Una delle cose che nessuno ha menzionato, la scorsa settimana a Davos, è che il numero delle società britanniche che hanno emesso un ‘profit warning’ [1] è al livello più alto dal 2008. Il fatto non è stato evidenziato perché avrebbe contraddetto narrazioni apologetiche del tipo: “i mercati sono andati fuori di testa, ma le economie di tutto il mondo sono in buona forma”.
Il mio punto di vista è che la ‘Correzione n. 2’ [del mercato azionario] è ora più o meno finita, ma che c’è ancora un’enorme serie di ‘palle’ là fuori, sufficientemente grandi da generare le ‘correzioni’ n. 3, 4 e 5. Persa, in mezzo al rimbalzo della scorsa settimana, c’è la ‘palla’ più grande: la Deutsche Bank.
L’anno scorso, su 33 miliardi di euro di fatturato, la DB ne ha persi 6,7. La scorsa settimana il mondo, proteso alla ricerca di un nuovo paradigma, ha prestato alla questione un’attenzione molto scarsa. E questo, diciamocelo, è francamente ridicolo. La Deutsche Bank è una delle banche più strategicamente importanti di tutto il mondo e, per quasi due anni, è stata fonte di preoccupazione per gli analisti finanziari.
Non abbiamo mai avuto una spiegazione soddisfacente sul perché, ad Aprile del 2014, la DB dovette alzare in tutta fretta il suo capitale ‘Tier 1’ [2] di 1,5 miliardi di euro. O perché, il mese successivo, mise in vendita uno stock [non meglio definito] pari a 8 miliardi di euro con uno sconto del 30%.
Lo scorso mese di Marzo, inoltre, la Deutsche Bank ha fallito lo ‘stress test’ del settore bancario e poi, il mese successivo, è stata colpita da una multa salatissima, pari a 2,1 miliardi di dollari, conseguenza degli atti criminosi che ha perpetrato barando sul LIBOR [3].
Per finire, una valanga di suoi ‘senior bonds’ [4] sono stati venduti, dopo che la Standard & Poors ha declassato il suo rating a ‘BBB +’ – un livello più basso di quello della Lehman, subito prima del crollo – e, ad Ottobre del 2015, ha ‘bruciato’ 15.000 dipendenti.
Nonostante quest’ultimo taglio siamo davanti a dei risultati terribili. La mia impressione è sempre stata che la DB, per rendersi ‘immune’ sia dall’esposizione debitoria verso il ClubMed che dalle cattive scommesse sui derivati, abbia un assoluto bisogno sia di ridurre i costi che di immettere nuovi capitali
Già il default della Grecia, preso da solo, sarebbe stato sufficiente a farla pesantemente cadere anche se, adesso che il paese è diventato un vassallo dell'Eurogruppo, questo rischio si è allontanato. Un evento simile in Spagna farebbe letteralmente sparire la Deutsche Bank dalla carta geografica.
In ogni caso le banche, ora, sono ‘diverse’ e stanno bene …. esclusa la Deutsche Bank. E la RBS. Oh, e il Santander, il Monte dei Paschi e quella banca di Parigi di cui non oso dire il nome. Ed anche la Bank of America, qualunque cosa passa sostenere al riguardo Bryan Moynihan – non sembrava un po’nervoso la settimana scorsa a Davos?
Ma i numeri della DB meritano una maggiore attenzione. Più di quanto si vorrebbe .... non fosse altro perché è seduta sulla più brutta montagna di derivati del pianeta.
Ha continuamente bisogno di ‘cover-money’ [5], come ha evidenziato la nuova ‘Relazione Finanziaria Annuale’. La perdita del 2015, ad esempio, rappresenta un margine negativo pari a quasi il 20%: questo vuol dire che, per ogni 5 euro di giro d'affari, la DB ne ha perso 1.
Mi piace raccontare le cose in modo semplice, e tutto questo è semplicemente spaventoso per le seguenti due ragioni:
1) In primo luogo perché, in un sistema a ‘riserva frazionaria’ [6], la maggior parte dei prestiti che vengono concessi sono portatori di un margine complessivo pari a circa l’85%. Perdere soldi in questo contesto comporta un lungo e fragoroso perfezionamento presso l’’Università di Dork’ [7] …. dopo aver convinto il ‘comitato di selezione’ di possedere tutti i requisiti necessari per essere ammessi – ovvero una feroce intelligenza accoppiata ad un ‘senso del giudizio’ un po’ da cretini.
2) In secondo luogo perché, se qualcuno avesse deciso di ‘aggiustare i conti’, avrebbe potuto far sembrare buono anche un anno mediocre. Alcune somme misteriose, ad esempio, appaiono sotto l’intestazione ‘guadagni incrementali’ – somme che lo scorso anno erano comprese nella colonna dei ‘conti dormienti messi da parte’.
In breve, se siete una banca multinazionale, per avere un anno terribile dovreste aver avuto una sorta di ‘annus horribilis’, come ad esempio il 2010 di Gordon Brown [ex Premier britannico]. E, molto probabilmente, dovreste aver affrontato le stesse ‘sfide caratteriali’ che egli così valorosamente cercò di superare attraverso la violenta terapia cognitiva del ‘lancio del telefono’.
Coloro secondo cui il cervello di un ‘revisore dei conti’ deve sentirsi libero di ‘scansionare’, come e quando vuole, tutta la ‘relazione finanziaria annuale’ della Deutsche Bank, è sufficiente registrino che in quella banca – utilizzando il principio dell’’eliminazione delle probabilità’ di Sherlock Holmes – devono senz’altro esserci dei gravi problemi.
Mettendo “un po’ di carne” sulla similitudine architettonico-ingegneristica, è difficile non concludere che la prospettiva della DB sia simile a quella di una tipica e scadente ‘casa a schiera vittoriana’ posta sulla faglia di Sant’Andrea, per di più costruita da quegli stessi tecnici che la General Electric aveva inviato a Fukushima, capaci di causare il primo tracollo al mondo di una centrale geotermica di teleriscaldamento per averne voluto puntellare le fondamenta.
Ho seguito per sei anni la saga delle dubbie e contorte pratiche dello stress-test a guida politica. Nel comunicato stampa che ha accompagnato gli ultimi risultati, la Deutsche Bank ha sostenuto che le ‘ragioni’ della sua performance disastrosa sono da addebitare agli oneri ‘una tantum’ della ristrutturazione, alle svalutazioni, alle spese processuali e al difficile clima nel mondo del trading .…’.
Tutto questo, però, non evoca fiducia e simpatia: ‘indennità di fine rapporto’ e ‘ristrutturazione’ significano che si son dovute ‘bruciare’ un sacco di persone, e questo non è un segno di potenza; ‘svalutazione’ è un eufemismo che sta per ‘crediti inesigibili’; le ‘spese di contenzioso’ equivalgono ai costi da affrontare per aver ingannato la gente ed infine il ‘difficile clima nel mondo del trading' non spiega come mai tre imprese bancarie statunitensi, la scorsa settimana, hanno reso pubblici i loro risultati sostenendo che il clima era ‘quasi perfetto’, e quindi non ‘molto difficile’.
Fatto importante su cui riflettere è che, a seguito di questi risultati, la valutazione di mercato rende la Deutsche Bank più piccola della Danske Bank. Anche se voi non vi soffermerete a pensarci, gli ‘aficionados’ del settore lo faranno senz’altro.
Una leggenda racconta che, se spalate il cono di un vulcano rendendolo sempre più piccolo, alla fine questo diventerà innocuo. Ma a nessuno è mai riuscito di rimpicciolire il Vesuvio …. ed è la stessa cosa per le banche in fallimento.
Le banche che devono effettuare delle enormi svalutazioni, in un periodo conservativo come questo, sono banche i cui parametri per la concessione dei prestiti sono stati sopraffatti da quelli basati sulla distribuzione dei ‘premi di risultato’ [bonuses per i managers].
Le banche caratterizzate da perdite enormi, in un non meno apocalittico anno fiscale, sono banche dove i ‘rischi non-compensati’ vengono poco a poco introdotti nel ‘conto economico’, nella speranza che l'Everest possa un giorno diventare come il Ben Nevis [il più alto monte britannico].
La Deutsche Bank è stata a lungo additata come l’Istituto più esposto del pianeta alle cattive scommesse dei ‘contratti derivati’. Si sta cercando senza sosta di rendere quest’esposizione meno esplosiva a livello globale, ma il processo di riduzione del rischio si basa sulla speranza che la situazione resti stabile fino a circa il 2028. Questa speranza, certamente, resterà tale.
John Ward
Fonte: http://investmentwatchblog.com
Link: http://investmentwatchblog.com/crash2-deutsche-bank-leading-candidate-to-set-off-correction-3/
25.01.2016 |
|
Nessun commento:
Posta un commento