Ricercatori tedeschi dell’autorevole Istituto Alfred Wegener per la Ricerca marina e polare (AWI) lanciano l’allarme: nel Mare del Nord e nel Mar Baltico la maggior parte degli animali marini hanno residui di plastica nello stomaco a causa di innumerevoli minuscole particelle di plastica che galleggiano nell’acqua.
É noto che la presenza di rifiuti plastica é causa di molti problemi alla vita marina, dei pesci, balene, foche, tartarughe e uccelli marini. Possono rimanere avvolti nella plastica e annegare. Ora i ricercatori hanno trovato anche particelle di plastica nello stomaco di pesci commestibili come il merluzzo, lo sgombro e l’aringa. La plastica non marcisce e questo diventa un problema per gli oceani.
La cosiddetta micro plastica, che è solo di pochi millimetri è stato al centro della ricerca. Le minuscole particelle si formano quando insieme il vento, le onde e la luce comprimono questo materiale chimico. Gli esperti stimano che attualmente ogni anno tra 5 e 13 milioni di tonnellate di immondizia di plasticafiniscono nei mari.
Circolerebbero fino a 580.000 particelle per chilometro quadrato attraverso gli oceani. Particolarmente preoccupante è che la produzione mondiale di materie plastiche aumenta rapidamente e così anche i rifiuti di plastica.
Le particelle sono state trovate in tutti gli oceani del mondo, dove sono assorbite da uccelli marini, balene e creature sul fondo dell’oceano. Le parti inghiottite possono ostruire il tratto digestivo e costringere gli animali ad un destino tragico in quanto muoiono di fame. Inoltre, le tossine si accumulano nella plastica, segnalano i biologi dell’Alfred Wegener Institute, che viene ingerita dal pesce commestibile per poi essereassunta nella dieta anche dagli esseri umani.
É noto che la presenza di rifiuti plastica é causa di molti problemi alla vita marina, dei pesci, balene, foche, tartarughe e uccelli marini. Possono rimanere avvolti nella plastica e annegare. Ora i ricercatori hanno trovato anche particelle di plastica nello stomaco di pesci commestibili come il merluzzo, lo sgombro e l’aringa. La plastica non marcisce e questo diventa un problema per gli oceani.
La cosiddetta micro plastica, che è solo di pochi millimetri è stato al centro della ricerca. Le minuscole particelle si formano quando insieme il vento, le onde e la luce comprimono questo materiale chimico. Gli esperti stimano che attualmente ogni anno tra 5 e 13 milioni di tonnellate di immondizia di plasticafiniscono nei mari.
Circolerebbero fino a 580.000 particelle per chilometro quadrato attraverso gli oceani. Particolarmente preoccupante è che la produzione mondiale di materie plastiche aumenta rapidamente e così anche i rifiuti di plastica.
Le particelle sono state trovate in tutti gli oceani del mondo, dove sono assorbite da uccelli marini, balene e creature sul fondo dell’oceano. Le parti inghiottite possono ostruire il tratto digestivo e costringere gli animali ad un destino tragico in quanto muoiono di fame. Inoltre, le tossine si accumulano nella plastica, segnalano i biologi dell’Alfred Wegener Institute, che viene ingerita dal pesce commestibile per poi essereassunta nella dieta anche dagli esseri umani.
I ricercatori hanno esaminato in due studi il contenuto dello stomaco e dell’apparato digerente di 290 sgombri, sogliole, aringhe e merluzzi del Mare del Nord e del Mar Baltico. In tal modo, essi hanno scoperto che gli sgombri riescono ad ingerire più micro plastica rispetto ai pesci che vivono costantemente sul fondo marino come la sogliola.
“Prevediamo che l’inclusione di plastica nei pesci aumenterà, e che si troverà entro il 2050 nell’apparato digerente del 99 % di tutte le specie“ – scrivono i ricercatori. Gli scienziati invocano, quindi, un migliore smaltimento dei rifiuti.
Questa previsione si basa sul presupposto che la produzione globale di plastica raddoppia ogni 11 anni e i rifiuti di plastica in tutto il mondo, aumentando drasticamente di conseguenza nei mari. L’unica soluzione é un efficace smaltimento dei rifiuti ed un utilizzo sempre più ridotto dei prodotti in plastica monouso, ricorda Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che evidenzia come anche il Mediterraneonon sia esente dal problema come più volte abbiamo sottolineato.
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