Distrutta una città, inquinati 500 Km del Rio Doce, manca l’acqua potabile, a rischio la fauna
Greenpeace Brasil ha partecipato alla manifestazione di protesta svoltasi il 16 novembre Rio de Janeiro contro la Vale, una delle società responsabili di uno dei più grandi disastri ambientale nella storia del Brasile. Il 5 novembre, a Mariana, nello Stato brasiliano del Minas Gerais, il cedimento di due dighe di bacini minerari della miniera di ferro Samarco ha provocato qualcosa che nei ricordi di noi italiani riporta alla tragedia del Vajont. Il fango tossico, che gli attivisti di Greenpeace hanno portato alla manifestazione per spargerlo a terra davanti alla sede della Vale – azionista di Samarco e sussidiaria della multinazionale anglo-australiana BHP Billiton – ha spazzato via persone, case e animali. Nel centro di Rio de Janeiro almeno 300 persone hanno protestato contro il più grande crimine ambientale nella storia del Minas Gerais e uno dei più grandi in Brasile. La presidente dl Brasile Dilma Rousseff, dopo aver sorvolato l’area colpita in elicottero, ha paragonato il disastro a quello dell’affondamento e dell’esplosione della piattaforma petrolifera BP Deepwater Horizon nel 2010 nel Golfo del Messico e il ministro dell’ambiente Izabella Teixeira ha parlato subito di «catastrofe ambientale».
Gli 80 litri di fango sparti da Greenpeace Brasil sono niente rispetto all’impressionante volume di acqua e scorie minerali vomitato dalle dighe lungo circa 500 km del bacino fluviale: 60 milioni di m3, l’equivalente di 25.000 piscine olimpioniche o il volume trasportato da circa 187 petroliere. Una valanga di fango tossico che sta causando un disastro del quale non si capisce ancora la dimensione, ma che ha fatto 9 morti, 19 dispersi che probabilmente nessuno troverà più e che ha tolto la casa a 500 persone.
Greenpeace Brasil ha cercato di capirlo risalendo quello che era il Rio Doce raccontando anche la tragedia degli indios Krenak che sono privi da giorni di acqua potabile.
I residenti di Governador Valadares sono certi di una cosa: il Rio Doce è morto. In questa città mineraria di oltre 270.000 abitanti, manca l’acqua potabile da almeno 11 giorni, dopo che il mare di fango e scvorie minerarie della miniera Samarco ha raggiunto il fiume principale che rifornisce la regione.
Il team di Greenpeace hanno parlato con i pescatori, le casalinghe e commercianti della città mineraria più grande del Brasile orientale, per capire come questa tragedia abbia sconvolto la loro vita quotidiana, facendone le vittime di uno dei più grandi crimini ambientali del nostro tempo.
La vita in alcuni quartieri di Governador Valadares sembra paralizzata: sono chiusi ristoranti, scuole e negozi e dai rubinetti della città è ripresa a scorrere acqua, ma è sporca, fangosa e non può nemmeno essere utilizzata per lavarsi: si rischia di essere contaminati.
I pescatori raccontano che il Rio Doce è diventato fango e che i pesci sono tutti morti e dicono: «Quello che è successo in quel fiume è la cosa peggiore che abbia mai visto in vita mia. Qui non abbiamo più pesce, non abbiamo più acqua. Il nostro fiume è morto».
L’esercito brasiliano da sabato scorso sta distribuendo acqua ai residenti in alcuni punti della città, anche nelle baraccopoli.
A Redenção, un centro abitato a 120 Km da Governador Valadares, gli indios Krenak hanno occupato la stazione ferroviaria di carico della Vale, bloccando il transito dei treni minerari in segno di protesta.
«La nostra richiesta? E’ l’acqua. Vogliamo l’acqua», dicono i leader di questo popolo indigeno decimato ma che continua a resistere. La terra ancestrale dei Krenak è stata tagliata a metà dalla ferrovia percorsa da treni che giorno trasportano migliaia di tonnellate di minerali. Le loro terre sono state occupate dagli agricoltori “bianchi” e il governo di Brasilia ha promesso indennizzi che non arrivano mai.
Euclid Krenak, un vecchio indios di 103 anni, ricorda piangendo con gli attivisti di Greenpeace Brasil i tempi di altre Uatu: «Quando ero più giovane che qui era tutto mato. Cacciavamo e pescavamo, giocavamo in acqua, facevamo il bagno al caldo … a quel tempo avevo 16 anni. Oggi, non abbiamo nemmeno l’acqua per bere, non abbiamo pesce, non posso più fare il bagno o nemmeno lavarmi le braccia nel fiume». .
I Krenak più giovani si sono dipinti con i colori di guerra ed hanno occupato i binari del treno, fianco a fianco, mostrando cartelli contro la Proposta de Emenda Constitucional (PEC) 215, che minaccia di mettere fine alla demarcazione delle terre indigene in Brasile. Donne e uomini Krenak cantavano insieme una canzone che parla del Rio Doce, piangendo così la morte del loro Uatu.
Daniel Krenak ha spiegato cosa significa la morte chimica del Rio Doce per la cultura Krenak: «E’ come la morte di un nostro parente, è la morte di un Krenak. Questo fiume è per noi un legame tra il passato, il presente e anche il futuro. Questo fiume è una parte di noi ed è morto».
Il blocco della ferrovia ha costretto i rappresentanti della Vale ad incontrare i Krenak, che hanno ottenuto la promessa che l’impresa mineraria installerà serbatoi, manderà camion per rifornire di acqua potabile i villaggi e dopo scaverà pozzi per attingere acqua non contaminata. Gli indios dovrebbero ricevere anche risarcimenti per i danni del disastro a pesca e caccia. Uno dei leader indigeni, Anderson Krenak dice che «Non sono altro che vuote promesse. Ma domani saremo di nuovo qui».
Ieri il procuratore di Minas Gerais ha stabilito una multa di 1 miliardo di reais come risarcimento ambientale per il disastro minerario della Samarco. Ma la Vale continua a dire che il fango che ha sommerso una intera città e che ha desertificato un bacino fluviale per centinaia di Km non è tossico e che l’acqua del fiume è così arancione solo perché c’è molto ferro. Invece, secondo gli scienziati nell’acqua del fiume ci sarebbero alti livelli delle sostanze chimiche – alcune delle quali non biodegradabili – utilizzate dalla Vale per purificare il minerale e che possono anche aumentare i livelli di pH fino ad un punto dannoso per l’ambiente e hanno un’elevata tossicità per gli organismi acquatici. Inoltre, basta semplicemente la colata di fanghi per modificare i percorsi dei torrenti locali, con un pesantissimo impatto sulla biodiversità. «E’ già chiaro che la fauna selvatica è stata uccisa da questo fango – ha detto alla Reuters Klemens Laschesfki, che insegna geoscienze all’università Federale di Minas Gerais – Dire che il fango non è un rischio per la salute è troppo semplicistico».
La valle del Rio Doce ha una lunga storia mineraria ma lo Stato del Minas Gerais è anche il più importante produttore di caffè e latte del Brasile e le sue stazioni termali sono una importante attrazione turistica. Negli ultimi anni, l’area è stata colpita da inondazioni e siccità, aggravate dagli sbarramenti minerari che consumano e inquinano una enorme quantità di acqua.
La Vale stava addirittura per rialzare il sistema di dighe crollato e si sta indagando se il bacino minerario fosse troppo pieno di fanghi quando ha ceduto. Inoltre sembra che fosse assente qualsiasi misura di prevenzione: nella miniera non è scattato nessun allarme. Il governo federale ha congelato 75 milioni di dollari della Vale per coprire eventuali danni.
Laschesfki aggiunge che «Quando il fango minerario si indurirà dice, renderà difficile l’agricoltura. E sul fondo del Rio Doce e degli affluenti che hanno portato il fango si depositerà così tanto limo che potrebbe cambiare lo stesso corso dello spartiacque. Molte regioni non saranno più le stesse».
Dato che il Rio Doce sfocia nell’Oceano Atlantico, gli ambientalisti temono che questo disastro raggiunga la costa e il biologo marino Andre Ruschi chiede su Facebook: «Chi ha avuto la brillante idea di aprire le dighe lungo il fiume?». La foce del Rio Doce è una zona di nidificazione di tartarughe marine in via di estinzione, un animale sensibile ai cambiamenti chimici nell’acqua. «E’ uno shock enorme per la natura» conclude David Zee, un oceanografo dell’università Statale di Rio de Janeiro.
Greenpeace Brasil ha partecipato alla manifestazione di protesta svoltasi il 16 novembre Rio de Janeiro contro la Vale, una delle società responsabili di uno dei più grandi disastri ambientale nella storia del Brasile. Il 5 novembre, a Mariana, nello Stato brasiliano del Minas Gerais, il cedimento di due dighe di bacini minerari della miniera di ferro Samarco ha provocato qualcosa che nei ricordi di noi italiani riporta alla tragedia del Vajont. Il fango tossico, che gli attivisti di Greenpeace hanno portato alla manifestazione per spargerlo a terra davanti alla sede della Vale – azionista di Samarco e sussidiaria della multinazionale anglo-australiana BHP Billiton – ha spazzato via persone, case e animali. Nel centro di Rio de Janeiro almeno 300 persone hanno protestato contro il più grande crimine ambientale nella storia del Minas Gerais e uno dei più grandi in Brasile. La presidente dl Brasile Dilma Rousseff, dopo aver sorvolato l’area colpita in elicottero, ha paragonato il disastro a quello dell’affondamento e dell’esplosione della piattaforma petrolifera BP Deepwater Horizon nel 2010 nel Golfo del Messico e il ministro dell’ambiente Izabella Teixeira ha parlato subito di «catastrofe ambientale».
Gli 80 litri di fango sparti da Greenpeace Brasil sono niente rispetto all’impressionante volume di acqua e scorie minerali vomitato dalle dighe lungo circa 500 km del bacino fluviale: 60 milioni di m3, l’equivalente di 25.000 piscine olimpioniche o il volume trasportato da circa 187 petroliere. Una valanga di fango tossico che sta causando un disastro del quale non si capisce ancora la dimensione, ma che ha fatto 9 morti, 19 dispersi che probabilmente nessuno troverà più e che ha tolto la casa a 500 persone.
Greenpeace Brasil ha cercato di capirlo risalendo quello che era il Rio Doce raccontando anche la tragedia degli indios Krenak che sono privi da giorni di acqua potabile.
I residenti di Governador Valadares sono certi di una cosa: il Rio Doce è morto. In questa città mineraria di oltre 270.000 abitanti, manca l’acqua potabile da almeno 11 giorni, dopo che il mare di fango e scvorie minerarie della miniera Samarco ha raggiunto il fiume principale che rifornisce la regione.
Il team di Greenpeace hanno parlato con i pescatori, le casalinghe e commercianti della città mineraria più grande del Brasile orientale, per capire come questa tragedia abbia sconvolto la loro vita quotidiana, facendone le vittime di uno dei più grandi crimini ambientali del nostro tempo.
La vita in alcuni quartieri di Governador Valadares sembra paralizzata: sono chiusi ristoranti, scuole e negozi e dai rubinetti della città è ripresa a scorrere acqua, ma è sporca, fangosa e non può nemmeno essere utilizzata per lavarsi: si rischia di essere contaminati.
I pescatori raccontano che il Rio Doce è diventato fango e che i pesci sono tutti morti e dicono: «Quello che è successo in quel fiume è la cosa peggiore che abbia mai visto in vita mia. Qui non abbiamo più pesce, non abbiamo più acqua. Il nostro fiume è morto».
L’esercito brasiliano da sabato scorso sta distribuendo acqua ai residenti in alcuni punti della città, anche nelle baraccopoli.
A Redenção, un centro abitato a 120 Km da Governador Valadares, gli indios Krenak hanno occupato la stazione ferroviaria di carico della Vale, bloccando il transito dei treni minerari in segno di protesta.
«La nostra richiesta? E’ l’acqua. Vogliamo l’acqua», dicono i leader di questo popolo indigeno decimato ma che continua a resistere. La terra ancestrale dei Krenak è stata tagliata a metà dalla ferrovia percorsa da treni che giorno trasportano migliaia di tonnellate di minerali. Le loro terre sono state occupate dagli agricoltori “bianchi” e il governo di Brasilia ha promesso indennizzi che non arrivano mai.
Euclid Krenak, un vecchio indios di 103 anni, ricorda piangendo con gli attivisti di Greenpeace Brasil i tempi di altre Uatu: «Quando ero più giovane che qui era tutto mato. Cacciavamo e pescavamo, giocavamo in acqua, facevamo il bagno al caldo … a quel tempo avevo 16 anni. Oggi, non abbiamo nemmeno l’acqua per bere, non abbiamo pesce, non posso più fare il bagno o nemmeno lavarmi le braccia nel fiume». .
I Krenak più giovani si sono dipinti con i colori di guerra ed hanno occupato i binari del treno, fianco a fianco, mostrando cartelli contro la Proposta de Emenda Constitucional (PEC) 215, che minaccia di mettere fine alla demarcazione delle terre indigene in Brasile. Donne e uomini Krenak cantavano insieme una canzone che parla del Rio Doce, piangendo così la morte del loro Uatu.
Daniel Krenak ha spiegato cosa significa la morte chimica del Rio Doce per la cultura Krenak: «E’ come la morte di un nostro parente, è la morte di un Krenak. Questo fiume è per noi un legame tra il passato, il presente e anche il futuro. Questo fiume è una parte di noi ed è morto».
Il blocco della ferrovia ha costretto i rappresentanti della Vale ad incontrare i Krenak, che hanno ottenuto la promessa che l’impresa mineraria installerà serbatoi, manderà camion per rifornire di acqua potabile i villaggi e dopo scaverà pozzi per attingere acqua non contaminata. Gli indios dovrebbero ricevere anche risarcimenti per i danni del disastro a pesca e caccia. Uno dei leader indigeni, Anderson Krenak dice che «Non sono altro che vuote promesse. Ma domani saremo di nuovo qui».
Ieri il procuratore di Minas Gerais ha stabilito una multa di 1 miliardo di reais come risarcimento ambientale per il disastro minerario della Samarco. Ma la Vale continua a dire che il fango che ha sommerso una intera città e che ha desertificato un bacino fluviale per centinaia di Km non è tossico e che l’acqua del fiume è così arancione solo perché c’è molto ferro. Invece, secondo gli scienziati nell’acqua del fiume ci sarebbero alti livelli delle sostanze chimiche – alcune delle quali non biodegradabili – utilizzate dalla Vale per purificare il minerale e che possono anche aumentare i livelli di pH fino ad un punto dannoso per l’ambiente e hanno un’elevata tossicità per gli organismi acquatici. Inoltre, basta semplicemente la colata di fanghi per modificare i percorsi dei torrenti locali, con un pesantissimo impatto sulla biodiversità. «E’ già chiaro che la fauna selvatica è stata uccisa da questo fango – ha detto alla Reuters Klemens Laschesfki, che insegna geoscienze all’università Federale di Minas Gerais – Dire che il fango non è un rischio per la salute è troppo semplicistico».
La valle del Rio Doce ha una lunga storia mineraria ma lo Stato del Minas Gerais è anche il più importante produttore di caffè e latte del Brasile e le sue stazioni termali sono una importante attrazione turistica. Negli ultimi anni, l’area è stata colpita da inondazioni e siccità, aggravate dagli sbarramenti minerari che consumano e inquinano una enorme quantità di acqua.
La Vale stava addirittura per rialzare il sistema di dighe crollato e si sta indagando se il bacino minerario fosse troppo pieno di fanghi quando ha ceduto. Inoltre sembra che fosse assente qualsiasi misura di prevenzione: nella miniera non è scattato nessun allarme. Il governo federale ha congelato 75 milioni di dollari della Vale per coprire eventuali danni.
Laschesfki aggiunge che «Quando il fango minerario si indurirà dice, renderà difficile l’agricoltura. E sul fondo del Rio Doce e degli affluenti che hanno portato il fango si depositerà così tanto limo che potrebbe cambiare lo stesso corso dello spartiacque. Molte regioni non saranno più le stesse».
Dato che il Rio Doce sfocia nell’Oceano Atlantico, gli ambientalisti temono che questo disastro raggiunga la costa e il biologo marino Andre Ruschi chiede su Facebook: «Chi ha avuto la brillante idea di aprire le dighe lungo il fiume?». La foce del Rio Doce è una zona di nidificazione di tartarughe marine in via di estinzione, un animale sensibile ai cambiamenti chimici nell’acqua. «E’ uno shock enorme per la natura» conclude David Zee, un oceanografo dell’università Statale di Rio de Janeiro.
fonte:greenrep
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