il vertice Ue-Turchia scorre senza scossoni e in tre ore mantiene le promesse. I leader europei firmano: ad Ankara tre miliardi per tenersi a casa i rifugiati siriani che negli ultimi mesi aveva spinto alle frontiere. E da ottobre 2016, i turchi gireranno liberamente dentro Schengen. Il consenso elettorale della Merkel è salvo, l’anima dell’Europa meno…
1. TRE MILIARDI ALLA TURCHIA È L’AIUTO UE PER I MIGRANTI
RENZI: NO FRASI MUSCOLARI
Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
Sono in pochi a dire quello che tutti pensano, a criticare, seppure non con energia tale da far saltare il tavolo, l’atteggiamento sempre più autoritario di Erdogan. Così il vertice Ue-Turchia scorre senza scossoni e in tre ore mantiene le promesse. I leader europei firmano la dichiarazione grazie alla quale ad Ankara andranno tre miliardi per aiutare ad ospitare i 2,2 milioni di rifugiati siriani diretti in l’Europa.
C’è l’impegno a liberalizzare i visti per i turchi che vorranno viaggiare nel Vecchio Continente e c’è la ripartenza del negoziato di adesione all’Ue. In cambio i turchi promettono di chiudere le frontiere, di non permettere più che centinaia di migliaia di migranti salpino verso le coste greche per poi incolonnarsi sulla rotta balcanica e arrivare in Nord Europa. Richiesta fondamentale per Angela Merkel e per le istituzioni di fronte a una crisi, quella dei migranti, che sta minando la coesione europea e indebolisce la leadership di diversi capi di governo.
Ieri Erdogan però non si è presentato a Bruxelles, ha mandato il premier Davutoglu. Gli europei, dal canto loro, non hanno ancora deciso chi metterà i soldi: la Commissione propone di pagare 500 milioni chiedendo che gli altri 2,5 miliardi vengano sborsati dai governi, che però non ne vogliono sapere.
Quando alla riapertura dei negoziati di adesione, viene indicato un solo capitolo (politica economica) mentre vengono stralciati gli altri cinque su richiesta di Cipro e Grecia che non vogliono promettere troppo ai turchi. Sul tavolo anche l’impegno europeo di prendersi carico di parte dei rifugiati accolti in Turchia in cambio della chiusura delle rotte migratorie.
La Merkel ha riunito i leader di Austria, Svezia, Finlandia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Grecia e la stampa tedesca ha parlato di un numero tra i 100 e i 400mila richiedenti asilo che verrebbero redistribuiti tra i Ventotto. Il premier olandese Mark Rutte ha però smentito la cifra. Visto il ritardo con il quale i governi stanno procedendo allo smistamento di 160mila siriani sbarcati in Italia e Grecia, a Bruxelles ci si aspetta che i numeri finali saranno ben più contenuti.
Nella dichiarazione finale non vengono stigmatizzati i diritti umani violati, l’ambiguità della politica di Erdogan in Siria, la libertà di stampa sotto pressione e la tensione con Putin.Gli europei però sperano che la riattivazione dei rapporti politici con Ankara possa addolcire Erdogan. Le critiche al Sultano vengono poste solo da alcuni leader e dall’Alto rappresentante Federica Mogherini. Arrivando a Bruxelles Renzi premette: «Teniamo alta l’asticella sui diritti umani»
Nel vertice afferma di avere con sé la lettera ai leader Ue dei due giornalisti turchi imprigionati da Erdogan per avere scavato sui rapporti tra Ankara e Daesh: «Non possiamo far finta che non ci sia così come non è possibile far finta di nulla sulla questione curda». Renzi con la stampa parla anche di Siria, difendendo la scelta di non bombardare senza prima avere una strategia politica: «La posizione italiana è la più forte in prospettiva, le grandi crisi non si risolvono con qualche dichiarazione muscolare, ci vuole la diplomazia».
2. UN ACCORDO FIRMATO SOTTO IL RICATTO DI ERDOGAN SUI RIFUGIATI
Andrea Bonanni per “la Repubblica”
Negoziare su tutto, non dire mai di no, guadagnare tempo, evitare temi controversi: messi sotto ricatto dalla Turchia, che controlla il rubinetto dei rifugiati, gli europei hanno applicato le regole base di qualsiasi buon negoziatore in una presa di ostaggi. Il primo vertice euro-turco si è concluso ieri a Bruxelles con l’adozione di un «action plan» che contiene molte promesse, tutte da verificare, in cambio dell’impegno turco a frenare l’afflusso di migranti irregolari verso le coste europee, anche quello tutto da verificare. Raramente, nella storia pur non lineare della diplomazia europea, la distanza tra le cose dette e le cose veramente pensate è stata più grande.
Gli europei promettono di dare tre miliardi ai turchi per aiutarli nell’accoglimento dei due milioni di rifugiati siriani. Ma chi dovrà mettere i soldi, come e quando, non è ancora definito. Altra promessa europea è la liberalizzazione del sistema dei visti di ingresso, che dovrebbe scattare a ottobre.
Ma si tratterà solo di visti turistici per tre mesi. E, secondo il premier bulgaro Borisov, la liberalizzazione potrebbe essere ristretta solo ad alcune categorie professionali, come imprenditori o studenti turchi che vogliono venire in Europa. Infine Bruxelles si impegna a riaprire una serie di capitoli nel negoziato di adesione della Turchia alla Ue, bloccati da anni per il veto franco-tedesco. Ma, anche qui, la distanza tra l’apertura di un negoziato e la sua chiusura resta grande sopratutto se, come dice Renzi, «bisogna mantenere alta l’asticella » degli standard europei.
Non è che ai turchi queste reticenze ed ambiguità europee siano sfuggite. Ma il solo fatto di aver costretto i ventotto capi di governo dell’Ue a venire in questo vertice per dimostrare la loro volontà di ristabilire relazioni privilegiate con Ankara è una vittoria politica per il regime di Tayyp Erdogan, che si trova in questo momento sotto il fuoco di riflettori ben poco amichevoli.
L’abbattimento dell’aereo russo, la condanna di due giornalisti che avevano rivelato le complicità turche con Daesh, l’uccisione dell’avvocato dei curdi, definita da Ankara «un incidente», pongono in questo momento la Turchia ai margini dell’Occidente e della coalizione internazionale che si sta delineando per combattere l’Is.
Il vertice di ieri, evitando di sollevare tutti questi problemi, ha ridato ad Erdogan una patina di rispettabilità internazionale di cui il presidente turco ha, in questo momento, disperatamente bisogno. Non tutti, però, hanno fatto finta di niente. Ieri al tavolo del Consiglio europeo Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera della Ue, ha puntualmente sollevato, sia pure in modo diplomatico, le molte questioni che in questo momento avvelenano i rapporti con la Turchia.
«Tutti noi sappiamo che, al di là dell’incontro di oggi, viviamo in tempi molto duri e dobbiamo lavorare con la Turchia su questioni difficili ma molto importanti per tutti noi: dalla Siria alla situazione interna turca», ha detto Mogherini, citando, tra l’altro, «i diritti umani, la libertà di stampa e la necessità di riavviare il processo di pace con i curdi».
Questi temi, comunque, ieri sono rimasti fuori dalle conclusioni finali. Quello che resta è il riconoscimento da parte europea che la questione turca non può più essere ignorata. E che, come ha detto ieri il premier turco Ahmet Davutoglu, «tutti i Paesi sono d’accordo sul fatto che la Turchia e la Ue hanno un destino comune». Poco importa se questo riconoscimento è stato ottenuto da Ankara con la minaccia di aprire il rubinetto dei rifugiati diretti in Europa.
Poco importa se, al fondo, le perplessità degli europei nei confronti di Erdogan restano intatte e, come ha detto ieri Angela Merkel, «ancora molto resta da fare ». D’ora in poi, Turchia e Ue terranno un vertice ogni sei mesi. Bruxelles cercherà di usare questo dialogo rafforzato per riportare il governo turco a rispettare standard accettabili di democrazia e a risolvere la questione curda.
Ankara tenterà di ottenere il sostegno europeo al suo disegno strategico nella partita mediorientale. Nessuno dei due, verosimilmente, otterrà quello che vuole. Il vero negoziato su due milioni di rifugiati-ostaggio è solo alle sue battute iniziali.
fonte: dagospia
Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
Sono in pochi a dire quello che tutti pensano, a criticare, seppure non con energia tale da far saltare il tavolo, l’atteggiamento sempre più autoritario di Erdogan. Così il vertice Ue-Turchia scorre senza scossoni e in tre ore mantiene le promesse. I leader europei firmano la dichiarazione grazie alla quale ad Ankara andranno tre miliardi per aiutare ad ospitare i 2,2 milioni di rifugiati siriani diretti in l’Europa.
C’è l’impegno a liberalizzare i visti per i turchi che vorranno viaggiare nel Vecchio Continente e c’è la ripartenza del negoziato di adesione all’Ue. In cambio i turchi promettono di chiudere le frontiere, di non permettere più che centinaia di migliaia di migranti salpino verso le coste greche per poi incolonnarsi sulla rotta balcanica e arrivare in Nord Europa. Richiesta fondamentale per Angela Merkel e per le istituzioni di fronte a una crisi, quella dei migranti, che sta minando la coesione europea e indebolisce la leadership di diversi capi di governo.
Ieri Erdogan però non si è presentato a Bruxelles, ha mandato il premier Davutoglu. Gli europei, dal canto loro, non hanno ancora deciso chi metterà i soldi: la Commissione propone di pagare 500 milioni chiedendo che gli altri 2,5 miliardi vengano sborsati dai governi, che però non ne vogliono sapere.
Quando alla riapertura dei negoziati di adesione, viene indicato un solo capitolo (politica economica) mentre vengono stralciati gli altri cinque su richiesta di Cipro e Grecia che non vogliono promettere troppo ai turchi. Sul tavolo anche l’impegno europeo di prendersi carico di parte dei rifugiati accolti in Turchia in cambio della chiusura delle rotte migratorie.
La Merkel ha riunito i leader di Austria, Svezia, Finlandia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Grecia e la stampa tedesca ha parlato di un numero tra i 100 e i 400mila richiedenti asilo che verrebbero redistribuiti tra i Ventotto. Il premier olandese Mark Rutte ha però smentito la cifra. Visto il ritardo con il quale i governi stanno procedendo allo smistamento di 160mila siriani sbarcati in Italia e Grecia, a Bruxelles ci si aspetta che i numeri finali saranno ben più contenuti.
Nella dichiarazione finale non vengono stigmatizzati i diritti umani violati, l’ambiguità della politica di Erdogan in Siria, la libertà di stampa sotto pressione e la tensione con Putin.Gli europei però sperano che la riattivazione dei rapporti politici con Ankara possa addolcire Erdogan. Le critiche al Sultano vengono poste solo da alcuni leader e dall’Alto rappresentante Federica Mogherini. Arrivando a Bruxelles Renzi premette: «Teniamo alta l’asticella sui diritti umani»
Nel vertice afferma di avere con sé la lettera ai leader Ue dei due giornalisti turchi imprigionati da Erdogan per avere scavato sui rapporti tra Ankara e Daesh: «Non possiamo far finta che non ci sia così come non è possibile far finta di nulla sulla questione curda». Renzi con la stampa parla anche di Siria, difendendo la scelta di non bombardare senza prima avere una strategia politica: «La posizione italiana è la più forte in prospettiva, le grandi crisi non si risolvono con qualche dichiarazione muscolare, ci vuole la diplomazia».
2. UN ACCORDO FIRMATO SOTTO IL RICATTO DI ERDOGAN SUI RIFUGIATI
Andrea Bonanni per “la Repubblica”
Negoziare su tutto, non dire mai di no, guadagnare tempo, evitare temi controversi: messi sotto ricatto dalla Turchia, che controlla il rubinetto dei rifugiati, gli europei hanno applicato le regole base di qualsiasi buon negoziatore in una presa di ostaggi. Il primo vertice euro-turco si è concluso ieri a Bruxelles con l’adozione di un «action plan» che contiene molte promesse, tutte da verificare, in cambio dell’impegno turco a frenare l’afflusso di migranti irregolari verso le coste europee, anche quello tutto da verificare. Raramente, nella storia pur non lineare della diplomazia europea, la distanza tra le cose dette e le cose veramente pensate è stata più grande.
Gli europei promettono di dare tre miliardi ai turchi per aiutarli nell’accoglimento dei due milioni di rifugiati siriani. Ma chi dovrà mettere i soldi, come e quando, non è ancora definito. Altra promessa europea è la liberalizzazione del sistema dei visti di ingresso, che dovrebbe scattare a ottobre.
Ma si tratterà solo di visti turistici per tre mesi. E, secondo il premier bulgaro Borisov, la liberalizzazione potrebbe essere ristretta solo ad alcune categorie professionali, come imprenditori o studenti turchi che vogliono venire in Europa. Infine Bruxelles si impegna a riaprire una serie di capitoli nel negoziato di adesione della Turchia alla Ue, bloccati da anni per il veto franco-tedesco. Ma, anche qui, la distanza tra l’apertura di un negoziato e la sua chiusura resta grande sopratutto se, come dice Renzi, «bisogna mantenere alta l’asticella » degli standard europei.
Non è che ai turchi queste reticenze ed ambiguità europee siano sfuggite. Ma il solo fatto di aver costretto i ventotto capi di governo dell’Ue a venire in questo vertice per dimostrare la loro volontà di ristabilire relazioni privilegiate con Ankara è una vittoria politica per il regime di Tayyp Erdogan, che si trova in questo momento sotto il fuoco di riflettori ben poco amichevoli.
L’abbattimento dell’aereo russo, la condanna di due giornalisti che avevano rivelato le complicità turche con Daesh, l’uccisione dell’avvocato dei curdi, definita da Ankara «un incidente», pongono in questo momento la Turchia ai margini dell’Occidente e della coalizione internazionale che si sta delineando per combattere l’Is.
Il vertice di ieri, evitando di sollevare tutti questi problemi, ha ridato ad Erdogan una patina di rispettabilità internazionale di cui il presidente turco ha, in questo momento, disperatamente bisogno. Non tutti, però, hanno fatto finta di niente. Ieri al tavolo del Consiglio europeo Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera della Ue, ha puntualmente sollevato, sia pure in modo diplomatico, le molte questioni che in questo momento avvelenano i rapporti con la Turchia.
«Tutti noi sappiamo che, al di là dell’incontro di oggi, viviamo in tempi molto duri e dobbiamo lavorare con la Turchia su questioni difficili ma molto importanti per tutti noi: dalla Siria alla situazione interna turca», ha detto Mogherini, citando, tra l’altro, «i diritti umani, la libertà di stampa e la necessità di riavviare il processo di pace con i curdi».
Questi temi, comunque, ieri sono rimasti fuori dalle conclusioni finali. Quello che resta è il riconoscimento da parte europea che la questione turca non può più essere ignorata. E che, come ha detto ieri il premier turco Ahmet Davutoglu, «tutti i Paesi sono d’accordo sul fatto che la Turchia e la Ue hanno un destino comune». Poco importa se questo riconoscimento è stato ottenuto da Ankara con la minaccia di aprire il rubinetto dei rifugiati diretti in Europa.
Poco importa se, al fondo, le perplessità degli europei nei confronti di Erdogan restano intatte e, come ha detto ieri Angela Merkel, «ancora molto resta da fare ». D’ora in poi, Turchia e Ue terranno un vertice ogni sei mesi. Bruxelles cercherà di usare questo dialogo rafforzato per riportare il governo turco a rispettare standard accettabili di democrazia e a risolvere la questione curda.
Ankara tenterà di ottenere il sostegno europeo al suo disegno strategico nella partita mediorientale. Nessuno dei due, verosimilmente, otterrà quello che vuole. Il vero negoziato su due milioni di rifugiati-ostaggio è solo alle sue battute iniziali.
fonte: dagospia
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