L’Austria potrebbe essere la seconda pedina del domino a far crollare l’edificio dell’Europa unita.
Appena una settimana dopo la devastante notizia del voto britannico sull’uscita del Regno Unito dalla Ue, la Corte Costituzionale di Vienna ha preso una decisione che potrebbe rivelarsi altrettanto decisiva.
Con l’annullamento del voto al ballottaggio per le presidenziali del 22 maggio scorso, i magistrati austriaci hanno aperto un’autostrada all’ascesa delle forze euroscettiche e nazionaliste alla massima carica del Paese alpino. Perché, come commenta preoccupata anche la BBC, quella sancita oggi dalla Corte è una “vittoria morale dell’estrema destra euroscettica ed anti-immigrati”.
Il candidato dell’Fpo Norbert Hofer ha ora ottime probabilità di vincere al nuovo ballottaggio ordinato dai giudici, che dovrebbe tenersi fra settembre e ottobre. Non solo perché, come accertato dal tribunale supremo, pare che gran parte delle schede manipolate provenissero proprio da quei voti postali grazie a cui il verde Van Der Bellen avrebbe ottenuto la vittoria finale; ma anche e soprattutto perché ora i populisti di destra dell’Fpo si sentono galvanizzati ed euforici da quella che si prospetta come una storica rimonta.
Mai era successo, infatti, che la Corte Costituzionale ordinasse la ripetizione del voto. Che ora, nonostante la carica di presidente della Repubblica assegni un potere pressoché esclusivamente cerimoniale, rischia di provocare un vero e proprio terremoto politico a livello continentale.
Il candidato presidente sconfitto Norbert Hofer proprio all’indomani del voto sul Brexit aveva chiesto a gran voce la convocazione di un referendum popolare anche in Austria per decidere la permanenza o meno del Paese nella Ue: una sorta di “Auxit”. Un’eventuale vittoria alle nuove elezioni gli conferirebbe un peso politico tale da non poter essere più ignorato.
Secondo i più recenti sondaggi, il 40% degli austriaci vorrebbe poter esprimere il proprio parere in un referendum sul modello britannico; il 53% tifa per l’Auxit, ma si tratta di un dato in fortissima crescita, calcolando che nel 2014 solo il 25% della popolazione vedeva l’uscita dalla Ue con favore.
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