La questione dei cosiddetti diritti omosessuali legata in Italia alla legge Cirinnà ha una serie di elementi drammatici ed antropologicamente rilevanti, di cui anche noi intendiamo occuparci in un prossimo futuro. Intanto, preme rilevare la pochezza del dibattito su un tema così decisivo, che non è giuridico, ma morale, sociale ed esistenziale.
Poi occorre porre in evidenza l’attacco all’identità sessuale, nei suoi generi maschile e femminile, che rappresenta il più sconcertante tentativo di manipolazione dell’essere umano condotto nella storia. Probabile canto del cigno del cosiddetto Occidente, l’ideologia omosessualista viene promossa grazie all’enorme contributo economico e politico delle più potenti lobby di questa parte di mondo, e la mutazione antropologica è imposta attraverso i media, la cultura, lo spettacolo, e le legislazioni.
Si sono svolte in tutta Italia manifestazioni delle associazioni che promuovono le cosiddette “unioni civili” e qualcosa bisogna pur dire, in proposito. La più facile delle osservazioni è la consueta battaglia sui numeri: gli organizzatori, subito ripresi dalla stampa amica ( la maggioranza …) , hanno parlato di un milione di presenze. Se dobbiamo giudicare dalla piazza della città che abbiamo verificato personalmente, e che rappresenta un buon uno per cento dell’Italia, c’è il consueto zero in più nelle valutazioni aritmetiche. Viene in mente una vecchia adunata oceanica romana contro Berlusconi con due/tre milioni di partecipanti, quando la pur immensa Piazza San Giovanni ne contiene sì e no cinquecentomila : una sfida alla legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi ! Ma il punto non è questo, la guerra dei numeri è solo l’abc della propaganda.
Quello che colpisce è invece come sia stato facile, in pochi anni, convincere milioni di persone di una degli follie più evidenti, ovvero che il legame omosessuale possa essere un “matrimonio” e che da esso possano scaturire ( non trovo altri verbi…) dei figli, attraverso le tecniche riproduttive di ultima generazione.
La rassegna dei titoli di stampa è illuminante : La Repubblica, corazzata del laicismo borghese progressista: “L’invasione delle piazze, siamo un milione. Italia svegliati “. Il Piccolo di Trieste , un tempo bandiera dell’italianità giuliana ed istriana: “Sventola l’arcobaleno”. Il Manifesto, “E’ l’ora dell’amore “. Come sempre, il quotidiano che si descrive orgogliosamente comunista è il battistrada del libertarismo liberalcapitalista, ed i suoi titoli fatti di giochi di parole da rimasticatura sessantottina sono la cifra della povertà culturale italiana, che gli adepti scambiano per vivacità intellettuale , ed è solo adolescenza irrisolta, sindrome di Peter Pan.
Scorre, nell’orgia di parole , una strana mistica atea dei diritti, un ossimoro sconcertante che, una volta di più, se non rappresentasse il dramma della decadenza più penosa, avrebbe aspetti grotteschi.
Gli orfani di tutte le sinistre , ormai rifugiati sotto l’arcobaleno, giacché il rosso antico non si porta più, hanno alcuni tic , dei riflessi pavloviani e condizionati ( condizionati dai loro nemici storici, ed è questo che impressiona!) : qualsiasi idea, principio, stramberia , provenga dall’America e sia sostenuta dai poteri forti culturali e mediatici , li entusiasma in maniera totale, infantile.
Non si pongono mai domande, non sembrano minimamente interessati a valutare chi e perché sta veicolando le campagne sui “nuovi diritti”. Non sanno, o non sembrano interessati a conoscere chi paga certe campagne, chi sono i proprietari dei grandi mezzi di comunicazione unanimemente schierati sul fronte pro-gay. E’ un vero peccato, perché scoprirebbero i nomi delle grandi famiglie Rothschild e Rockefeller, quelle di immense multinazionali come Coca Cola, Apple, Nike, Amazon, banche come Citigroup , entità finanziarie come Goldman Sachs, miliardari come il pescecane Soros. Forse Giambattista Vico l’avrebbe chiamata eterogenesi dei fini, ma tutto il sinistrume d’Occidente scatta come un sol uomo al fischio dei Padroni. Sembra uno di quei quadri inglesi che rappresentano la muta dei cani liberata dalle gabbie per la caccia alla volpe, e dietro di loro, gli eleganti gentiluomini a cavallo. Brutti tempi per le volpi….
C’è un’immagine molto efficace diffusa da Alexsandr Dugin, l’ideologo russo vicino a Vladimir Putin, ormai l’unico leader di razza bianca non schierato a favore dell’inversione, secondo cui si può rappresentare l’esercito dei reduci e dei nostalgici del comunismo ( e derivati) come un numero frazionario. Sopra c’è il numeratore, che corrisponde all’aspetto esterno, ossia alla vecchia dogmatica marxista: la lotta di classe, l’internazionalismo, il materialismo, l’ateismo. Il denominatore è l’interno, ovvero quella struttura mentale , nata con i furori giacobini e poi alimentata dal comunismo storico novecentesco , che non ha smesso di interpretare la realtà secondo i canoni dell’ideologia , e, soprattutto con la categoria che più li ossessiona, quella dell’uguaglianza.
Si celebra tuttavia la vittoria schiacciante su Marx di Stirner, il cantore dell’Unico, che celebrava l’assoluta autonomia dell’individuo libero da qualsiasi vincolo ideale e sociale o pregiudizio morale, e faceva coincidere la libertà con la proprietà di se stessi, in un orizzonte di nichilismo egoista.
Unico, ma identico, un assurdo logico, fobia di qualsiasi fatto che rinvii alle differenze anche le più ovvie. I manifestanti delle piazze italiane sventolavano patetici cartelli con scritto “stesso amore, stessi diritti”. Dal 1789 lottano per i diritti borghesi, e non li sfiora l’ipotesi, non dico l’idea, che il matrimonio sia la struttura fondamentale della parentela e dell’intera società perché, legalizzando la generazione di figli, permette e sostiene la riproduzione delle comunità umane e le rende società, attraverso le alleanze familiari e le nuove parentele.
Nessun dubbio neppure sul fatto, che pure è conclamato, che la gran parte delle relazioni gay sono instabili e raramente interessate ad una ufficializzazione “giuridica” . No, ciò che conta è solo uno strano concetto di amore , che, nel matrimonio c’entra, evidentemente, ma con la codificazione un po’ meno. Un amore, peraltro, liquido, ondivago, volteggiante di fiore in fiore come le api, se è vero, come lo è, che mai i legami sono stati tanto vaghi come nell’ultimo mezzo secolo. L’amore è eterno finché dura, e ormai dura da Natale a Santo Stefano, ma che importa, essenziale è che sia “lo stesso”. Sarà, un caso, cari sinistri, ma proprio da quando il vostro amato Sessantotto ha spezzato i valori precedenti.
Quel Sessantotto che non ha portato uguaglianza sociale, né ha cambiato la condizione dei più poveri, ma ha istituito la dittatura dei “diritti” , del divieto di vietare, e diffuso un’idea di libertà astratta, individualista, libertà come assenza e come consumo compulsivo dei beni, dei principi, delle vite.
Dopo il Sessantotto, ha stravinto il nuovo capitalismo libertario e libertino. A sinistra la notizia non è pervenuta, ed allora grandi ombre si allungano sulla loro perspicacia, oppure sono d’accordo, e finalmente gettino la maschera, e riconoscano di essere le mosche cocchiere di un mondo nuovo in cui tutte le ingiustizie sociali, tutte le povertà materiali e morali sono nulla, di fronte al fronte meraviglioso dei “diritti” individuali riconosciuti dai superiori .
Stessi diritti, allora, perché il matrimonio, o quell’unione civile ipocrita che si vuol introdurre nell’ordinamento, consente di abbattere un altro tabù, quello delle nozze limitate a due tizi di sesso diverso, e soprattutto, vecchia consuetudine sinistra, perché permette di riconoscere la mutua e la pensione. Nel matrimonio, peraltro, ci sono anche i doveri, tanto è vero che preti e sindaci sono tenuti a leggere agli sposi alcuni articoli del codice civile. E allora, come la mettiamo ? Omosessuali di tuti i paesi, unitevi in matrimonio, ed avrete la reversibilità e una nuova tessera sanitaria. E voi, conviventi etero, anzi normali, che, legittimamente, non avete voluto sposarvi perché non credete nell’istituzione, o per sottrarvi ai doveri dell’assistenza e della solidarietà ( finché divorzio non ci separi, ovviamente !), perché volete una tutela statale senza assumervi gli oneri dei coniugati ?
Nel merito, riesco soltanto, per non cadere nell’angoscia, a ripetere le parole del cardinale Caffarra : “Affermare che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un’evidenza che a doverla spiegare vien da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose”.
In tutto questo, poi, il nemico da abbattere sembra “l’oscurantismo” dei credenti. A parte che la Chiesa cattolica è tutt’altro che in prima linea per difendere la logica e la natura, che per lei sono il piano di Dio, l’intolleranza è quella del totalitarismo niente affatto strisciante dei partigiani della nuova società gay friendly. Non solo non accettano il contraddittorio – e fanno bene, perché il loro unico argomento, quello dei diritti, è francamente debolissimo – ma minacciano di interdetto legale chi non la pensa come loro, poiché nelle liberissime società liberali, possiamo drogarci in santa pace, compravendere sperma, affittare uteri e diventari genitore 1, 2 e 3, ma non possiamo criticare i tempi nuovi : guerra agli omofobi, e attenti, perché fobia significa paura irrazionale, ingiustificata, è una malattia, potranno rieducarci.
E se qualche prete non ci sta, è perché la società non è ancora abbastanza laica, che ormai è sinonimo di atea. Osservando i manifestanti, quelli normali , non gli omosessuali che, almeno, sono parte in causa, poi, salta all’occhio un’impressionante sciatteria personale, nell’abbigliamento, nella persona, nel linguaggio, nei concetti. Fa tristezza vedere i loro bambini messi in prima fila, come prove di che cosa, poi, dato che sono il frutto di amore – o meglio di un rapporto – eterosessuale. Poveri bimbi, ai quali i loro stessi genitori vogliono offrire un mondo dove tutti i gatti sono grigi, dove tutto si equivale, niente è giusto e niente è sbagliato, tranne, naturalmente, i sacri diritti.
Saint Just era più onesto, quando proclamava “nessuna libertà, per i nemici della libertà”. Peccato che confondesse la libertà con le stragi rivoluzionarie, e che, da protagonista del Terrore, nel 1794 ne divenne vittima e ci lasciò la testa. La fosca grandezza dei loro antenati è estranea ai nuovi giacobini: a loro basta che un’idea sia nuova, e subito la preferiscono alle antiche. Se viene dalla Merica , meglio ancora, quello è il nuovo impero del bene multietnico, multiculturale, multitutto. Se va contro il principio di realtà, come il matrimonio e l’adozione per gli omosessuali, è davvero il massimo. Come si permette, la realtà di non essere come noi la preferiamo, come si permettono i fatti di venire a galla, come si permette la natura di presentare tante diversità ? Stessi diritti, stesso amore , tutto è lo stesso. Nel loro ateismo pratico, che è terribile indifferenza al trascendente, all’infinito ed al sublime, professano una nuova religione di serie C.
Chiusi i conti con le fedi tradizionali, tramontata la religione surrettizia del comunismo, si sono adattati al fai da te, al New Age, alla mistica ideologica dei diritti. Aveva ben ragione Carl Schmitt, nel definire tutte le ideologie come “concetti teologici secolarizzati “.
Si prova una pena infinita, guardando queste piazze di persone certe di rappresentare il bene, il mitico progresso, lo spirito dei tempi, che, come soldatini disciplinati, escono di casa al richiamo non di una bandiera, non di una causa, non di un’idea, ma all’imperiosa chiamata dei padroni del mondo, che hanno già deciso, per loro e per tutti, come dovrà essere l’uomo di domani, l’Ultimo Uomo, come intuì Nietzsche : un consumatore sessualmente fluttuante, un animale con in tasca un’unica card, quella dei “diritti”, pagabili in comode rate.
Manipolati da centrali potentissime, convinti di qualsiasi cosa, purché non ci si disturbi a discuterne , purché sia nuova e purché incarni questo tempo superbo e triste, tutti uguali nella nuova uniforme arcobaleno degli schiavi, uguali nella miseria morale, uguali sotto le lenzuola, uguali come i prodotti dell’industria, diversi solo nel portafogli.
Termino con un celebre brano della “Democrazia in America” di Tocqueville :
Se cerco di immaginare il dispotismo moderno vedo una folla smisurata di esseri simili e eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima.
Ognuno di essi, ritiratosi in disparte, è come straniero a tutti gli altri, i suoi figli e i suoi pochi amici costituiscono per lui tutta l’umanità; (…) Al di sopra di questa folla vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare alle loro sorti. E’ assoluto, minuzioso, metodico, previdente e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un’infanzia perpetua.
Un ‘infanzia gaia, bisessuale e transessuale. Che cosa vogliamo di più ?
ROBERTO PECCHIOLI
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