ricordarvi tutto quello che avvenne in Iraq ed Afghanistan dal 2003 in poi: se cercavate un luogo da trasformare in una grande madrassa(scuola islamica) a cielo aperto, lo avete trovato. Milioni di giovani che hanno visto i fratelli, i cugini con le schegge d’Uranio impoverito nelle carni, delle madri mute e piangenti ai loro capezzali mentre, in silenzio – e lentamente – morivano in ospedali sporchi, bombardati, fatiscenti, con pochissimi medici affannati che lottavano la loro impari guerra contro la morte.

Ma le guerre a geometria variabile lasciano anche altri orpelli, seminano mezzi di morte molto evoluti per tutti: quanti Stinger (missile terra-aria) hanno fornito gli USA agli afgani per usarli contro i sovietici? Eccoli che tornano: basta inquadrare il bersaglio, attendere che il reticolo acquisisca l’immagine del velivolo e premere il grilletto. Facile no? Un aereo militare può tentare virate al limite dei 9 G per fuggire, un velivolo civile cade come una pera. Poi ci sono i soldi, tanti: grazie a zacat e saddaqa (le forme di carità islamiche) si possono distribuire risorse, tante, a tutti coloro che desiderano combattere l’odiato nemico. Perché? Poiché l’Occidente non può fare a meno d’importare colossali petroliere tutti i giorni dell’anno dai giacimenti sauditi, kuwaitiani, iracheni...l’occidente deve far vorticare i suoi macinini a petrolio, altrimenti il PIL crolla, le azioni crollano, i finanzieri scappano. Magari proprio dalle parti del Golfo. C’è il turismo? Basta una sola sparatoria in un museo di Tunisi, e Costa Crociere e MSC cancellano tutti gli scali in Africa Settentrionale: adesso vedremo che fine farà Sharm el Sceik. Con meno soldi, anche i miliziani costano di meno: ieri con 1000 dollari – poniamo – ne inquadravi 10, oggi 20...o forse di più... C’è ancora un “regime” che si oppone a questo andazzo, è quello di Gheddafi: spazzato, anche con l’aiuto degli italiani coglioni.

Perché, vedete, il “False Flag” non si occupa delle singole azioni: ma vi figurate? Imposta una strategia, poi sono gli altri a fare. Perché l’Europa deve stare agli ordini USA, ma la Germania vuole fare affari con la Russia (Opel Magna, ad esempio) ed ai crucchi non frega nulla dei missili americani in Ucraina: la Crimea e l’Est possono pure tornare alla Russia, a noi importa poter impostare tante belle fabbriche di “made in Deutschland”, dove si costruisce con gente pagata (oggi) 100 euro il mese. E che volete che sia, gliene daremo 200 e saranno contenti! Il Donbass? Ma che se lo prenda pure Putin... Ecco, allora, che la Germania diventa amica e nemica allo stesso tempo, in un perfetto schema a più parti ed a “geometria variabile”. La Francia, perché la Francia?

Poiché il modo di pensare, il modo di vivere francese è il più odiato dagli islamici (odierni): sentito parlare di Illuminismo? Certo, anche i bombardamenti...ma la Francia non è mica l’unica a bombardare l’ISIS... Nella Baghdad del IX secolo, un certo Abu-l-Hasan Alì al-Masudi – un enciclopedista – affermò “solo la logica (kalam) può riconciliare in pieno ragione e fede”: l’affermazione gli costò 10 anni d’esilio al Cairo. Qui da noi, lo avremmo passato sulla graticola all’istante: Giordano Bruno insegna.

Ma, dalla Baghdad gaudente di quei secoli – una vera Parigi, per cultura e divertimenti: paradossale vero? – ad oggi c’è di mezzo un certo emiro, tale Al-Wahabi, il quale pensava che l’Islam dovesse essere il meno tollerante possibile e che la vita dovesse essere sofferenza e privazione. Nulla delle “prescrizioni” di Al-Wahabi è, ovviamente, contenuto nel Corano: dall’infinito tormentone sugli abiti delle donne islamiche al divieto di guidare autoveicoli per le donne saudite (Al-Wahabi era un uomo del 1700!). Ma strinse amicizia con un altro personaggio, un certo Al-Saud che – col trascorrere dei secoli – divenne il capostipite della casa regnante saudita. E i sauditi crearono questo regno anacronistico, dove si taglia la testa alle persone anche per un incidente stradale, dove non c’è un Parlamento e dove le donne non possono guidare per editto reale. Un pezzo di medio evo con, al posto delle carrozze a cavalli, le Rolls-Royce: un ricchissimo anacronismo.
Se vi recate in Bosnia, notate un particolare: le moschee – distrutte dalla recente guerra – sono state tutte ricostruite. Ma, al posto del tradizionale stile ottomano, sono tutte costruite in puro stile saudita: in altre parole, i sauditi esportano soldi (ne hanno tanti) e cultura. La loro, quella impostata da Al-Wahabi. Non stupitevi dunque se la parola “crociato” è ripiombata nel lessico, se si parla di nuovo della riconquista di Granada, oppure di Lepanto: tutti concetti di un tempo lontano i quali, se parlate con un magrebino, li conoscerà a menadito. Non gli eventi, le parole e basta: “un giorno” noi eravamo a Granada. Quale giorno? Eh, tempo fa...Quanto? Mah, tempo fa...Non lo sanno. Questa cultura raffazzonata non esce da Al-Azhar, si crea sul Web senza controllo: fa più un video dell’ISIS con colpi di mitra e gole tagliate di mille libri, questo è certo. Allora, perché la Francia?

Poiché, se ci riflettete un attimo, non c’è nulla di più distante del credo wahabita dal “credo” illuminista, che è proprio l’opposto di un credo, per questo è virgolettato. Da un lato, tutto discende dal “libro” (falso, dei dettami wahabiti nel Corano non c’è nulla) e deve essere seguito come parola di Allah, dall’altra tutto deve essere prima valutato, passato sotto la lente della ragione. Noi italiani non ci rendiamo conto dell’importanza di questa contrapposizione, poiché siamo una nazione che vive in mezzo al guado: le critiche anti-illuministe del Vaticano non sono un segreto. Altro paradosso: il Vaticano “terra dei crociati” e, lo stesso Vaticano, sulla stessa sponda dell’Islam radicale nei confronti dell’Illuminismo. Ma chi è questo Islam radicale?

Al-Qaeda di Al Zawahiri è troppo vecchia, troppo legata a schemi tradizionali per stare sulla scena: a ben vedere, Al-Zawahiri viene dal Cairo, da Al-Azhar, ha quasi 65 anni, concepisce la contrapposizione internazionale come uno schema mono-direzionale, non è in grado di comprendere lo schema a geometria variabile con più attori, che mutano le loro alleanze continuamente. Allora nasce l’ISIS. Da dove viene?

L’ISIS nasce a Tikrit, la città di Saddam Hussein: la prima azione violenta è l’uccisione di migliaia di reclute irachene che si recavano a Tikrit per prendere servizio. Con l’inganno, vengono prima dimesse, poi trucidate sulla via del ritorno: erano tutte reclute sciite. L’idea è quella di creare una contrapposizione allo strapotere sciita/curdo in Iraq, ritagliandosi un territorio a Nord (Ninive, ecc) con addentellati in Siria e nei territori curdi. Respinti dai curdi, si sono diretti verso la Siria: ecco perché la Russia si è mossa, poiché la Siria fa parte del “bastione Sud” della Russia, quello che protegge il Caucaso ed il mar Nero. Di più: c’è il porto di Tartus, unica base per la marina russa nel Mediterraneo. Notate come la Russia non si muova per altre aree, ma diventi terrificante (come risposta militare) quando si tocca il fianco Sud: vedi Georgia e, oggi, Siria. La Cecenia, guarda a caso, è sulla stessa strada. Che fare dunque?

La questione si chiuderà semplicemente lasciando lavorare i russi in pace: probabilmente, dopo Parigi, si muoveranno con più convinzione anche i francesi, se non altro per pressioni interne. In ogni modo, tre mesi di missione russa con 50 velivoli e l’ISIS scomparirà, non esisterà più come struttura militare. Un fallimento americano? Certo, ma gli USA – che continuano a credere alla dottrina Brezinskji – ne studieranno un’altra: sono degli sprovveduti della politica internazionale, capacissimi di vincere le guerre, ma totalmente inetti nel gestire la pace susseguente. Il vero sconfitto sarà l’Arabia Saudita, che ha fatto il passo più lungo della gamba, ma questo era nelle previsioni: di soldi, i sauditi, ne buttano ogni giorno che passa. Li segneranno, come tanti altri, nel capitolo di bilancio “bizzarrie”.

Una vera soluzione, per il Medio Oriente, passa soltanto attraverso una revisione del passato: gli accordi di Sèvres non si possono oramai cambiare, ma quelli relativi ad Israele sono ancora validi e si potrebbero rivedere, mi riferisco alle risoluzioni ONU. Altrimenti...andremo avanti così...morirà l’ISIS, si formerà al-qualcosa, poi al-qualunque...e così, via: senza la soluzione del problema palestinese, il mondo arabo non s’acquieterà mai.


Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it

Nessun commento:

Posta un commento