Il 23 giugno del 2016, si terrà in Gran Bretagna un referendum per la permanenza o meno del paese nell’Unione Europea: arrivare a questa tappa non è stato per niente facile, visto tutto il terrorismo che c’è stato fin dalla nascita di questo progetto.
Il premier del partito conservatore David Cameron ha dovuto cedere e promettere il referendum proprio per farsi rieleggere nel 2015, cosa che gli è riuscita facendogli ottenere addirittura più seggi rispetto al governo precedente, cosa accaduta solo alla Thatcher negli anni ’80.
In una recente intervista su Sky News, Cameron ha dichiarato di sentirsi orgoglioso di questa scelta, che ha promesso e che sta portando avanti.
Anche se non si è schierato apertamente, la sua idea è chiara: prima di chiudere la suddetta intervista, egli ha dichiarato di “andare a casa e guardare i nostri figli: cosa vogliamo per il loro futuro? La Gran Bretagna non è un paese che getta la spugna e lascia la battaglia”.
Attualmente, nonostante le paure che si stanno infondendo ai cittadini per indurli a votare la non uscita, l’ago oscilla da un campo all’altro: si parla di un vantaggio della Brexit per il 52%, ma molti giornali ed emittenti televisive stanno già caricando le munizioni in vista degli ultimi giorni ante-voto.
Gli endorsement a favore dello status-quo provengono tutti da stampelle del sistema, alias finanza e multinazionali – travestitesi per l’occasione da aziende made in England – ma anche da università e uomini di cultura, sintomo che la prostituzione intellettuale non passa mai di moda.
Per contro, le forze che promuovono e sostengono il referendum parlano di sovranità, di superamento della “crisi economica”, della soluzione del nodo dell’immigrazione – che così non sarebbe più imposta dall’UE – ma anche del rilancio della city in balìa dei lacciuoli di Bruxelles e del rifiuto di tutte quelle leggi che provengono da élites burocratiche sconosciute, che impongono ormai il 50% delle leggi al paese.
Ebbene, la prova regina che la Brexit è cosa buona e giusta è che la finanza, anzi il “sistema” ne è terrorizzato: dal FMI all’OCSE, da Barack Obama – il maggiordomo americano della FED – ai principali attori economici e politici loro servitori, tutti si sono espressi fortemente contro la riuscita di questo referendum, paventando tragedie “greche” che in realtà stanno già accadendo proprio nel paese ellenico grazie all’Europa, alla sua moneta e al sistema finanziario.
Il punto nodale per capire quanto gioverebbe all’Inghilterra la Brexit sta proprio nel fattore economico e monetario: il paese, infatti, anche se non ha l’Euro, è soggetto agli stessi limiti di emissione monetaria validi per gli altri paesi dell’Unione; in altre parole, si può stampare – dal nulla – e prestare – allo stesso modo e con tanto d’interessi inesistenti – massimo il 3% ogni anno finanziario – anzi bisogna arrivare allo 0% grazie a trattati come il Fiscal Compact sottoscritti da quasi tutti i paesi contraenti.
Ora, sebbene il Regno Unito non abbia sottoscritto la follia del Fiscal Compact, resta comunque vincolato a questo famigerato 3%, cosa che impedisce l’afflusso monetario e quindi qualunque rigurgito di crescita economica.
Pensate, il trattato che ha istituito questa stupida regola del 3% – e che determina, quindi, ogni anno, una crisi economica pilotata e indotta! – si chiama “Trattato di stabilità e crescita”: se questo non è il ribaltamento di qualunque tipo di logica, non so cosa sia.
In realtà, si sa benissimo a cosa si mira: attraverso finte crisi… si vuole arrivare al potere totale e al futuro governo mondiale.
Ricordiamoci sempre le parole del “profeta” Mario Monti: “l’Europa ha bisogno di crisi per fare passi avanti”.
E la Brexit, quindi, potrebbe rappresentare un pericolosissimo passo indietro.
Se il paese uscisse dalla gabbia del 3%, dunque, potrebbe stampare più moneta e cominciare a ricostruirsi economicamente, magari avere anche la libertà di deprezzare un po’ la sua divisa, al fine di attirare investimenti, aziende e lavoro.
Insomma, anche se il denaro rimanesse di proprietà privata – la Banca centrale d’Inghilterra è l’ennesima S.p.A. – si aprirebbero nuovi spazi di manovra nazionali, cosa che solleverebbe per un bel po’ il paese da un futuro sempre più povero e asfittico, al pari degli altri membri dell’Unione.
C’è chi paventa scenari apocalittici per il commercio: ebbene, un’Inghilterra “libera” – anzi, un po’ più libera – avrebbe la libertà di commerciare con chiunque, non dovendo contingentare né le esportazioni né le importazioni.
Inoltre ciò indurrebbe altri paesi – anche dell’Unione, chissà! – a intessere nuovi rapporti commerciali e non solo con la nazione.
Insomma, anche se il rodaggio, come tutte le cose, potrebbe essere un tantino lento, i benefici qui superano di gran lunga gli svantaggi, e questo perché in un attimo si spazzerebbero via tutti i limiti – alias i controlli – imposti dai banchieri europei, che ormai dominano le nostre economie e – come diretta conseguenza – le nostre vite.
Nessun economista vi dirà mai queste cose, specie in televisione: del resto si sa, le cose davvero importanti vanno nascoste sotto il tappeto.
Ricordiamoci anche un’ultima cosa: l’Unione Europea, ormai, è diventata una dittatura, dato che abbiamo una Commissione non eletta da nessuno che decide tutto, un Parlamento votato dai cittadini che non decide niente, e una banca centrale privata che stampa denaro dal nulla e ci indebita fraudolentemente.
Insomma, uscire da un sistema del genere è una scelta anche etica, non solo economica!
Ma tant’è: se si guarda la televisione o si leggono i giornali finanziati dallo stato – ostaggio dei banchieri -– la musica cambia in modo notevole, permettendo – come al solito – alle emozioni di prendere il sopravvento.
Ricordiamoci anche un’ultima cosa: se non fossimo entrati nell’Euro – dicevano – saremmo stati poverissimi e fuori dal mondo.
Guardate ora a che punto siamo.
Autore: Gabriele Sannino
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