domenica 20 dicembre 2015

ALBERT RIVERA: ESTREMISTA DI CENTRO, RIVOLUZIONARIO BORGHESE. IDENTIKIT DEL LEADER CIUDADANOS, ARBITRO DEL VOTO DI SPAGNA



Un altro leader atipico si affaccia alla ribalta dell'Europa. È Albert Rivera, leader del movimento spagnolo dei Ciudadanos, che alle elezioni politiche di domenica potrebbe rottamare in via definitiva il bipolarismo spagnolo, già incrinato due anni fa dal fenomeno Podemos. I sondaggi della vigilia gli attribuiscono un incredibile 18,2 per cento. Sarà lui l'arbitro della partita per un governo di coalizione con i Popolari di Rajoy (25 per cento) che potrebbe lasciare i socialisti di Pedro Sanchez (21 per cento) all'opposizione insieme alla sinistra di Podemos (19 per cento).

Rivera in tre o quattro anni è diventato il “fidanzato di Spagna”. Un recente e bizzarro test del La Vanguardia lo ha indicato non solo come il più bello ma anche come il più affidabile in una relazione d'amore, il migliore nel parlare l'inglese e il più amato dagli accademici. Con calcolata abilità (o ambiguità, secondo molti) ha costruito il suo racconto oltre le categorie di destra e di sinistra, rifiutando ogni etichetta novecentesca a cominciare da quella di “liberale”, che forse sarebbe la migliore per definirlo. Il suo trampolino di lancio sono state le proposte contro la corruzione e una speciale disinvoltura nell'uso dei media – nel 2006, candidato presidente in Catalogna, posò nudo per un manifesto elettorale suscitando un putiferio – ma soprattutto la rivalutazione dell'orgoglio spagnolo e la battaglia contro l'indipendentismo catalano.


Il fidanzato di Spagna, per paradosso, preoccupa soprattutto l'area progressista, alla quale sottrae voti promettendo un cambiamento senza traumi né salti nel buio in economia e un allargamento dei diritti individuali, dall'eutanasia alla legalizzazione della cannabis. "È la nemesi di Iglesias, la criptonite che può indebolirlo", dice chi lo accusa di essere un prodotto di laboratorio delle élite economiche. Insomma, una merce ben confezionata per tagliare la strada a Podemos, grazie anche a un programma di riforme istituzionali e sociali che rieccheggia il Renzi rottamatore prima maniera: abolizione di province e Senato e accorpamento dei Comuni sotto i 5mila abitanti per finanziare integrazioni pubbliche agli stipendi più bassi e sei mesi di permesso retribuito alle neo-mamme.

Così, se i numeri dei sondaggi fossero confermati, la categoria dei populismi europei (ma possono ancora essere definiti così?) si arricchirebbe di una nuova opzione: gli estremisti di centro. Con un minimo comune denominatore rispetto ad altre esperienze di segno diametralmente opposto come il Front Nazional e Syriza, e cioè la riaffermazione del primato nazionale, l'orgoglio identitario dell'essere spagnoli, francesi, greci. Questa riscoperta di forme di sovranismo – “sentimentale” prima che politica – è stata finora combattuta dalle forze tradizionali nel nome dell'irreversibilità della costruzione europea così come la conosciamo, ma prima o poi si dovrà trovare una mediazione tra la difesa acritica del sistema e gli stati d'animo di fasce sempre più larghe delle opinioni pubbliche di tutto il Vecchio Continente.

Il giovane Rivera, il rivoluzionario borghese che si ispira apertamente ad Adolfo Suarez, accusato dalla sinistra di essere "una sottomarca della destra" e dalla destra di essersi "venduto alla sinistra" offre una possibilità inedita. In controtendenza rispetto ai leader che chiedono meno Europa per riscattare i loro Paesi, vuole una polizia europea, un servizio segreto europeo, un esercito europeo, regole fiscali europee, con il dichiarato obbiettivo di sottrarre gli spagnoli a un destino sudamericano e portarli alla pari "con la Danimarca, la Germania, la Svezia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, i migliori Paesi del mondo". Insomma, un ultrà dell'europeismo, visto come connessione indispensabile per lo sviluppo di chi finora ha giocato in serie B.

È questa l'operazione ardita che domenica passerà al vaglio dell'elettorato spagnolo, ed è su questo crinale che Madrid potrebbe assistere alla fine, dopo trent'anni, dell'ininterrotta alternanza di governo tra Popolari e Socialisti: l'ennesimo segnale del declino del modello bipolare che arranca in tutta Europa, e che ovunque, nonostante sia blindato da leggi elettorali quasi impenetrabili, barrage e lussuosi premi di maggioranza, deve in qualche modo arrendersi a nuovi soggetti.

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