«Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. […] I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Bisogna chiarire questo equivoco di fondo… Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante. È un problema di vertici e di gestione della nazione, è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l’Italia».
Giuseppe Fava
Pierfrancesco Favino in una scena del film “Suburra”
Giuseppe Fava, noto giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel lontano 1984, aveva già presagito quel declino morale e culturale dell’Italia evidenziato egregiamente dal regista Stefano Sollima nel suo ultimo lungometraggio “Suburra“, in questo momento in programmazione nelle sale cinematografiche italiane.
Una pellicola sconvolgente che mostra in maniera cruda il legame inscindibile tra mafia, politica e Chiesa in una tetra e piovosa Roma del 2011 nella settimana precedente una cosiddetta “Apocalisse”.
Quella Roma, il cui lato oscuro viene catturato magistralmente dall’ottima fotografia di Paolo Carnera, flagellata da una pioggia incessante, assurge a simbolo di un’Italia ormai irrimediabilmente corrotta in due ore di film ipnotico e claustrofobico in cui vengono narrati in modo innovativo gli intrecci tra politici, mafiosi ed alti esponenti della Chiesa. Tratto dal libro di Giancarlo de Cataldo e Carlo Bonini, “Suburra” viene erroneamente incluso nel genere poliziesco; non si vede nemmeno l’ombra di una divisa delle cosiddette forze dell’ordine in una città dominata dalla criminalità e dal malaffare.
Pierfrancesco Favino nel ruolo dell’onorevole Filippo Malgradi
Suburra comincia e termina di notte sotto una violenta pioggia. Il regista inquadra inizialmente le aule parlamentari. La telecamera si sposta poi sugli interni di un albergo di prima classe, prosegue con una scena di inusitata violenza sullo sfondo di uno stabilimento balneare dato alle fiamme e si sofferma su una festa dentro una lussuosa e scintillante villa frequentata da politici ed escort.
Alla fine s’intravede un Papa, inquadrato di spalle, che confida qualcosa di particolarmente intimo e doloroso ad un prete. Apparentemente compaiono degli esseri umani, ma in realtà non si riesce a scorgere nessun essere vivente in quei volti il cui sguardo viene inizialmente inquadrato fugacemente.
Sin dalla prima scena la sensazione avvertita è quella di soffocamento e di terribile impotenza di fronte ad episodi di cui un po’ tutti siamo a conoscenza, ma che riescono egualmente a produrre un effetto scioccante in noi spettatori italiani, vittime di un sistema ormai radicato in tutto il paese e della cui consapevolezza non sappiamo più cosa farcene perché è impossibile arrestare quella metastasi che ha preso prepotentemente possesso delle nostre vite. E quando il film giunge alla fine non riesci quasi più a riprender fiato; la sensazione di annichilimento permane molte ore ancora dopo la visione.
Gli episodi narrati sono ispirati a fatti realmente accaduti ed il libro da cui è stato tratto il film, pubblicato prima dell’inchiesta di “Mafia Capitale“, si snoda intorno all’intenzione di alcune famiglie malavitose di dar vita ad Ostia ad una riproduzione di Las Vegas con casinò, locali notturni e scintillio di luci vagheggiati nello sguardo esaltato del giovane criminale Numero 8 (Alessandro Borghi), uno dei protagonisti, che ne fantastica la realizzazione dietro i vetri della sua lussuosa villa parlandone con enfasi alla sua fidanzata tossicodipendente Viola (Greta Scarano).
Alessandro Borghi nel ruolo di Numero 8
Personaggi sprezzanti e immorali dominano quella Roma tortuosa e incomprensibile in cui ogni evento pare annegare dentro pozzanghere ed i cosiddetti nostri “rappresentanti” pisciano nel vero senso della parola su di noi, passivi spettatori ormai di uno sfacelo senza alcuna via di ritorno.
Suburra, nell’antica Roma era il quartiere dei diseredati dalla società e con il passare del tempo, nel volgo romano si usa quel nome per riferirsi ai sordidi ambienti della malavita.
Ma adesso Suburra non è più ubicato nelle zone periferiche.
Non più ai margini, ma al centro di Roma.
Vaticano, Parlamento, lungomare di Ostia.
Tutto ormai è Suburra.
E non solo nella Roma plumbea e ostile della cui “grande bellezza” non s’intravede più nulla.
Numero 8 e Viola
In quella settimana da fine Impero in cui l’Apocalisse della caduta del governo di centro-destra e delle imminenti dimissioni del Papa, nell’immaginario collettivo visti come una liberazione, il parlamentareMalgradi (Pierfrancesco Favino) deve necessariamente sollecitare l’approvazione di una legge che permetta di edificare vicino il mare di Ostia affinché possa realizzarsi quella nuova Las Vegas sul mar Tirreno.
Malgradi non è un uomo integerrimo, frequenta abitualmente prostitute con cui si riempie di cocaina in incontri orgiastici.
Giulia Elettri Goretti è Sabrina, la escort che procura minorenni all’onorevole Malgradi
La morte di una delle prostitute minorenni con cui trascorre la notte, provocherà una guerra estremamente cruenta tra due clan rivali.
Un’altra figura facilmente ricattabile, a causa dei debiti contratti dal padre suicida, entra in questa giostra inestricabile, Sebastiano il PR (Elio Germano) che viene costretto a rendersi complice dello spietato boss di una potente famiglia rom.
Elio Germano nel ruolo di Sebastiano
La famiglia rom sarà coinvolta perché Sabrina(Giulia Elettri Goretti), la escort sopravvissuta alla notte brava insieme all’onorevole Malgradi, si rivolge ad un amico rom per far scomparire il cadavere dell’amica morta per overdose.
La ferocia di chi muove i fili di Roma, e quindi dell’Italia, sconvolge lo spettatore più sensibile pienamente conscio della mancanza di considerazione della sua esistenza ormai nelle mani della criminalità.
Una mafia gelida ed impassibile che reca il volto di Samurai (Claudio Amendola), ultimo erede della famigerata “Banda della Magliana“, che sembra agire isolatamente, non ha alcuna scorta dietro di sé, è conosciuto da tutti perché è lui ad avere in mano il potere assoluto. Lo si vede impegnato nel tentativo di stabilire l’ordine tra quei clan ormai decisi a tutti i costi ad entrare nel grande affare della Ostia da cementificare.
Lo scopo finale è quello di riuscire a far approvare quella legge prima della caduta del governo.
Ecco chi decide le leggi. Molti di noi avevano già intuito da tempo quella stretta relazione tra mafia e politica, ma il vederla schiaffata in faccia da un essere abominevole che guida il Parlamento e non mostra alcun timore verso le imminenti dimissioni del Primo Ministro, pronunciando delle parole di gattopardesca memoria, scuote profondamente il nostro animo. Impossibile restare indifferenti dinnanzi a cotanta arroganza.
A Samurai non importa nulla del cambiamento in atto, sa che non sarà affatto un’impresa ardua trovare un accordo con coloro che verranno dopo.
E la sua sicurezza in tale affermazione, sebbene sia ben chiara a molti, lascia precipitare il nostro animo in uno straziante sconforto. Il desiderio di lasciare per sempre questo paese diventa sempre più prepotente.
Claudio Amendola nel ruolo di Samurai
Quella decadenza presagita da Giuseppe Fava la sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle e non è facile nemmeno lasciar che la speranza di un mutamento storico avvenga; lo stesso regista ne è pienamente consapevole e ci dona un grande film sulla fine di una civiltà, ormai nelle mani della mafia, ed in cui prevale un istinto di sopravvivenza feroce che spinge i protagonisti, anche coloro estranei al mondo della criminalità organizzata, a commettere azioni illecite.
Stefano Sollima riesce a tenere lo spettatore in uno stato di continua tensione ritraendo un’umanità in balia dei propri istinti e scaraventando lo spettatore su una giostra impazzita con un sottofondo musicale avvolgente affidato agli M83.
Il libro da cui e’ tratto il film venne pubblicato durante un periodo ancora non sospetto. Oggi dell’inchiesta di “Mafia Capitale” si parla quotidianamente e si rischia anche l’assuefazione, sebbene molti di noi siano giunti da tempo alla conclusione che ormai sia troppo tardi per poter arrestare questo cancro incurabile che si nutre di quel che resta di un paese attonito e rassegnato.
Suburra è un film che riesce ad appassionare e sconvolgere lo spettatore per quei veloci dettagli mostrati in scene di ordinario squallore dentro la villa della famiglia mafiosa dei rom, traboccante di oro e opulenza, ed in cui donne, figli, nipoti e cugini vivono nello stesso ambiente, giocano a pallone dentro casa e non mostrano stupore alcuno se qualcuno, all’improvviso, tira fuori un coltello e minaccia la vittima di turno per costringerla a parlare.
Ed ancora sono messe in risalto le scene ambientate ad Ostia in cui Numero 8 e Viola si nascondono dentro una baracca di pescatori vivendo come eremiti con primi piani che mettono in risalto un mondo interiore impossibile da catturare.
Una recensione non sarebbe sufficiente per descrivere l’ottima prova recitativa di tutti gli interpreti ed in modo particolare di Pierfrancesco Favino e di Alessandro Borghi.
Un film che merita di esser visto non solo per la sua spietata attualità, ma per poter sognare di pianificare una nuova esistenza in un posto differente da chi ha avuto la sventura di nascere qui.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio.
Giuseppe Fava
Pierfrancesco Favino in una scena del film “Suburra”
Giuseppe Fava, noto giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel lontano 1984, aveva già presagito quel declino morale e culturale dell’Italia evidenziato egregiamente dal regista Stefano Sollima nel suo ultimo lungometraggio “Suburra“, in questo momento in programmazione nelle sale cinematografiche italiane.
Una pellicola sconvolgente che mostra in maniera cruda il legame inscindibile tra mafia, politica e Chiesa in una tetra e piovosa Roma del 2011 nella settimana precedente una cosiddetta “Apocalisse”.
Quella Roma, il cui lato oscuro viene catturato magistralmente dall’ottima fotografia di Paolo Carnera, flagellata da una pioggia incessante, assurge a simbolo di un’Italia ormai irrimediabilmente corrotta in due ore di film ipnotico e claustrofobico in cui vengono narrati in modo innovativo gli intrecci tra politici, mafiosi ed alti esponenti della Chiesa. Tratto dal libro di Giancarlo de Cataldo e Carlo Bonini, “Suburra” viene erroneamente incluso nel genere poliziesco; non si vede nemmeno l’ombra di una divisa delle cosiddette forze dell’ordine in una città dominata dalla criminalità e dal malaffare.
Pierfrancesco Favino nel ruolo dell’onorevole Filippo Malgradi
Suburra comincia e termina di notte sotto una violenta pioggia. Il regista inquadra inizialmente le aule parlamentari. La telecamera si sposta poi sugli interni di un albergo di prima classe, prosegue con una scena di inusitata violenza sullo sfondo di uno stabilimento balneare dato alle fiamme e si sofferma su una festa dentro una lussuosa e scintillante villa frequentata da politici ed escort.
Alla fine s’intravede un Papa, inquadrato di spalle, che confida qualcosa di particolarmente intimo e doloroso ad un prete. Apparentemente compaiono degli esseri umani, ma in realtà non si riesce a scorgere nessun essere vivente in quei volti il cui sguardo viene inizialmente inquadrato fugacemente.
Sin dalla prima scena la sensazione avvertita è quella di soffocamento e di terribile impotenza di fronte ad episodi di cui un po’ tutti siamo a conoscenza, ma che riescono egualmente a produrre un effetto scioccante in noi spettatori italiani, vittime di un sistema ormai radicato in tutto il paese e della cui consapevolezza non sappiamo più cosa farcene perché è impossibile arrestare quella metastasi che ha preso prepotentemente possesso delle nostre vite. E quando il film giunge alla fine non riesci quasi più a riprender fiato; la sensazione di annichilimento permane molte ore ancora dopo la visione.
Gli episodi narrati sono ispirati a fatti realmente accaduti ed il libro da cui è stato tratto il film, pubblicato prima dell’inchiesta di “Mafia Capitale“, si snoda intorno all’intenzione di alcune famiglie malavitose di dar vita ad Ostia ad una riproduzione di Las Vegas con casinò, locali notturni e scintillio di luci vagheggiati nello sguardo esaltato del giovane criminale Numero 8 (Alessandro Borghi), uno dei protagonisti, che ne fantastica la realizzazione dietro i vetri della sua lussuosa villa parlandone con enfasi alla sua fidanzata tossicodipendente Viola (Greta Scarano).
Alessandro Borghi nel ruolo di Numero 8
Personaggi sprezzanti e immorali dominano quella Roma tortuosa e incomprensibile in cui ogni evento pare annegare dentro pozzanghere ed i cosiddetti nostri “rappresentanti” pisciano nel vero senso della parola su di noi, passivi spettatori ormai di uno sfacelo senza alcuna via di ritorno.
Suburra, nell’antica Roma era il quartiere dei diseredati dalla società e con il passare del tempo, nel volgo romano si usa quel nome per riferirsi ai sordidi ambienti della malavita.
Ma adesso Suburra non è più ubicato nelle zone periferiche.
Non più ai margini, ma al centro di Roma.
Vaticano, Parlamento, lungomare di Ostia.
Tutto ormai è Suburra.
E non solo nella Roma plumbea e ostile della cui “grande bellezza” non s’intravede più nulla.
Numero 8 e Viola
In quella settimana da fine Impero in cui l’Apocalisse della caduta del governo di centro-destra e delle imminenti dimissioni del Papa, nell’immaginario collettivo visti come una liberazione, il parlamentareMalgradi (Pierfrancesco Favino) deve necessariamente sollecitare l’approvazione di una legge che permetta di edificare vicino il mare di Ostia affinché possa realizzarsi quella nuova Las Vegas sul mar Tirreno.
Malgradi non è un uomo integerrimo, frequenta abitualmente prostitute con cui si riempie di cocaina in incontri orgiastici.
Giulia Elettri Goretti è Sabrina, la escort che procura minorenni all’onorevole Malgradi
La morte di una delle prostitute minorenni con cui trascorre la notte, provocherà una guerra estremamente cruenta tra due clan rivali.
Un’altra figura facilmente ricattabile, a causa dei debiti contratti dal padre suicida, entra in questa giostra inestricabile, Sebastiano il PR (Elio Germano) che viene costretto a rendersi complice dello spietato boss di una potente famiglia rom.
Elio Germano nel ruolo di Sebastiano
La famiglia rom sarà coinvolta perché Sabrina(Giulia Elettri Goretti), la escort sopravvissuta alla notte brava insieme all’onorevole Malgradi, si rivolge ad un amico rom per far scomparire il cadavere dell’amica morta per overdose.
La ferocia di chi muove i fili di Roma, e quindi dell’Italia, sconvolge lo spettatore più sensibile pienamente conscio della mancanza di considerazione della sua esistenza ormai nelle mani della criminalità.
Una mafia gelida ed impassibile che reca il volto di Samurai (Claudio Amendola), ultimo erede della famigerata “Banda della Magliana“, che sembra agire isolatamente, non ha alcuna scorta dietro di sé, è conosciuto da tutti perché è lui ad avere in mano il potere assoluto. Lo si vede impegnato nel tentativo di stabilire l’ordine tra quei clan ormai decisi a tutti i costi ad entrare nel grande affare della Ostia da cementificare.
Lo scopo finale è quello di riuscire a far approvare quella legge prima della caduta del governo.
Ecco chi decide le leggi. Molti di noi avevano già intuito da tempo quella stretta relazione tra mafia e politica, ma il vederla schiaffata in faccia da un essere abominevole che guida il Parlamento e non mostra alcun timore verso le imminenti dimissioni del Primo Ministro, pronunciando delle parole di gattopardesca memoria, scuote profondamente il nostro animo. Impossibile restare indifferenti dinnanzi a cotanta arroganza.
A Samurai non importa nulla del cambiamento in atto, sa che non sarà affatto un’impresa ardua trovare un accordo con coloro che verranno dopo.
E la sua sicurezza in tale affermazione, sebbene sia ben chiara a molti, lascia precipitare il nostro animo in uno straziante sconforto. Il desiderio di lasciare per sempre questo paese diventa sempre più prepotente.
Claudio Amendola nel ruolo di Samurai
Quella decadenza presagita da Giuseppe Fava la sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle e non è facile nemmeno lasciar che la speranza di un mutamento storico avvenga; lo stesso regista ne è pienamente consapevole e ci dona un grande film sulla fine di una civiltà, ormai nelle mani della mafia, ed in cui prevale un istinto di sopravvivenza feroce che spinge i protagonisti, anche coloro estranei al mondo della criminalità organizzata, a commettere azioni illecite.
Stefano Sollima riesce a tenere lo spettatore in uno stato di continua tensione ritraendo un’umanità in balia dei propri istinti e scaraventando lo spettatore su una giostra impazzita con un sottofondo musicale avvolgente affidato agli M83.
Il libro da cui e’ tratto il film venne pubblicato durante un periodo ancora non sospetto. Oggi dell’inchiesta di “Mafia Capitale” si parla quotidianamente e si rischia anche l’assuefazione, sebbene molti di noi siano giunti da tempo alla conclusione che ormai sia troppo tardi per poter arrestare questo cancro incurabile che si nutre di quel che resta di un paese attonito e rassegnato.
Suburra è un film che riesce ad appassionare e sconvolgere lo spettatore per quei veloci dettagli mostrati in scene di ordinario squallore dentro la villa della famiglia mafiosa dei rom, traboccante di oro e opulenza, ed in cui donne, figli, nipoti e cugini vivono nello stesso ambiente, giocano a pallone dentro casa e non mostrano stupore alcuno se qualcuno, all’improvviso, tira fuori un coltello e minaccia la vittima di turno per costringerla a parlare.
Ed ancora sono messe in risalto le scene ambientate ad Ostia in cui Numero 8 e Viola si nascondono dentro una baracca di pescatori vivendo come eremiti con primi piani che mettono in risalto un mondo interiore impossibile da catturare.
Una recensione non sarebbe sufficiente per descrivere l’ottima prova recitativa di tutti gli interpreti ed in modo particolare di Pierfrancesco Favino e di Alessandro Borghi.
Un film che merita di esser visto non solo per la sua spietata attualità, ma per poter sognare di pianificare una nuova esistenza in un posto differente da chi ha avuto la sventura di nascere qui.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio.
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