sabato 28 novembre 2015




Il flusso di persone dalla Turchia verso l'Europa è meno costante ma sempre molto intenso: oggi sono affondate due barche, in Macedonia ci sono molte persone bloccate

Negli ultimi giorni, soprattutto a causa della maggiore attenzione sul terrorismo in molti paesi europei dopo gli attacchi di Parigi, il problema della gestione dei migranti in arrivo in Europa è passato un po’ in secondo piano sui principali media europei e internazionali. Gli arrivi dal Medio Oriente attraverso la cosiddetta “rotta balcanica” – ancora oggi la più frequentata – stanno continuando, sebbene siano parzialmente diminuiti. Parallelamente stanno diminuendo i naufragi, anche se ancora oggi sono affondati due barconi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia.

Sulla terraferma, la tensione è da giorni molto alta soprattutto al confine fra Grecia e Macedonia, il cui governo già la settimana scorsa aveva deciso di impedire l’accesso al paese ai cosiddetti “migranti economici”, cioè persone che arrivano in Europa per sfuggire alla povertà e non alla guerra. Diversi migranti bloccati in Macedonia stanno protestando in vari modi contro il blocco alla frontiera, e giovedì alcuni di loro si sono scontrati con la polizia macedone. In tutto questo domenica 29 si terrà un nuovo incontro fra Turchia e Unione europea per trovare un accordo per limitare il flusso di migranti in arrivo proprio dalla Turchia.

Cos’è successo negli ultimi giorni
La notizia più rilevante di oggi è il naufragio di due barconi fra Turchia e Grecia. L’agenzia stampa statale turca Anadolu ha scritto che una barca diretta a Kos che trasportava 20 persone è affondata nei dintorni di Bodrum, in Turchia: la maggior parte delle persone a bordo si è salvata, ma sono annegate due sorelle di uno e quattro anni. Alcune ore dopo una barca con a bordo circa 55 persone è partita da Ayvacik, un’altra città turca, ed è affondata, causando la morte di quattro bambini afghani. Secondo una stima citata oggi da Human Rights Watch, solamente nel 2015 ci sono stati 585 dispersi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia.

L’altro luogo problematico da diversi giorni a questa parte è Idomeni, un paese greco al confine con la Macedonia: da questa estate è diventato il tratto di confine più trafficato della rotta balcanica fra Grecia e Macedonia, ma da circa una settimana le autorità macedoni impediscono il passaggio alle persone che non provengono da zone di guerra come Siria, Afghanistan e Iraq (lo stesso provvedimento è stato preso dalle autorità serbe sul confine con la Macedonia). Da giorni diverse centinaia di persone – giovedì erano circa 1.500 – sono accampate nella terra di nessuno fra Macedonia e Grecia, dato che sono state respinte dalle autorità macedoni. Secondo Associated Press almeno dieci personestanno facendo uno sciopero della fame per protestare contro la parziale chiusura del confine. Reuters ha scritto che giovedì centinaia di marocchini, algerini e pachistani hanno assalito la rete di filo spinato che separa i due confini: alcuni hanno tirato pietre alla polizia, altri hanno pregato in ginocchio i poliziotti di farli entrare. La polizia era schierata in tenuta antisommossa e ha riportato in Macedonia un gruppo di loro che era riuscito a passare il confine. L’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati,ha condannato da giorni la scelta di restringere il passaggio dei migranti sulla base della nazionalità.

Un po’ di cifre
Negli ultimi giorni i numeri delle persone che arrivano in Grecia dalla Turchia, e che cioè percorrono la prima tappa della “rotta balcanica”, sono stati molto variabili. Lunedì 23 per la prima volta da diverso temponemmeno un migrante è arrivato a Lesbo, mentre già mercoledì 25 secondo l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, una rispettata ONG internazionale, gli arrivi in Grecia dalla Turchia sono stati più di cinquemila. Gavin Lee, un giornalista di BBC che da mesi si sta occupando della “rotta balcanica”, ha detto comunque che finora a novembre sono arrivate in Grecia dalla Turchia in media 4.500 persone, contro le 6.800 di ottobre. Lee ha anche suggerito che la colpa possa essere del cattivo tempo, che già negli scorsi anni era il motivo principale per cui le migrazioni via mare si fermavano o quasi nel periodo invernale


fonte:ilpost

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