mercoledì 10 agosto 2016

LE RADICI DELLA VIOLENZA



Pedofilia, sfruttamento, abusi… la cronaca è invasa da ogni genere di notizie dell’orrore e il mondo precipita sempre più velocemente in una spirale di atrocità.
Ma da cosa ha origine questo crescendo di crudeltà?
Sarebbe bello individuare un gene o un virus responsabili della cattiveria. Potremmo circoscrivere e curare l’abominio in tempi relativamente brevi!
Purtroppo, però, la ferocia non compete alla biologia e nemmeno alla medicina.
La malvagità appartiene alla psiche, è un atteggiamento mentale e deriva dall’incapacità di immedesimarsi con chi prova dolore.

Il “cromosoma” della crudeltà è la distanza emotiva che separa l’aggressore dalla sua vittima.
La sensazione di diversità, non appartenenza, estraneità fra due esseri è la radice dell’insensibilità e del distacco, necessari a compiere qualunque violenza.
Viceversa, la possibilità di identificarsi in un altro e di sperimentare le sue sensazioni e i suoi sentimenti, inibisce l’aggressività e spinge alla comprensione e alla fratellanza.
Alle radici della violenza, perciò, troviamo sempre una mancanza di empatia.
Per debellare la crudeltà dal mondo, non è sufficiente impedire le condotte violente.
Occorre far crescere la sensibilità e sviluppare l’intelligenza emotiva.
Soltanto così potremo eliminare le radici della violenza e realizzare un mondo basato sul rispetto, sulla comprensione e sulla fratellanza.
Finché non avremo maturato la capacità di riconoscere (ma soprattutto di “sentire”) il dolore degli altri, abusi e sopraffazione esisteranno sempre.
Il razzismo è la causa di ogni malvagità.
L’unico “gene” responsabile delle crudeltà che stanno progressivamente avvelenando il nostro pianeta.
In tempi passati il maschilismo, decretando una disparità gerarchica fra i sessi, legittimava lo sfruttamento e la brutalità degli uomini sulle donne.
Purtroppo, dal maschilismo alla pedofilia il passo è stato molto breve.
Tollerare che un essere umano possa essere trattato come un oggetto da un altro essere umano, ha creato i presupposti affinché anche i bambini, come già le donne, diventassero “cose” a disposizione degli adulti.

Una sessualità intrisa di maschilismo sviluppa la pedofilia e intossica la società.
Ma, dietro il maschilismo, silenziosa, invisibile e brutale, si annida una piaga ben più insidiosa.
Lo specismo.
La parola specismo indica la gerarchia arbitraria che l’umanità ha stabilito tra le specie viventi, mettendosene all’apice.
Responsabile dell’ottundimento della naturale sensibilità umana, e per questo artefice di ogni sopraffazione, lo specismo coltiva subdolamente violenza, sfruttamento e prevaricazione, ed è l’origine del razzismo e del maschilismo.
La cultura dello specismo legittima l’utilizzo delle altre specie viventi per il piacere e il divertimento degli uomini, annichilendo la naturale propensione dei bambini verso gli animali e ottundendo progressivamente l’empatia, fino a rendere gli esseri umani insensibili davanti al dolore e alla sofferenza.
L’annientamento della sensibilità è una condizione indispensabile per mantenere in vita i macelli, gli allevamenti intensivi, la vivisezione, la sperimentazione animale, l’industria delle pellicce, i sacrifici degli animali durante giochi, feste e fiere, il mercato delle scommesse sui cani… e tutte le svariate attività commerciali basate sulla sopraffazione dell’uomo sugli animali e dell’uomo sull’uomo.
Attribuire arbitrariamente alla nostra specie la superiorità su qualunque altra, autorizza il massacro e la prevaricazione e sviluppa una cultura fondata sulla legge del più forte.
Una cultura in cui la sopraffazione è permessa mentre la tenerezza, la condivisione, il soccorso reciproco sono guardati con sospetto, ridicolizzati e limitati a pochi rari momenti, intimi e privati.
Tutto il nostro mondo poggia sullo sviluppo di attività speciste (e perciò razziste) ma il distacco emotivo, necessario a permetterne l’esistenza, è gravido di conseguenze negative e crea una frattura nell’intelligenza emotiva, limitandone l’espressione e generando numerose problematiche psicologiche.
Chi non riesce a essere indifferente, infatti, paga con l’emarginazione la propria sensibilità, considerata eccessiva, e spesso è costretto a ricorrere all’aiuto dei farmaci.
Il cannibalismo, lo schiavismo, i campi di concentramento, il nazismo… sono soltanto alcune conseguenze di uno stile di pensiero che, legittimando lo sfruttamento e la tortura, estende implicitamente l’oppressione dalle razze animali alla razza umana.

Uccidere per sopravvivere, piuttosto che cercare alternative meno crudeli e più tolleranti, genera durezza e prepotenza, e impregna di sopraffazione l’umanità.
Ecco perché lo sfruttamento degli animali ha come conseguenza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Proprio come la violenza sulle donne innesca l’abuso anche sui bambini, mangiare la carne di altri esseri, non rispettarne la diversità, misconoscerne la cultura, fa della crudeltà uno stile di vita “umano”, invece che una perversione, e in nome della sopravvivenza legittima le aggressioni, l’egoismo, lo sfruttamento e la prevaricazione.
Qualunque società che autorizzi l’uccisione, come normale modalità di sussistenza, annienta la fratellanza, ottunde la sensibilità e permette l’abuso.
Per tutti noi oggi è diventato abituale, nascondere la nostra umanità dietro una facciata d’insensibilità e, nel tentativo di limitare la pulsazione del nostro cuore, cancelliamo l’empatia e coltiviamo il mito dell’imperturbabilità.
Questo provoca una grande sofferenza psicologica e si traduce in comportamenti sempre più rigidi e indifferenti.
Siamo costretti a insegnare ai bambini il sospetto e la diffidenza (verso chiunque, compresi i parenti).
Non ci rendiamo conto che in tanti gesti quotidiani si annida un pericoloso cinismo e perpetuiamo involontariamente una catena di massacri, ignari delle loro inevitabili conseguenze.
Il primo passo verso un mondo migliore consiste nel riconoscere la crudeltà dentro il nostro abituale stile di vita.
Quando il dolore di ogni essere sarà visibile anche alla nostra coscienza, potremo mettere fine al dilagare della violenza e costruire un mondo più adeguato per i nostri figli.
Un mondo senza guerre né massacri.
Un mondo finalmente migliore.
Un mondo sano.

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