lunedì 14 dicembre 2015

POLITICHE IN SPAGNA, SFIDA A QUATTRO NELL’URNA


Dovevano essere le elezioni del trionfo di Podemos, invence la sfida in Spagna è ancora apertissima e spunta nei sondaggi Ciudadanos, né di destra, né di sinistra. Ossia di destra. Il 20 si votaManca una settimana alle elezioni politiche spagnole ma già ci sono verdetti molto evidenti. Il primo è che il sistema bipartitico spagnolo, che è stato una costante dalla morte di Francisco Franco ad oggi, è morto e sepolto. Il secondo è che i due partiti tradizionali – Partido Popular (PP) e Partido Socialista (PSOE) – vedranno rispetto alle elezioni di quattro anni fa un crollo dei consensi. Il terzo è che rispetto alle precedenti elezioni politiche ci sarà l’ingresso dirompente di due formazioni giovani – Ciudadanos e Podemos – seriamente determinate a raggiungere la Moncloa, e capaci di raccogliere consensi fino ad un paio d’anni fa insperati.

La vera sorpresa della campagna elettorale è Ciudadanos, in rapidissima ascesa negli ultimi mesi: le elezioni in Catalogna di fine settembre han visto affermare la lista di Rivera nella sua roccaforte, ergendola ad unico argine alle formazioni indipendentiste catalane che hanno preso la maggioranza dei seggi. Le elezioni catalane hanno avuto una grossa risonanza mediatica e Ciudadanos ne ha tratto beneficio. Quella del 36enne Albert Rivera è una formazione giovane, nata nove anni fa in Catalogna in cui ha raccolto i primi consensi schierandosi su posizioni centraliste filomadridiste. Albert Rivera ha portato Ciudadanos alla politica spagnola con una partenza un po’più in sordina rispetto a quella roboante di Podemos. Alle scorse elezioni europee infatti, mentre Podemos raggiungeva l’8%, Ciudadanos conseguì un risultato poco sopra il 3%, sufficiente per mandare due suoi rappresentanti a Strasburgo e per entrare nel dibattito politico in cui si è affrancato specialmente negli ultimi mesi, dopo i buoni successi elettorali alle amministrative. Ciudadanos si definisce né di destra né di sinistra, ed in effetti sulle varie tematiche è piuttosto ondivaga. Da molti politologi ricondotta al centrodestra, ha fatto del populismo anticasta la sua arma principale, in un periodo in cui gli scandali finanziari e giudiziari hanno coinvolto spesso e volentieri i due principali partiti spagnoli. Su posizioni liberiste in economia – da molti Rivera viene accusato di essere sostenuto da personalità dei settori bancari e lobbistici – pare più aperta sui diritti civili, anche se è stato singolare lo scivolone di pochi giorni fa quando Rivera ha fatto capire di voler togliere la pena specifica sulla violenza di genere. Scusa buona per venire attaccato da tutte le parti, del resto Rivera si è preso il centro della scena politica, ed in queste settimane non si parla che di lui.



Ciudadanos viene data di poco sotto a quello che è ritenuto ancora il primo partito, il PP del premier uscente Mariano Rajoy, che i sondaggi più recenti attestano tra il 24 e il 27%. Rajoy ai confronti televisivi non si presenta mai tenendosi fuori da quello che risulterebbe essere un fuoco incrociato. Anche perché la Spagna dalla crisi non pare proprio essere uscita e la tecnica di sventolar dati economici positivi e dimenticare indici in flessione, paga solo fino ad un certo punto. Il 44,6% conseguito nel 2011 è un lontano ricordo e in questi anni il PP, oltre ad aver attraversato la crisi iniziata in epoca Zapatero, ha perso credibilità dopo le accuse di finanziamento irregolare del PP a Madrid e dopo i molteplici arresti per corruzione di decine di cariche politiche ed istituzionali del partito in tutta la Spagna. Rajoy si è sempre chiamato fuori e non è mai stato coinvolto dalle indagini, ma il partito è uscito dagli scandali fortemente rimaneggiato. Ad una disoccupazione reale che non cala, al fenomeno degli sfratti per morosità che non esita a ridursi, il governo Rajoy non ha dato risposte credibili e ha agitato i soliti spauracchi del terrorismo e l’immigrazione, cavalli buoni da sellare ad ogni stagione.

Chi invece pare avere meno possibilità di vincere queste elezioni è il PSOE in crisi perenne dall’epoca post Zapatero. Anche il PSOE è stato trafitto dagli scandali giudiziari, e la sua iniziativa nel corso degli anni non ha saputo smarcarsi dalle politiche filo troika del governo. Dopo le elezioni europee del 2014 in cui conseguì il 23%, il PSOE ha sostituito il dimissionario Rubalcaba con il più giovane Pedro Sanchez nel ruolo di segretario, per dare un volto nuovo e giovane ad un partito affondato dagli scandali e in crisi di idee. Il cambio non pare aver sortito grossi effetti visto che i sondaggi lo danno attorno al 20%. Il PSOE in questi quattro anni di opposizione, ha presentato ricette simili al PP per uscire dalla crisi economico-finanziaria. Le distanze dai Popolari nel corso degli anni – in linea con quanto sta accadendo nel PSE – si sono affievolite anche sulle politiche sociali ed internazionali. Non bastasse con le sempre più pressanti spinte indipendentistiche provenienti da Catalogna e Paesi Baschi, il PSOE si è sostanzialmente accodato al governo Rajoy nel processo di conservazione dell’unità nazionale. Pure nel periodo di più grave crisi della monarchia, con gli scandali della figlia e del genero di Juan Carlos I e le piazze piene di persone che all’abdicazione in favore di Filippo VI chiedevano il referendum per la Repubblica, il PSOE è stato tra le formazioni che ha difeso la famiglia reale.

Pane per i denti di Podemos che su corruzione e malaffare ha costruito le sue fortune a velocità stratosferica, erodendo la base elettorale del PSOE. La formazione di Pablo Iglesias veniva ritenuta possibile vincente alcuni mesi fa. E infatti si è aggiudicata la guida di città importanti come Madrid e Barcellona in cui è attesa alla prova dei fatti, per dimostrare di essere già diventata grande. Iglesias, dopo aver bucato le televisioni e aver raccolto i placet di molti delusi dalla politica, sta scontando ora la crescita dirompente di Ciudadanos, eretto a contraltare della formazione viola che ha in Gramsci e Laclau i suoi teorici di riferimento. Con Podemos ha a lungo cercato un confronto ed una convergenza elettorale Izquierda Unida (IU) che bussando alla porta di Iglesias non ha mai trovato risposta positiva. Per questo IU ha presentato liste e candidati e si è messa in moto per una campagna elettorale con il ventre a terra, in condizioni difficili. Attestata dai sondaggi al 5-6%, IU è stata esclusa completamente dai confronti televisivi, a meno che non fossero “confronti pollaio”, come quello di mercoledì scorso su RTVE in cui erano presenti nove candidati. Dibattiti che quando si fanno troppo affollati vengono prontamente disertati dai principali leader che mandano i loro sottoposti. Alberto Garzon, comunista, economista e parlamentare dal 2011, è il candidato di IU. Membro di ATTAC, organizzazione che rivendica il controllo democratico dei mercati finanziari, è il candidato più giovane coi suoi 29 anni. Garzon è stato investito della candidatura in un momento in cui IU pareva in crisi, schiacciata dall’imponente crescita di Podemos. Garzon ha saputo dare un profilo dinamico e giovane alla sua formazione, trionfando in uno dei terreni in cui si sta svolgendo la campagna elettorale, quello della rete social. Che questo possa essere sufficiente per colmare il gap con le altre forze però, è quantomeno improbabile.

Un voto, quello di domenica prossima, piuttosto teso e sul filo di lana, con le prime quattro liste molto vicine nei sondaggi che fanno presagire il sempre più probabile quanto inedito scenario di un governo di coalizione.


popoffquotidiano

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