domenica 22 novembre 2015

L’ARABIA SAUDITA CONDANNA A MORTE UN ARTISTA

Un tribunale lo ha condannato a quattro anni di carcere e 800 frustate, ma dopo l'appello il giudice ha approvato la condanna a morte


Un poeta e artista palestinese è stato condannato a morte da un tribunale dell’Arabia Saudita, paese dove è nato da genitori palestinesi, per aver abbandonato la sua fede musulmana.

Ashraf Fayadh è accusato di aver promosso l’ateismo con i suoi testi inclusi nell’antologia poetica Instructions within (2008), di aver avuto relazioni illecite e di aver minacciato la moralità saudita, ma anche per aver fumato e per avere i capelli lunghi. La sentenza è stata emessa il 17 novembre ed è previsto che Fayadh possa presentare una richiesta d’appello entro trenta giorni.

Fayadh, 35 anni, è rappresentante dell’organizzazione di artisti britannico-saudita Edge of Arabia. Nel 2013 è stato tra i curatori della mostra Rhizoma alla Biennale di Venezia.

È stato arrestato nel gennaio del 2014 e nel maggio dello stesso anno è stato condannato a quattro anni di prigione e 800 frustate da un tribunale di Abha, nel sudovest dell’Arabia Saudita. Dopo che il suo primo ricorso è stato respinto, una nuova corte lo ha condannato a morte.

Mona Kareem, poeta e attivista per i diritti dei migranti che ha lanciato una campagna per la liberazione di Fayadh, ha detto al Guardian che il poeta non può chiedere a un avvocato di difenderlo perché dal giorno del suo arresto non ha più i documenti d’identità. Secondo Kareem, Fayadh sarebbe vittima di discriminazione perché di origine palestinese. Durante le udienze il poeta ha dichiarato di essere musulmano e ha respinto le accuse.

Adam Coogle, ricercatore in Medio Oriente per Human Rights Watch, ha dichiarato : "Ho letto i documenti processuali del verdetto della corte nel 2014 e un altro dal 17 novembre. E evidente che è stato condannato a morte per apostasia." Mona Kareem, un’attivista del Kuwait che sta guidando la campagna per la difesa del poeta, ha detto al Guardian: «Per un anno e mezzo gli hanno promesso un appello e hanno continuato a minacciarlo di avere nuove prove». Kareem ha detto anche che il giudice che ha fatto il nuovo processo a Fayadh (quello che l’ha condannato a morte) non gli ha nemmeno mai parlato. In molti credono – e Kareem è una di loro – che la vera ragione della condanna di Fayadh stia in un video che lui ha pubblicato mesi fa su YouTube. Il video – girato a Abha e ora non più online – mostrava i mutaween sauditi (una polizia religiosa, che vigila sul rispetto della sharia) mentre fustigavano un uomo in pubblico. Kareem ha anche spiegato che l’accanimento nei confronti di Fayadh è motivato anche dal fatto che, sebbene sia nato in Arabia Saudita, è un rifugiato palestinese.

La pena di morte in Arabia Saudita, in ossequio ad un'interpretazione rigida della Sharia, è prevista per vari reati, tra i quali: omicidio, stupro, rapina a mano armata, traffico di droga, stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità, rapina su autostrada, sabotaggio e apostasia, ovvero la rinuncia della religione Islamica.

Sono previsti tre metodi di esecuzione, ovvero l'impiccagione, la lapidazione e la decapitazione: quest'ultimo è il sistema più applicato (nel 2005 tutte le esecuzioni sono avvenute per decapitazione) anche se vi sono talvolta impiccagioni e lapidazioni.

Il caso di Faydh non è isolato: nel gennaio di quest’anno, lo scrittore liberale Raif Badawi veniva fustigat0 50 volte dopo la sua condanna a 10 anni di carcere, e 1.000 frustate per blasfemia lo scorso anno, suscitando una protesta internazionale.

I giudici sauditi hanno libertà di imporre le condanne in base alla propria interpretazione della Sharia, senza riferimento ad alcun casi precedenti.

La condanna di Fayadh si basa sulla testimonianza di un teste dell'accusa, il quale sosteneva di averlo sentito imprecare contro Dio, contro Maometto e contro l'Arabia Saudita.

Il caso è andato alla corte d'appello saudita ed è stato poi restituito al tribunale di grado inferiore, dove un giudice diverso, il 17 novembre, ha aumentato la condanna a morte.

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