La differenza è tutta in una parola: rappresentanza. In Svizzera per referendum si può cambiare tutto. Anche e soprattutto la Costituzione. I cittadini fanno una proposta (bastano 100mila firme), si va a votare e la mattina dopo la Confederazione deve prenderne atto. Gli articoli 138 e 139 della Carta svizzera prevedono modifiche totali o parziali della costituzione. Gli svizzeri non passano attraverso i veti dei partiti, 8 milioni di emendamenti o i talk show. Vanno a votare. Di recente uno studio ha certificato che gli svizzeri sono il popolo più felice al mondo. Non sarà certo per la cioccolata.
Sono infine i Comuni, articolo 3, che si titola “Federalismo”, a essere sovrani. Berna si adegua. Recita l’articolo 3: “I Cantoni sono sovrani per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti non delegati alla Confederazione”. Punto. La Confederazione deve stare al suo posto.
In Italia, invece, i referendum non si fanno, se si fanno non servono, quando si vogliono fare non si raccolgono soldi abbastanza per farli, e se si chiedono per cambiare la Costituzione o avviare un iter consultivo, la Corte Costituzionale li dichiara eversivi.
L’Italia però è formalmente dichiarata una Repubblica. Ma lo era anche la Germania dell’Est, una Repubblica. E lo è anche la Cina, una Repubblica. O lo era la Cecoslovacchia. Differenze? Appunto.
L’Italia, quando cade un sindaco, manda il prefetto a governare con i vicecommissari, gli indennizzi dei commissari prefettizi e dei loro vice.
Ma l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Devono lavorare tutti. Soprattutto gli italiani per pagare la casta.
Le prefetture svolgono di fatto un ruolo di surroga. Dove la politica fa acqua, arriva il prefetto, il commissario di governo. Come la magistratura, più o meno, che ha svolto e svolge spesso un potere di surroga davanti ai partiti che mettono a governare persone che poi finiscono in manette.
Senza prefetti e magistrati, l’Italia non potrebbe a questo punto stare in piedi. I sindaci non sanno governare, chi lo vorrebbe fare ha il patto di stabilità che lo ferma. Chi vuole vincere o partecipare ad un appalto, se non paga la mazzetta alla dirigente che vigila sugli appalti delle strade, resta fuori. Chi a Roma voleva offrire un servizio, pagava dazio in qualche ufficio del Campidoglio. Un sistema fitto e consolidato di corruzione che passa dall’impiegato al dirigente all’assessore.
Il cittadino che può dunque pensare? Che non c’è classe politica all’altezza del governo della cosa pubblica, e per fortuna quindi che ancora esistono i prefetti. Le regioni in 40 anni poi hanno dato mostra di sè come luoghi di dissipazione del denaro dei cittadini. Aboliamole, accorpiamole, che tanto non servono. Cosa ci resta? Il Comune? Neanche, perché è l’esattore del tuo territorio. Serve a farti pagare le tasse.
L’unica cosa che resta da fare al cittadino è smettere di andare a votare, perché tanto questo è un paese che non vuole e non può cambiare. Una repubblica monarchica in cui si va alla tolda di comando per successione. Non si somigliano infatti tutti?
.lindipendenzanuova.
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