No, mi spiace, non so cosa succede sotto.
Tutti conoscono, o dovrebbero conoscere, “I limiti della crescita”, ma oggi credo che studiare i limiti della decrescita sarebbe ancor più interessante. Quasi 50 anni or sono, infatti, si cominciavano ad avvertire i primi sintomi del graduale impatto con i limiti della crescita, mentre oggi si avvertono chiaramente le avvisaglie di una decrescita che sappiamo inevitabile, ma della quale non sappiamo molto.
Sempre più gente cerca di scrutare il futuro, ma la nebbia è davvero molto fitta. Neppure il formidabile Word3 ci può aiutare molto. Se, infatti, la fase ascendente delle curve si è dimostrata molto affidabile, la fase discendente sappiamo già che non lo è affatto. Lo sappiamo perché lo dissero chiaro e tondo, fin da subito, gli autori. Per di più, il modello incorpora una teoria (la transizione demografica) che descrive efficacemente la crescita di una popolazione umana, mentre si è dimostrata del tutto inaffidabile nel descriverne anche solo le prime fasi del declino.
Dunque su cosa ci possiamo basare per fare delle ipotesi che non siano del tutto campate in aria? Che io sappia non esistono, ad oggi, modelli affidabili di decrescita. Esiste però una vasta conoscenza di come funzionano i sistemi complessi e su questa base si può lavorare. Non pretendo certo qui di sviscerare un problema così complicato. Sarei già molto contento di riuscire a sollevare la questione affinché se ne occupasse chi dispone dei mezzi tecnici e finanziari necessari per affrontarlo in modo approfondito.
Da dove possiamo partire
Direi che i punti di partenza potrebbero essere i seguenti.
1 – Non abbiamo modelli di decrescita testati, ma sappiamo che il comportamento dei sistemi tende a restare costante fintanto che le condizioni al contorno lo consentono. Quando si superano delle soglie, la medesima struttura produce effetti diversi, talvolta opposti, in ragione della diversa interazione con i sotto-sistemi a monte ed a valle. Per fare un esempio pratico, il credito è un fattore di crescita economica fintanto l’estrazione di risorse è facile e lo stoccaggio dei rifiuti non comporta retroazioni che danneggiano in qualche modo il sistema economico stesso. Viceversa, in un contesto in cui l’estrazione di risorse dall’ambiente diventa difficoltosa; oppure l’inquinamento comincia a produrre “effetti collaterali” consistenti, il credito diventa un efficiente sistema per distruggere la ricchezza accumulata durante la fase di crescita.
Il fatto interessante è che miglioramenti sostanziali nelle tecnologie possono modificare in maniera importante i tempi con cui avviene questa evoluzione, ma non possono in alcun caso modificare il destino finale del sistema. Solo una sostanziale modifica nella struttura interna del medesimo potrebbe farlo.
2 - Sappiamo che la freccia del tempo è irreversibile (perlomeno a scala super-atomica). Dunque la decrescita potrà anche presentare situazioni diciamo “vintage”, ma sarà comunque un fenomeno del tutto sconosciuto e sorprendente. Certamente non sarà il film della crescita girato al contrario poiché tutte le condizioni al contorno sono cambiate irreversibilmente. Per fare un esempio banale, non torneremo a “vivere come i nostri nonni”, come talvolta si sente dire. Rispetto ad un secolo fa c’è il quadruplo della gente, la metà della terra fertile e delle foreste, una minima parte dell’acqua potabile, i principali banchi di pesca sono estinti, eccetera. Non ultimo, nessuno o quasi sa più fare le cose che sapevano fare loro. E se è vero che è possibile imparare, è anche vero che questo richiede tempo.
3 - Da almeno 50.000 anni, l’evoluzione tecnologica ha drasticamente modificato i rapporti fra la nostra specie ed il resto dell’ecosistema. In pratica, abbiamo trovato il modo di superare costantemente i limiti impostici dall’ambiente tramite lo sviluppo di tecnologie più efficienti. Attenzione! Questo è un punto fondamentale. Il fatto che la nostra popolazione continui ad aumentare viene spesso citato come prova che, in realtà, non abbiamo ancora raggiunto i limiti della crescita possibile. Qualcuno ipotizza addirittura che non li raggiungeremo mai perché il progresso tecnologico è un prodotto dell’inventività umana che si suppone inesauribile. Questo ragionamento è però viziato da un errore di fondo. La tecnologia consente infatti di estrarre una percentuale maggiore di risorse a nostro vantaggio, ma ciò provoca un degrado dell’ecosistema. In altre parole, la tecnologia ci consente di strizzare più forte il limone, ma non di aumentare il succo che c’è. Catton chiamava questo fenomeno “Capacità di carico fantasma”.
4 – La crescita economica e quella tecnologica sono due elementi strettamente sinergici che formano una delle retroazioni più forti della nostra storia. Ed entrambe hanno trainato la crescita demografica.
Man mano che la decrescita economica prenderà piede, questa retroazione continuerà presumibilmente a funzionare, ma non sappiamo bene in che modo. Da un lato, infatti, ci dobbiamo aspettare che, riducendosi la ricchezza disponibile, le tecnologie più costose dovranno essere man mano abbandonate per tornare a tecnologie meno sofisticate, ma anche più economiche e robuste. D’altronde, tecnologie meno spinte sono anche meno efficienti nell’estrazione delle risorse che, nel frattempo, si sono degradate e rarefatte. Per fare un solo esempio, il primo pozzo di petrolio fu trivellato a Titusville a circa 19 metri di profondità, utilizzando una trivella estremamente rudimentale. Oggi siamo arrivati a perforare rocce a chilometri di profondità, ma ciò è stato possibile perché l’energia “facile” ci ha messi in condizione di sfruttare quella via via più difficile. Siamo così passati da pozzi profondi decine di metri, ad altri di centinaia ed infine di chilometri senza soluzione di continuità. Ma se la retroazione si interrompesse, ad esempio per una grave crisi economica od una guerra che comporta l’abbandono delle tecnologie d’avanguardia, non saremmo mai in grado di recuperare, semplicemente perché le risorse raggiungibili con tecnologie più semplici non esistono più.
D’altronde, le conoscenze accumulate nella fase ascendente non saranno dimenticate tanto presto. Anche a fronte di crisi estremamente gravi, una parte consistente del patrimonio scientifico e tecnico sopravvivrebbe a lungo. Diciamo che, probabilmente, siamo oggi nella fase di “picco del sapere”, ma la decrescita culturale sarà presumibilmente più graduale di quella economica grazie all’inerzia rappresentata dalle scuole e dai libri. Altri tipi di supporto, in particolare quelli informatici di ultima generazione, rischiano invece di svanire molto rapidamente a fronte di un netto peggioramento nelle condizioni economiche e, dunque, nella disponibilità di energia e nella manutenzione delle reti.
5 – Il processo di decrescita avverrà presumibilmente per catastrofi di diverso ordine e grado. Questo si può arguire dal fatto che tutti gli sforzi dell’umanità sono concentrati nel mantenimento dello status quo e molti dei tecnocrati che se ne occupano sono persone di grandissima professionalità. Questo tende ad irrigidire il sistema che, anziché adattarsi al mutare delle condizioni al contorno, reagisce per restare il più possibile uguale e se stresso. Ciò consente di ritardare la decrescita, ma quando ciò non è più possibile il processo di riequilibrio avviene in maniera rapida e solitamente traumatica. Insomma, la storia dell’elastico che, tirato troppo, si spezza facendo male a chi lo tiene.
Dunque, quanta decrescita ci aspetta?
A quanto pare, alcuni sono stati molto bravi a capire quanta crescita ci sarebbe stata nei decenni scorsi. Ma quanta sarà la decrescita nei decenni a venire? Le ipotesi variano da una stabilizzazione dell’economia e della popolazione a livelli addirittura superiori all’attuale (la cosiddetta “stagnazione secolare” di cui parla l’FMI), fino alla completa estinzione del genere umano.
Due ipotesi del tutto antitetiche che hanno in comune un punto fondamentale: portare alle estreme conseguenze una serie di fenomeni in corso o previsti a breve. Nel primo caso si spera che la popolazione si stabilizzi per una graduale riduzione della natalità, mentre la tecnologia potrebbe trovare il modo di garantire una vita decente più o meno a tutti. Nel secondo caso, si suppone invece che il collasso dell’economia globalizzata e/o il riscaldamento del clima generino delle retroazioni capaci di sterminare completamente la più resiliente e adattabile delle specie viventi.
Entrambi gli scenari non tengono conto del fatto che i cambiamenti provocati da una retroazione in un sottosistema cambiano i rapporti di questo con il meta-sistema di cui fa parte. Ciò significa che è probabile che la forza relativa delle diverse retroazioni in azione cambino in rapporto alla dimensione della popolazione, la disponibilità di risorse, la resilienza degli ecosistemi, l’evoluzione del clima e molto altro ancora.
Consideriamo quindi alcuni punti solamente.
Primo punto: la capacità di carico fantasma.
Lasciando da parte la più fantasiosa delle due ipotesi (stabilizzazione simile all’attuale), occupiamoci della seconda. Questa si basa infatti su di una molto verosimile retroazione positiva fra decrescita economica → minore accesso alla risorse → decrescita della popolazione. In pratica, la decrescita comporta una riduzione della capacità di estrarre a nostro vantaggio bassa entropia dall’ambiente, il che genera ulteriore decrescita.
Questo anello spinge effettivamente verso l’estinzione, ma ne esistono contemporaneamente altri. Ad esempio: maggiore mortalità → minore pressione sulle risorse residue → riduzione dell'inquinamento → parziale recupero della biosfera → minore mortalità. Questo secondo anello tende evidentemente a contrastare il precedente. Personalmente, penso che il primo (destabilizzante) sarà predominante in questo secolo, mentre il secondo (stabilizzante) acquisterà forza man mano che la pressione antropica si ridurrà.
Nessuna previsione, naturalmente. Solo l’osservazione che, probabilmente, il sistema tenderà ad un nuovo equilibrio una volta che la popolazione e l’economia si saranno contratte in misura sufficiente. Ovviamente, al netto di altre forzanti quali, ad esempio, un eventuale evoluzione del clima del tipo “sindrome di Venere”. Possibile, ma per ora solo un’ipotesi.
Secondo punto: Gradiente energetico.
Un altro aspetto della questione, che si interfaccia strettamente col precedente, è quello dell’energia. Dal momento che la crescita economica e demografica è dipesa interamente o quasi da disponibilità crescenti di energia pro capite, appare evidente che al calare di questo parametro dovrà diminuire anche la popolazione. Ma non possiamo sapere di quanto perché giocano due ordini di fattori contrastanti ed è arduo decidere quale dei due prevarrà. Non è neanche detto che la stessa cosa debba accadere in tutte le zone del mondo.
Il primo ordine di fattori è che le tecnologie e conoscenze attuali potrebbero permettere una produttività superiore a quella registrata in passato, a parità di energia pro capite. Il secondo è che il degrado subìto dalle risorse riduce la produttività, sempre a parità di energia utile disponibile.
Di solito, la questione dell’energia del futuro viene discussa a colpi di valutazioni circa quello che si potrebbe estrarre, dati certi parametri che variano secondo gli autori. Cambiando i parametri (ad es. se si considera o meno l’esauribilità di determinati minerali), cambiano notevolmente le stime.
Personalmente non sono in grado di verificare tali valutazioni, ma vedo una difficoltà intrinseca al tipo di energie che si voglio sfruttare.
Per fare qualunque cosa, è necessario far fluire energia lungo un gradiente: cioè da dove è più concentrata a dove lo è meno. Le energie fossili di buona qualità e l’idroelettrico posizionato bene hanno una cosa in comune: sono forme di energia che hanno il grado di concentrazione, e dunque un gradiente, ottimale. Basta prenderle e dissiparle per i nostri scopi. Un gradiente minore riduce più che proporzionalmente il rendimento, mentre un gradiente maggiore aumenta il rischio di incidente.
Viceversa, sole e vento, pur essendo quantitativamente molto più abbondanti, sono estremamente diffuse. Occorre quindi prima concentrarle (dissipando altra energia già concentrata in precedenza) per poterla poi trasportare dove serve e dissipare per fare quel che vogliamo. In pratica, un doppio passaggio che in nessun caso potrà quindi dare gli stessi risultati del passaggio singolo permessoci dalle fonti che abbiamo prevalentemente sfruttato negli ultimi 200 anni. Ciò non significa che sole, vento eccetera siano inutili. Anzi, proprio il fatto che l’economia industriale subirà un drastico ridimensionamento, forse un collasso, rendono preziosi degli oggetti che potranno mitigare gli effetti della decrescita almeno per alcuni decenni.
Terzo punto: la ruralizzazione.
Un altro aspetto della medesima questione è rappresentato dal tipo di insediamento umano del futuro. Man mano che l’economia industriale procederà a perdere pezzi, è probabile che una massa crescente di persone cercheranno salvezza in campagna. Un fenomeno che forse sta cominciando proprio in questi anni. Un processo possibile,ma la densità mondiale attuale è di una persona ogni circa 2000 mq di terreno agricolo, che stanno diminuendo di giorno in giorno. La media europea è analoga ed anche questa in rapido calo. Un ritorno massiccio all’agricoltura ed un riallineamento a standard di vita analoghi a quelli dei contadini poveri attuali rappresenta quindi uno scenario di decrescita possibile, ma non per tutti.
Anche in questo caso, è facile prevedere almeno alcune retroazioni, di segno opposto. Un primo anello spingerebbe verso un’accelerazione della decrescita: decrescita economica → aumento della popolazione rurale → maggiore pressione sulle aree marginali e le foreste → degrado del territorio → ulteriore decrescita economica. Molti entusiasti dell’orto domestico non condivideranno questo punto, ma l’esperienza di tutte le epoche e di tutte i paesi lo conferma.
Tuttavia, anche in questo caso, sono possibili anche anelli tendenti a stabilizzare il sistema. Per esempio: riduzione degli standard di vita → contese per il controllo delle zone migliori e dell’acqua → riduzione/scomparsa dei servizi sanitari moderni → decrescita demografica → miglioramento degli standard di vita.
Sono molti i fattori che spingerebbero per una rapida decrescita demografica, cosa che a sua volta ridurrebbe la pressione sugli ecosistemi e la competitività territoriale, oltre a mitigare la miseria.
In altre parole, più rapido il declino numerico, più alto il livello di relativo equilibrio che si potrebbe raggiungere, al netto di altri fattori qui non considerati (clima, guerre, epidemie, ecc.).
Conclusioni.
Noi profeti del malaugurio veniamo spesso accusati di avere un gusto perverso nell’annunciare catastrofi. Generalmente no, ma possiamo dare questa impressione a causa dalla frustrazione. Capita quando hai visto ignorati tutti gli avvertimenti lanciati quando c’era ancora il tempo di reagire ed evitare il peggio. Comunque, cercando di essere il più razionali possibile, direi che la decrescita è inevitabile ed anzi è già cominciata, ma che difficilmente condurrà il genere umano all’estinzione.
A mio avviso, le difficoltà maggiori nell’indagare la decrescita sono due: la scala spaziale e quella temporale.
Per quanto riguarda la prima, abbiamo numerosissimi precedenti storici di decrescita e anche di collasso di popoli e civiltà, ma nessuno a livello globale. In un modo costituito da un mosaico di organizzazioni scarsamente comunicanti, il collasso di una di esse può trovare mitigazione (ad es. tramite emigrazione) o aggravamento (a es. tramite invasione) dai suoi rapporti con i sistemi vicini. Ma comunque non si può verificare il simultaneo collasso dell’intera umanità. Il fatto che il collasso attuale stia avvenendo in un contesto globalizzato cambia radicalmente i termini della questione, almeno nelle fasi di avvio. Da una parte, infatti, sta consentendo di mitigarne e rallentarne considerevolmente gli effetti. Dall’altra, rischia di portare all’inferno l’intera umanità quasi contemporaneamente.
Una seconda difficoltà inerente la scala spaziale, risiede proprio nel fatto che il principale effetto della prima fase di decrescita sarà la frammentazione del sistema globale in sotto-sistemi di varia misura. Un processo che potrebbe reiterarsi fino alle estreme conseguenze o meno, a seconda di una miriade di fattori perlopiù locali. Dunque diversi da zona a zona.
Per quanto riguarda la dimensione temporale, il problema è che avremo due curve in calo: quella della capacità di carico e quella della popolazione. Cioè vivremo una specie di gara di corsa in cui la popolazione tenderà a stabilizzarsi su dei livelli tanto più alti, quanto più precoce e rapido sarà il decremento. Questo perché proprio la decrescita economica e la decrescita demografica sono forzanti che tendono a stabilizzare il sistema, mentre il degrado della Biosfera e l'alterazione del clima sono le principali forzanti che spingono verso l’annientamento umano.
Se davvero avessimo a cuore noi stessi, dirotteremmo tutte le risorse possibili verso la conservazione della Biosfera e del clima, anziché sulla nostra.
Decisamente contro-intuitivo, ma spesso la Natura lo è.
http://ugobardi.blogspot.it/
Tutti conoscono, o dovrebbero conoscere, “I limiti della crescita”, ma oggi credo che studiare i limiti della decrescita sarebbe ancor più interessante. Quasi 50 anni or sono, infatti, si cominciavano ad avvertire i primi sintomi del graduale impatto con i limiti della crescita, mentre oggi si avvertono chiaramente le avvisaglie di una decrescita che sappiamo inevitabile, ma della quale non sappiamo molto.
Sempre più gente cerca di scrutare il futuro, ma la nebbia è davvero molto fitta. Neppure il formidabile Word3 ci può aiutare molto. Se, infatti, la fase ascendente delle curve si è dimostrata molto affidabile, la fase discendente sappiamo già che non lo è affatto. Lo sappiamo perché lo dissero chiaro e tondo, fin da subito, gli autori. Per di più, il modello incorpora una teoria (la transizione demografica) che descrive efficacemente la crescita di una popolazione umana, mentre si è dimostrata del tutto inaffidabile nel descriverne anche solo le prime fasi del declino.
Dunque su cosa ci possiamo basare per fare delle ipotesi che non siano del tutto campate in aria? Che io sappia non esistono, ad oggi, modelli affidabili di decrescita. Esiste però una vasta conoscenza di come funzionano i sistemi complessi e su questa base si può lavorare. Non pretendo certo qui di sviscerare un problema così complicato. Sarei già molto contento di riuscire a sollevare la questione affinché se ne occupasse chi dispone dei mezzi tecnici e finanziari necessari per affrontarlo in modo approfondito.
Da dove possiamo partire
Direi che i punti di partenza potrebbero essere i seguenti.
1 – Non abbiamo modelli di decrescita testati, ma sappiamo che il comportamento dei sistemi tende a restare costante fintanto che le condizioni al contorno lo consentono. Quando si superano delle soglie, la medesima struttura produce effetti diversi, talvolta opposti, in ragione della diversa interazione con i sotto-sistemi a monte ed a valle. Per fare un esempio pratico, il credito è un fattore di crescita economica fintanto l’estrazione di risorse è facile e lo stoccaggio dei rifiuti non comporta retroazioni che danneggiano in qualche modo il sistema economico stesso. Viceversa, in un contesto in cui l’estrazione di risorse dall’ambiente diventa difficoltosa; oppure l’inquinamento comincia a produrre “effetti collaterali” consistenti, il credito diventa un efficiente sistema per distruggere la ricchezza accumulata durante la fase di crescita.
Il fatto interessante è che miglioramenti sostanziali nelle tecnologie possono modificare in maniera importante i tempi con cui avviene questa evoluzione, ma non possono in alcun caso modificare il destino finale del sistema. Solo una sostanziale modifica nella struttura interna del medesimo potrebbe farlo.
2 - Sappiamo che la freccia del tempo è irreversibile (perlomeno a scala super-atomica). Dunque la decrescita potrà anche presentare situazioni diciamo “vintage”, ma sarà comunque un fenomeno del tutto sconosciuto e sorprendente. Certamente non sarà il film della crescita girato al contrario poiché tutte le condizioni al contorno sono cambiate irreversibilmente. Per fare un esempio banale, non torneremo a “vivere come i nostri nonni”, come talvolta si sente dire. Rispetto ad un secolo fa c’è il quadruplo della gente, la metà della terra fertile e delle foreste, una minima parte dell’acqua potabile, i principali banchi di pesca sono estinti, eccetera. Non ultimo, nessuno o quasi sa più fare le cose che sapevano fare loro. E se è vero che è possibile imparare, è anche vero che questo richiede tempo.
3 - Da almeno 50.000 anni, l’evoluzione tecnologica ha drasticamente modificato i rapporti fra la nostra specie ed il resto dell’ecosistema. In pratica, abbiamo trovato il modo di superare costantemente i limiti impostici dall’ambiente tramite lo sviluppo di tecnologie più efficienti. Attenzione! Questo è un punto fondamentale. Il fatto che la nostra popolazione continui ad aumentare viene spesso citato come prova che, in realtà, non abbiamo ancora raggiunto i limiti della crescita possibile. Qualcuno ipotizza addirittura che non li raggiungeremo mai perché il progresso tecnologico è un prodotto dell’inventività umana che si suppone inesauribile. Questo ragionamento è però viziato da un errore di fondo. La tecnologia consente infatti di estrarre una percentuale maggiore di risorse a nostro vantaggio, ma ciò provoca un degrado dell’ecosistema. In altre parole, la tecnologia ci consente di strizzare più forte il limone, ma non di aumentare il succo che c’è. Catton chiamava questo fenomeno “Capacità di carico fantasma”.
4 – La crescita economica e quella tecnologica sono due elementi strettamente sinergici che formano una delle retroazioni più forti della nostra storia. Ed entrambe hanno trainato la crescita demografica.
Man mano che la decrescita economica prenderà piede, questa retroazione continuerà presumibilmente a funzionare, ma non sappiamo bene in che modo. Da un lato, infatti, ci dobbiamo aspettare che, riducendosi la ricchezza disponibile, le tecnologie più costose dovranno essere man mano abbandonate per tornare a tecnologie meno sofisticate, ma anche più economiche e robuste. D’altronde, tecnologie meno spinte sono anche meno efficienti nell’estrazione delle risorse che, nel frattempo, si sono degradate e rarefatte. Per fare un solo esempio, il primo pozzo di petrolio fu trivellato a Titusville a circa 19 metri di profondità, utilizzando una trivella estremamente rudimentale. Oggi siamo arrivati a perforare rocce a chilometri di profondità, ma ciò è stato possibile perché l’energia “facile” ci ha messi in condizione di sfruttare quella via via più difficile. Siamo così passati da pozzi profondi decine di metri, ad altri di centinaia ed infine di chilometri senza soluzione di continuità. Ma se la retroazione si interrompesse, ad esempio per una grave crisi economica od una guerra che comporta l’abbandono delle tecnologie d’avanguardia, non saremmo mai in grado di recuperare, semplicemente perché le risorse raggiungibili con tecnologie più semplici non esistono più.
D’altronde, le conoscenze accumulate nella fase ascendente non saranno dimenticate tanto presto. Anche a fronte di crisi estremamente gravi, una parte consistente del patrimonio scientifico e tecnico sopravvivrebbe a lungo. Diciamo che, probabilmente, siamo oggi nella fase di “picco del sapere”, ma la decrescita culturale sarà presumibilmente più graduale di quella economica grazie all’inerzia rappresentata dalle scuole e dai libri. Altri tipi di supporto, in particolare quelli informatici di ultima generazione, rischiano invece di svanire molto rapidamente a fronte di un netto peggioramento nelle condizioni economiche e, dunque, nella disponibilità di energia e nella manutenzione delle reti.
5 – Il processo di decrescita avverrà presumibilmente per catastrofi di diverso ordine e grado. Questo si può arguire dal fatto che tutti gli sforzi dell’umanità sono concentrati nel mantenimento dello status quo e molti dei tecnocrati che se ne occupano sono persone di grandissima professionalità. Questo tende ad irrigidire il sistema che, anziché adattarsi al mutare delle condizioni al contorno, reagisce per restare il più possibile uguale e se stresso. Ciò consente di ritardare la decrescita, ma quando ciò non è più possibile il processo di riequilibrio avviene in maniera rapida e solitamente traumatica. Insomma, la storia dell’elastico che, tirato troppo, si spezza facendo male a chi lo tiene.
Dunque, quanta decrescita ci aspetta?
A quanto pare, alcuni sono stati molto bravi a capire quanta crescita ci sarebbe stata nei decenni scorsi. Ma quanta sarà la decrescita nei decenni a venire? Le ipotesi variano da una stabilizzazione dell’economia e della popolazione a livelli addirittura superiori all’attuale (la cosiddetta “stagnazione secolare” di cui parla l’FMI), fino alla completa estinzione del genere umano.
Due ipotesi del tutto antitetiche che hanno in comune un punto fondamentale: portare alle estreme conseguenze una serie di fenomeni in corso o previsti a breve. Nel primo caso si spera che la popolazione si stabilizzi per una graduale riduzione della natalità, mentre la tecnologia potrebbe trovare il modo di garantire una vita decente più o meno a tutti. Nel secondo caso, si suppone invece che il collasso dell’economia globalizzata e/o il riscaldamento del clima generino delle retroazioni capaci di sterminare completamente la più resiliente e adattabile delle specie viventi.
Entrambi gli scenari non tengono conto del fatto che i cambiamenti provocati da una retroazione in un sottosistema cambiano i rapporti di questo con il meta-sistema di cui fa parte. Ciò significa che è probabile che la forza relativa delle diverse retroazioni in azione cambino in rapporto alla dimensione della popolazione, la disponibilità di risorse, la resilienza degli ecosistemi, l’evoluzione del clima e molto altro ancora.
Consideriamo quindi alcuni punti solamente.
Primo punto: la capacità di carico fantasma.
Lasciando da parte la più fantasiosa delle due ipotesi (stabilizzazione simile all’attuale), occupiamoci della seconda. Questa si basa infatti su di una molto verosimile retroazione positiva fra decrescita economica → minore accesso alla risorse → decrescita della popolazione. In pratica, la decrescita comporta una riduzione della capacità di estrarre a nostro vantaggio bassa entropia dall’ambiente, il che genera ulteriore decrescita.
Questo anello spinge effettivamente verso l’estinzione, ma ne esistono contemporaneamente altri. Ad esempio: maggiore mortalità → minore pressione sulle risorse residue → riduzione dell'inquinamento → parziale recupero della biosfera → minore mortalità. Questo secondo anello tende evidentemente a contrastare il precedente. Personalmente, penso che il primo (destabilizzante) sarà predominante in questo secolo, mentre il secondo (stabilizzante) acquisterà forza man mano che la pressione antropica si ridurrà.
Nessuna previsione, naturalmente. Solo l’osservazione che, probabilmente, il sistema tenderà ad un nuovo equilibrio una volta che la popolazione e l’economia si saranno contratte in misura sufficiente. Ovviamente, al netto di altre forzanti quali, ad esempio, un eventuale evoluzione del clima del tipo “sindrome di Venere”. Possibile, ma per ora solo un’ipotesi.
Secondo punto: Gradiente energetico.
Un altro aspetto della questione, che si interfaccia strettamente col precedente, è quello dell’energia. Dal momento che la crescita economica e demografica è dipesa interamente o quasi da disponibilità crescenti di energia pro capite, appare evidente che al calare di questo parametro dovrà diminuire anche la popolazione. Ma non possiamo sapere di quanto perché giocano due ordini di fattori contrastanti ed è arduo decidere quale dei due prevarrà. Non è neanche detto che la stessa cosa debba accadere in tutte le zone del mondo.
Il primo ordine di fattori è che le tecnologie e conoscenze attuali potrebbero permettere una produttività superiore a quella registrata in passato, a parità di energia pro capite. Il secondo è che il degrado subìto dalle risorse riduce la produttività, sempre a parità di energia utile disponibile.
Di solito, la questione dell’energia del futuro viene discussa a colpi di valutazioni circa quello che si potrebbe estrarre, dati certi parametri che variano secondo gli autori. Cambiando i parametri (ad es. se si considera o meno l’esauribilità di determinati minerali), cambiano notevolmente le stime.
Personalmente non sono in grado di verificare tali valutazioni, ma vedo una difficoltà intrinseca al tipo di energie che si voglio sfruttare.
Per fare qualunque cosa, è necessario far fluire energia lungo un gradiente: cioè da dove è più concentrata a dove lo è meno. Le energie fossili di buona qualità e l’idroelettrico posizionato bene hanno una cosa in comune: sono forme di energia che hanno il grado di concentrazione, e dunque un gradiente, ottimale. Basta prenderle e dissiparle per i nostri scopi. Un gradiente minore riduce più che proporzionalmente il rendimento, mentre un gradiente maggiore aumenta il rischio di incidente.
Viceversa, sole e vento, pur essendo quantitativamente molto più abbondanti, sono estremamente diffuse. Occorre quindi prima concentrarle (dissipando altra energia già concentrata in precedenza) per poterla poi trasportare dove serve e dissipare per fare quel che vogliamo. In pratica, un doppio passaggio che in nessun caso potrà quindi dare gli stessi risultati del passaggio singolo permessoci dalle fonti che abbiamo prevalentemente sfruttato negli ultimi 200 anni. Ciò non significa che sole, vento eccetera siano inutili. Anzi, proprio il fatto che l’economia industriale subirà un drastico ridimensionamento, forse un collasso, rendono preziosi degli oggetti che potranno mitigare gli effetti della decrescita almeno per alcuni decenni.
Terzo punto: la ruralizzazione.
Un altro aspetto della medesima questione è rappresentato dal tipo di insediamento umano del futuro. Man mano che l’economia industriale procederà a perdere pezzi, è probabile che una massa crescente di persone cercheranno salvezza in campagna. Un fenomeno che forse sta cominciando proprio in questi anni. Un processo possibile,ma la densità mondiale attuale è di una persona ogni circa 2000 mq di terreno agricolo, che stanno diminuendo di giorno in giorno. La media europea è analoga ed anche questa in rapido calo. Un ritorno massiccio all’agricoltura ed un riallineamento a standard di vita analoghi a quelli dei contadini poveri attuali rappresenta quindi uno scenario di decrescita possibile, ma non per tutti.
Anche in questo caso, è facile prevedere almeno alcune retroazioni, di segno opposto. Un primo anello spingerebbe verso un’accelerazione della decrescita: decrescita economica → aumento della popolazione rurale → maggiore pressione sulle aree marginali e le foreste → degrado del territorio → ulteriore decrescita economica. Molti entusiasti dell’orto domestico non condivideranno questo punto, ma l’esperienza di tutte le epoche e di tutte i paesi lo conferma.
Tuttavia, anche in questo caso, sono possibili anche anelli tendenti a stabilizzare il sistema. Per esempio: riduzione degli standard di vita → contese per il controllo delle zone migliori e dell’acqua → riduzione/scomparsa dei servizi sanitari moderni → decrescita demografica → miglioramento degli standard di vita.
Sono molti i fattori che spingerebbero per una rapida decrescita demografica, cosa che a sua volta ridurrebbe la pressione sugli ecosistemi e la competitività territoriale, oltre a mitigare la miseria.
In altre parole, più rapido il declino numerico, più alto il livello di relativo equilibrio che si potrebbe raggiungere, al netto di altri fattori qui non considerati (clima, guerre, epidemie, ecc.).
Conclusioni.
Noi profeti del malaugurio veniamo spesso accusati di avere un gusto perverso nell’annunciare catastrofi. Generalmente no, ma possiamo dare questa impressione a causa dalla frustrazione. Capita quando hai visto ignorati tutti gli avvertimenti lanciati quando c’era ancora il tempo di reagire ed evitare il peggio. Comunque, cercando di essere il più razionali possibile, direi che la decrescita è inevitabile ed anzi è già cominciata, ma che difficilmente condurrà il genere umano all’estinzione.
A mio avviso, le difficoltà maggiori nell’indagare la decrescita sono due: la scala spaziale e quella temporale.
Per quanto riguarda la prima, abbiamo numerosissimi precedenti storici di decrescita e anche di collasso di popoli e civiltà, ma nessuno a livello globale. In un modo costituito da un mosaico di organizzazioni scarsamente comunicanti, il collasso di una di esse può trovare mitigazione (ad es. tramite emigrazione) o aggravamento (a es. tramite invasione) dai suoi rapporti con i sistemi vicini. Ma comunque non si può verificare il simultaneo collasso dell’intera umanità. Il fatto che il collasso attuale stia avvenendo in un contesto globalizzato cambia radicalmente i termini della questione, almeno nelle fasi di avvio. Da una parte, infatti, sta consentendo di mitigarne e rallentarne considerevolmente gli effetti. Dall’altra, rischia di portare all’inferno l’intera umanità quasi contemporaneamente.
Una seconda difficoltà inerente la scala spaziale, risiede proprio nel fatto che il principale effetto della prima fase di decrescita sarà la frammentazione del sistema globale in sotto-sistemi di varia misura. Un processo che potrebbe reiterarsi fino alle estreme conseguenze o meno, a seconda di una miriade di fattori perlopiù locali. Dunque diversi da zona a zona.
Per quanto riguarda la dimensione temporale, il problema è che avremo due curve in calo: quella della capacità di carico e quella della popolazione. Cioè vivremo una specie di gara di corsa in cui la popolazione tenderà a stabilizzarsi su dei livelli tanto più alti, quanto più precoce e rapido sarà il decremento. Questo perché proprio la decrescita economica e la decrescita demografica sono forzanti che tendono a stabilizzare il sistema, mentre il degrado della Biosfera e l'alterazione del clima sono le principali forzanti che spingono verso l’annientamento umano.
Se davvero avessimo a cuore noi stessi, dirotteremmo tutte le risorse possibili verso la conservazione della Biosfera e del clima, anziché sulla nostra.
Decisamente contro-intuitivo, ma spesso la Natura lo è.
http://ugobardi.blogspot.it/
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