DI MAURIZIO BLONDET
La notizia-bomba l’ha data il Wal Street Journal (di Rupert Murdoch), quindi c’è da preoccuparsi davvero: “Lo Stato Islamico ha rafforzato la sua presa nella sua roccaforte di Sirte in Libia”. I guerriglieri del Califfo sono cresciuti “da 200 a circa 5 mila”, sono “volonterosi combattenti”, e lo hanno assicurato al giornale (di Murdoch) persone “dell’intelligence libica”. Anzi, il “capo dell’intelligence militare per la regione che include la Sirte. Il quale risponde al nome di Ismail Shoukry, e dichiara: “Loro hanno esplicitato le loro intenzioni. Vogliono portare la loro lotta a Roma”.
Ecco, ci siamo: l’ISIS minaccia direttamente Roma. Vedete com’è difficile la “lotta al terrorismo globale” o “lotta globale al terrorismo” annunciata ed iniziata nel 2001 da Bush jr.: appena l’ISIS viene schiacciato in Siria, ecco che riappare in Libia. Con la nuova filiale, ampliata e rinnovata. Un miracolo. E’ come un fungo, l’ISIS. Sempre più vicino all’Italia. Anzi, di più, dice il giornale di Murdoch: l’ISIS in Libia “ha cercato reclute che abbiano le conoscenze tecniche per far funzionare i vicini impianti estrattivi petroliferi”.
Quindi succhiano il petrolio anche da lì, e lo vendono (a chi? Le navi di Bilal Erdogan arriveranno?); diventano autosufficienti finanziariamente, e possono procurarsi armi (americane) e addestratori (Cia) per attaccare l’Italia. Essi infatti vogliono conquistare l’Italia, centro della cristianità.
Non è che scherziamo sopra questa minaccia. No, è da prendere sul serio. Soprattutto perché lo Stato Islamico ha postato questo tipo di mappe sui suoi siti.
Se vedete, la mappa è stata firmata o distribuita dal MEMRI (Middle East Media Research Institute): un benemerito organo che scova gli articoli più luridi sui media islamici e li diffonde a noi giornalisti. Il MEMRI, come mi è capitato di ricordare recentemente, è diretto dal colonnello israeliano Yigal Carmon che l’ha fondato con Meyrav Wurmser, il quale dirige da par suo il Centre for Middle East policy ad Indianapolis: insomma due attivi dei servizi di Sion.
Quindi la minaccia è seria, quella è gente davvero pericolosa. E’ possibile che vogliano prendersi anche le installazioni che l’Eni ha ancora? O un vero e proprio attentato a Roma, per attrarre l’Italia in Libia con le armi? Chi lo sa. Tutto è possibile.
Se avverrà -e i media strilleranno – mega-attentato islamista nell’anno della misericordia, ricordiamo alcune realtà che i media, nella fretta e nell’angoscia, con gli occhi pieni di lacrime, potranno tralasciare.
“Daesh è una creazione degli Stati Uniti”: generale Vincent Desportes nell’audizione davanti al Senato francese 12 dicembre 2014.
http://www.senat.fr/compte-rendu-commissions/20141215/etr.html#toc7
“Ciò che chiamiamo ‘salafismo’ in arabo si dice ‘wahabismo’ . E noi siamo in contropiede sistematicamente e in tutte le situazioni di affrontamento militare, perché in Medio Oriente, nel Sahel, in Somalia, in Nigeria, noi siamo alleati con quelli che sponsorizzano il fenomeno terrorista da trent’anni”. Alain Chouet, già direttore della sezione anti-terrorismo del DGSE (i servizi francesi).
http://www.humanite.fr/alain-chouet-nous-sommes-allies-avec-ceux-qui-sponsorisent-depuis-trente-ans-le-phenomene-djihadiste
“I nostri alleati, Turchia, sauditi ed emirati, hanno finanziato ed armato i terroristi. Hanno versato centinaia di milioni di dollari, e decine, migliaia di tonnellate di armi a chiunque volesse combattere contro Assad”: Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti.
“Nel 2012, quando la mia agenzia avvisò l’amministrazione Obama della possibile emergenza di uno Stato Islamico tra Irak e Siria , la Casa Bianca ha deliberatamente scelto si sostenere clandestinamente le reti jihadiste combattenti contro il regime di Bashar Assad”: generale Michael Flynn, ex capo della DIA, la Cia dei militari.
http://www.foreignpolicyjournal.com/2015/08/07/rise-of-islamic-state-was-a-willful-decision-former-dia-chief-michael-flynn/
Il Wall Street Journal racconta anche che “ad agosto lo Stato Islamico ha schiacciato una insurrezione armata di libici locali “arrabbiati dall’uccisione da parte del gruppo di un giovane clerico che si era opposto agli estremisti. I quali hanno crocifisso diversi di coloro che hanno partecipato alla rivolta e ne hanno confiscato le case. Diversamente che in Siria, il gruppo non riesce a fornire servizi di base. Le pompe di benzina sono a secco e i residenti devono procurarsi di straforo il loro carburante – quando non viene confiscato dallo Stato Islamico. Gli ospedali sono abbandonati dopo che lo Stato Islamico ha ordinato la segregazione del personale femminile e maschile.
“…Nonostante le difficoltà, lo Stato Islamico ha grandi progetti per Sirte. Un numero recente della loro rivista Dabiq portava una intervista di Abu Mughiral al Qahtani, indicato come il capo delegato dello Stato Islamico in Libia. Egli ha giurato di usare la posizione geografica della Libia, e le sue riserve di greggio per destabilizzare la sicurezza e l’economia dell’Europa. Circa l’85% della produzione di greggio libico nel 2014 è andato in Europa, e l’Italia ne è il massimo cliente. Circa metà della sua produzione di gas naturale
Maurizio Blondet
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