venerdì 20 maggio 2016

GOLPE IN BRASILE, IL MARIO MONTI LOCALE È NATO IN ISRAELE



«A ulteriore conferma che in Brasile c’è un clima da colpo di Stato e non un avvicendamento qualsiasi, ecco una notizia che la quasi totalità dei media mondiali ha ignorato sebbene provenga da una fonte clamorosa». Lungi dal limitarsi agli affari correnti, il governo del presidente ad interim Michel Temer, come primo provvedimento, ha deciso la nomina del nuovo presidente della banca centrale: «Si tratta di un nativo israeliano, Ilan Goldfein, esponente di spicco della maggiore banca privata brasiliana». 



Goldfein, scrive Pino Cabras su “Megachip”, ha «un curriculum da reggi-sacco del Fmi e della Banca Mondiale». La notizia è stata anticipata dal quotidiano di Tel Aviv “Yedioth Ahronoth”, mentre è stata ignorata dall’intera stampa mondiale. In Brasile, però, «non si registrano prese di posizione di politici brasiliani, nemmeno quelli spodestati dal golpe». Di certo, aggiunge Cabras, il neo-designato Goldfein «è una figura organica alle classi che vogliono distruggere tutto quello che si è costruito nelle presidenze di Lula e di Dilma». Il nuovo presidente del Banco Central do Brasil già tuona contro la corruzione come causa di tutti i mali e annuncia sadicamente che la classe media dovrà «affrontare la decimazione dei suoi sogni».

«E’ la solita litania neoliberista sul popolo che vive al di sopra dei propri mezzi», annota Cabras. «Certo sarebbe curioso vedere questo paladino del rigore e della pulizia morale mentre riceve l’incarico dalle mani sporchissime del neogoverno, guidato da Ilan Goldfeinpolitici pieni di carichi penali per corruzione, a partire dall’azzimatissimo “asset” degli Usa, Temer». Quanto oro brasiliano avrà a disposizione, Goldfein? «Di certo potrà contare su grandi riserve di bronzo, nelle facce dei nuovi governanti usurpatori, e forse nella sua». Il super-banchiere, scrive Itamar Eichner su “Yedioth Ahronoth”, è stato capo-economista di Itau, la più grande banca privata del Brasile, quindi assistente del governatore della Banca del Brasile, nonché consulente per la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Formatosi al Mit di Boston, culla del neoliberismo che sta facendo a pezzi la sovranità degli Stati imponendo privatizzazioni e tagli selvaggi alla spesa pubblica, Goldfein punta sull’export, come la Germania: «L’economia brasiliana è enorme, ma è troppo chiusa: esportiamo solo il 15% del nostro prodotto interno lordo, il che non è molto».

Come è noto, proprio la crescita fondata sulle esportazioni – anziché sulla domanda interna – ha necessità di fortissime compressioni salariali (in Germania i “mini-job” da 400 euro, in Italia il Jobs Act) per reggere la concorrenza internazionale abbattendo in modo drammatico il costo del lavoro. Come da copione, dunque, Goldfein prepara il “rigor montis” in salsa carioca, la politica del rigore: «La classe media, che aveva pensato di diventare ricca e le cui aspirazioni stavano per avverarsi, deve ora affrontare la decimazione dei suoi sogni». Aggiunge il giornale israeliano: Goldfein ha stimato che, per uscire «con successo» dalla crisi attuale, il governo «dovrà prendere misure impopolari, come l’aumento delle tasse, tagli al bilancio e l’innalzamento dell’età di pensionamento». Suona familiare? Per arrivare a questo, naturalmente, serve sempre un cataclisma spettacolare, una Tangentopoli, un Rubygate. L’importante è che poi arrivi il Commissario, a spiegare che “la ricreazione è finita”. D’ora in poi tutti più poveri, dunque. Tranne, ovviamente, i mandanti del Commissario.

Tratto da: libreidee

http://ununiverso.altervista.org/

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