martedì 22 dicembre 2015

LA GERMANIA HA DICHIARATO GUERRA ALL'ITALIA




Il governo tedesco dice che le nostre banche andranno presto in pieno bail-in. E che non consentirà a nessuno di evitarlo. Tutto chiaro?

Sabato scorso, sul Corriere della Sera, è uscita un’intervista che vale una dichiarazione di guerra della Germania all’Italia. L’ha fatta Federico Fubini a Lars Feld, 49 anni, uno dei “cinque saggi” che consigliano il governo tedesco e probabilmente il più vicino al ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Prima di leggere gli estratti bisogna ripassare bene il significato della parola che pronuncia più spesso: «bail-in».



Significa azzerare o tagliare il valore delle azioni, di tutte le obbligazioni e dei saldi di conto corrente per la parte sopra i 100mila euro, fino a ridurre del 12% le passività di qualunque banca che riceva un aiuto di Stato. È la nuova legislazione europea, voluta dalla Germania, che entra in vigore tra dieci giorni.


Federico Fubini, Corriere della Sera 19/12;

Fubini (sempre sia lodato) domanda: «Lei prevede che in Italia ci sarà bail-in dei conti correnti, quindi contagio e poi una richiesta di aiuto al fondo salvataggi, con l’arrivo della Troika?». Feld risponde: «Prevedo un pieno bail-in. I tagli alle obbligazioni e ai conti correnti sopra i 100mila euro dovranno aiutare a ristrutturare le banche, perché la Commissione Ue impedirà salvataggi da parte del governo o sussidi nascosti agli istituti. Non saranno permessi. Ma non credo che l’attuale situazione porterà necessariamente a una richiesta di aiuto al fondo salvataggi Esm. Non prevedo un contagio. In ogni caso, staremo a vedere» (dice «staremo a vedere» e poi si mette a ridere).

Federico Fubini, Corriere della Sera 19/12;

Altra domanda: «Non crede dunque che colpire obbligazionisti e correntisti delle banche possa creare contagio finanziario e instabilità, anziché stabilizzare la situazione?» Risposta: «Il bail-in può sempre essere seguito da instabilità. C’è sempre rischio di contagio quando si interviene su una banca, ma sarebbero colpiti solo i depositi sopra ai 100mila euro, non quelli piccoli e medi. Dunque non sono rischi pesanti».

Federico Fubini, Corriere della Sera 19/12;

Altra domanda: «La Germania ha offerto circa 250 miliardi di aiuti di Stato alle proprie banche. Se il bail-in è un’idea così giusta, perché non l’ha mai applicato?». Risposta: «All’epoca non aveva senso colpire i risparmiatori, perché il contagio finanziario era già realtà. C’era una crisi finanziaria, come forse ricorda. Questa volta è diverso. Non sappiamo se ci sarà contagio oppure no, dunque non c’è ragione di rinviare la ristrutturazione e il bail-in. Il punto è: a un certo momento devi decidere. Se hai paura del contagio, ma non hai le prove che ci sarà, non c’è ragione di ricapitalizzare le banche con denaro pubblico. Il mio consiglio è: fatelo e vediamo cosa succede».

Federico Fubini, Corriere della Sera 19/12;

Dunque in Germania si pensa e si dice che l’Italia andrà presto in pieno bail-in, e non c’è ragione che l’Europa consenta al governo Renzi di evitarlo perché non sarebbero colpiti i conti correnti sotto i 100mila euro (che, tanto per ricordare, assommano a 596 miliardi contro i 1.122 miliardi aggredibili dal bail-in). Nel frattempo Margrethe Vestager, il commissario europeo alla Concorrenza, 47 anni, ex vicepremier danese della sinistra liberale, che da un anno ha in mano il dossier sul futuro delle banche nella terza economia dell’area euro, non parla. Non si ricorda una sola frase dedicata a spiegare la sua posizione sul sistema degli istituti di credito in Italia. L’unica cosa che si ricorda è l’attitudine dei suoi funzionari a bloccare di fatto la riforma di cui l’Italia ha bisogno nel modo più pressante: una «bad bank».

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Una «bad bank» è un’azienda, spesso forte di garanzia da parte dello Stato, costituita per comprare crediti in default delle banche e liberare così il sistema dal rischio di altri dissesti simili a quelli di banche come Etruria e Marche, o delle casse di risparmio di Ferrara e Chieti. In Italia i prestiti ad alto rischio di almeno parziale insolvenza – le «sofferenze» – sfiorano i duecento miliardi di euro (qualcosa come circa sette leggi di Stabilità). E il denaro accantonato dalle banche per farvi fronte è poco più di metà. Il sistema nel complesso resta in media ancora sottocapitalizzato e avrà bisogno comunque di rafforzarsi. Ma senza una rapida ripulitura dei bilanci grazie a una «bad bank», non solo non potranno tornare i prestiti e gli investimenti necessari alla ripresa: più pericolosa ancora è la prospettiva che alcune banche continuino a dissanguarsi sui crediti deteriorati, fino ad aver bisogno di nuovi salvataggi. E dal 2016, secondo l’ormai nota legge europea, qualunque intervento pubblico implica sforbiciate alle obbligazioni degli investitori e ai conti della clientela.

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Questa iniziativa è contestata dagli zelanti funzionari del Commissario Vestager perché l’Italia così rischierebbe di concedere aiuti di Stato ai suoi istituti. La garanzia sulle eventuali perdite della «bad bank» potrebbe infatti incoraggiare quest’azienda a comprare i crediti dalle banche a prezzi più alti di quelli di mercato. E l’unica affermazione ufficiale dei portavoce della Commissione Ue è che quelle cessioni devono invece avvenire ai prezzi che accetterebbe un investitore privato. Per il complesso degli istituti italiani questo significherebbe aprire un buco di capitale da circa 40 miliardi, visto che le stime sul valore delle «sofferenze» a bilancio (accettate dalla Banca centrale europea) sono molto superiori ai prezzi di mercato. Con l’implicazione di colpire azioni, obbligazioni e conti correnti su tutto il sistema: potenzialmente, milioni di persone.

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Questa posizione, ed è un punto tecnico ma centrale, contraddice la logica finanziaria, la pratica internazionale e il confronto con la normativa europea. Tutti i regolatori accettano che i crediti deteriorati nei bilanci delle banche abbiano un valore economico realizzabile negli anni ben superiore al prezzo a cui possono essere liquidati in un giorno. Le regole contabili globali li stimano così. La Bce li stima così. L’amministrazione americana li ha trattati così quando ha fatto l’esame agli istituti di Wall Street nel 2009. Soprattutto, anche la normativa europea li tratta così.

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Fubini: «La comunicazione della Commissione su questo tema del 25 febbraio 2009 riconosce (punto 5.5-40) che il “valore economico sottostante di lungo periodo (il ‘vero valore economico’)” delle sofferenze bancarie può essere “un criterio accettabile” quando si valuta se ci sia o meno un aiuto di Stato. Può esserlo in casi frequenti oggi in Italia: prezzi di mercato “distanti dai prezzi di bilancio” o “inesistenti per l’assenza di un mercato”. Questa regola della Commissione è ignorata dai funzionari di Vestager. Più sorprendente ancora: vengono ignorate anche le norme sulle deroghe all’obbligo di colpire i risparmiatori. Queste esenzioni sono specificate all’articolo 27 della direttiva del 2014 sulle ristrutturazioni bancarie e all’articolo 45 della comunicazione del 2013 sull’aiuto di Stato alle banche. In quest’ultima si legge: “È possibile derogare (alla sforbiciata sul risparmio, ndr) se tale misura metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati”».

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Non resta che chiedersi perché la Commissione possa sbandare tanto. La risposta è forse in un documento fatto circolare dal ministero delle Finanze tedesco, che ci riporta alle dichiarazioni, apparentemente sfrontate, di Lars Feld . Il documento recita: «È di fondamentale importanza minimizzare i rischi a carico dei contribuenti. Occorre assicurare un credibile bail-in, invece di mettere in comune i rischi bancari». Dunque Berlino teme di pagare per salvare le banche italiane e dà mandato alla Commissione di essere inflessibile.

Federico Fubini, Corriere della Sera 18/12;

Renzi sta attaccando la Merkel da diversi giorni su tre punti: banche, migranti e politica energetica. Le tensioni sono venute allo scoperto al vertice dei capi di stato e di governo della settimana scorsa e le bordate di Renzi sono culminate nella frase: «Non potete raccontarci che state donando il sangue all’Europa, cara Angela».

Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/12;

Questione migranti: Merkel continua ad accusare l’Italia di barare sulla loro nazionalità per scaricarli poi sui paesi nordici. E dice che non ci stiamo sbrigando a preparare i centri d’accoglienza, detti “hotspot”, dove si deve procedere all’identificazione di ognuno prima dello smistamento. Renzi ha risposto: «I numeri della relocation sono inaccettabili». “Relocation”, cioè redistribuzione dei migranti che sbarcano da noi o in Grecia. Renzi: «Siamo al 50% degli hotspot e allo 0,2% della relocation». Il premier contesta anche i tre miliardi da dare alla Turchia, con contributi anche nostri, e che servirebbero ad evitare l’arrivo di due milioni di siriani soprattutto in Germania.

Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/12;

Questione energia: la Ue a trazione tedesca ha bloccato il gasdotto South Stream che avrebbe trasportato il metano russo attraverso i Balcani e l’Italia. Ma lascia che si faccia il gasdotto North Stream, che passerà invece per la Germania. Un’evidente contraddizione: Berlino si attende che tutti gli stati Ue prolunghino le sanzioni economiche alla Russia senza fiatare, salvo procedere essa stessa al raddoppio del gasdotto. Lo Prete: «Nonostante su Roma aleggi da tempo il sospetto di uno storico filo-putinismo, Renzi ha rivendicato di avere con sé una maggioranza di paesi scettici sul tubo della discordia (che da vicenda per addetti ai lavori è diventato tema di pubblico dominio). Risultato: nella dichiarazione finale dei leader si dice che “tutte le nuove infrastrutture” energetiche dovranno rispettare la legislazione Ue sulla concorrenza e sull’ambiente».

Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/12;

Ma è la questione delle banche europee, per ora impropriamente detta questione del-l’«unione bancaria», la bomba atomica pronta ad esplodere in Italia qualora non si trovasse un accordo politico. Dell’Arti: «I primi due passi sono stati fatti, e cioè abbiamo una sorveglianza bancaria unica e uguale per tutti, e un criterio condiviso per risolvere la crisi di un istituto: se si vuole salvare una banca in fallimento con del denaro pubblico, bisogna prima rasare in tutto o in parte il valore di azioni e obbligazioni secondarie e depositi nella parte eccedente i centomila euro. Questo dal prossimo 1° gennaio. L’Italia dice che il sì a queste regole venne dato in cambio della promessa che poi si sarebbe messo in piedi un terzo pilastro: una garanzia comune dell’area euro su tutti i conti correnti fino a 100mila euro. Merkel nega che questa promessa sia stata fatta, e, sostenuta dalla Bundesbank e da Schäuble, non intende minimamente mettere a rischio il portafoglio dei suoi elettori per salvare banche del Sud (la posizione italiana è condivisa da Hollande)».

Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/12;

Un passo indietro. La garanzia su quei depositi c’è già. E a darla, come si sa, sono i singoli Stati. Ma le file davanti agli sportelli in Grecia dell’estate scorsa dimostrano che risparmiatori e correntisti non credono alle garanzie sui loro conti offerte dai governi più indebitati, se questi sbandano. Serve una tutela europea, come promessa che non tornerà più un panico agli sportelli come quello visto ad Atene cinque mesi fa e per far capire a 300 milioni di cittadini che l’euro è utile, ed è qui per restare. Di qui la proposta di una garanzia comune dell’area euro, prevista nei piani dell’Unione bancaria. Di qui però anche la frenata di Berlino. Schäuble e l’intera opinione pubblica in Germania non intendono rischiare di dover pagare per stabilizzare le banche di altri Paesi. Non, almeno, fino a quando le banche e il debito pubblico di tutta l’Europa del Sud – soprattutto in Italia – non sembreranno ai tedeschi davvero in sicurezza. E per adesso non è così.

Federico Fubini, Corriere della Sera 12/12;

Visto dall’Italia, può apparire un amaro paradosso. Fubini: «Il debito pubblico italiano viaggia oggi su livelli di 59,8 miliardi di euro (il 3,7% del Pil) in più di quanto doveva a causa del contributo del governo di Roma ai salvataggi di Grecia, Irlanda, Islanda e Portogallo fra il 2010 e il 2012. Nel frattempo, proprio grazie a quegli interventi, le banche tedesche sono uscite miracolosamente illese da investimenti a rischio per un totale di 334 miliardi nei quattro Paesi in crisi. Fin qui il contribuente italiano ha pagato per salvare gli istituti tedeschi. Non il contrario».

Federico Fubini, Corriere della Sera 12/12;

Vista dalla Germania, la prospettiva è diversa. A Berlino e a Francoforte nessuno crede più che l’Italia cerchi di ridurre il suo enorme debito pubblico. Le continue richieste di «flessibilità» a Bruxelles sul bilancio pubblico – inclusa l’ultima misura «anti-terrorismo», il bonus da 500 euro per mandare i 18enni a teatro – hanno convinto tutti in Europa che il governo di Matteo Renzi non farà alcun tentativo di risanare il debito.

Federico Fubini, Corriere della Sera 12/12;

Il vertice di settimana scorsa non ha minimamente spostato le posizioni di nessuno dei contendenti. Renzi ha commentato: «Non ho attaccato la Germania. Ho solo fatto delle domande [...] Dobbiamo uscire da questa cultura della subalternità». Lo Prete: «Domandare è lecito, ma rispondere rimane pur sempre una cortesia che al momento è appannaggio della cancelliera tedesca. E ad oggi di risposte non se ne intravedono».

Marco Valerio Lo Prete, Il Foglio 19/12;

Sicuramente, un augurio di Natale da farsi è che Draghi abbia abbastanza forza per imporre una soluzione di buonsenso.



Fonte: www.ilfoglio.it

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