martedì 25 ottobre 2016

PERCHÉ LA FOTO DI SALAH ABDESLAM È STATA RITOCCATA?










DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

Il concept album è sempre più ossessivo e ripropone i soliti modelli puntuali, due fratelli nel ruolo di kamikaze uno puntualmente morto, l’altro puntualmente in fuga. Parigi 13 novembre 2015,Bataclan, i fratelli Abdeslam. Un puzzle apparentemente indecifrabile, un canovaccio improvvisato su spazi d’arte pervasivi, che ad ogni nuovo attentato terroristico invece si ripresentano in termini monotoni e sempre uguali … scenografie da incubo colluse con le stesse confezioni antologiche abbastanza scontate, quasi fossero gli intrighi che Ray Donovan deve quotidianamente disbrogliare nella sua Hollywood sontuosa e bastarda.






Salah Abdeslam, l’unico terrorista sopravvissuto degli attacchi di Parigi del 13/11 , è tornato sotto i riflettori della cronaca, perché secondo il suo ex avvocato, potrebbe togliersi la vita in carcere. Non ha più senso la difesa, dato che il carcerato si rifiuta di testimoniare. In un’intervista, Frank Berton ha spiegato che Abdeslam «ha scelto di chiudersi in un muro di silenzio», cioè di non collaborare con le indagini e di non testimoniare al suo processo, dunque il suo ruolo non ha più senso. Il secondo penalista Sven Mary ha aggiunto che l’atteggiamento di Abdeslam si può spiegare in parte con le severe misure di detenzione cui è stato sottoposto, egli infatti si trova in una cella in isolamento ed è costantemente ripreso da sei telecamere, cosa che è già stata criticata e paragonata a una tortura psicologica, e lui si sta trasformando in una bestia selvatica.



I due avvocati Frank Berton e Sven Mary hanno annunciato che smetteranno di difendere Salah Abdeslam.

Estradato dal Belgio ora Abdeslam si trova nel carcere francese di Fleury-Mérogis, nella regione dell’Île-de-France. Da quando si trova in Francia però, ha rifiutato la strategia di difesa dei due avvocati. Durante la prima udienza in maggio non ha aperto bocca, a luglio non si è nemmeno presentato e a settembre si è nuovamente sottratto al confronto.

Il carcerato ha parlato solamente una volta con le autorità, il giorno dopo il suo arresto a Bruxelles, e molto resta da chiarire sul suo ruolo negli attentati e nell’organizzazione terroristica. Abdeslam aveva confermato di essere la persona che aveva noleggiato le automobili e prenotato gli alberghi per gli altri terroristi, e che aveva accompagnato in auto i tre attentatori suicidi dello Stade de France. Anche lui doveva farsi saltare, ma all’ultimo momento ha rinunciato. Respinge anche la responsabilità del fratello maggiore, Brahim, che si è fatto esplodere al Comptoir Voltaire, e accusa invece Abdelhamid Abaaoud di essere stato la mente degli attacchi.

Considerato il decimo componente del commando terroristico che ha insanguinato Parigi, era un ragazzo di vita che frequentava alcuni noti locali gay di Bruxelles, fumava hashish e usava passare le giornate a giocare alla playstation … esattamente il contrario del classico jihadista martire per la santa causa. Secondo il Sunday Times, a Salah piaceva flirtare con altri uomini e frequentava soprattutto la zona di Saint Jacques, nel cuore della capitale belga. Egli insieme al fratello avrebbe noleggiato a Bruxelles le auto usate per gli attacchi parigini, una Seat e una Polo nere, poi fu arrestato venerdì 18 marzo in Belgio, dopo una fuga durata quasi cinque mesi.

Sven Mary l’avvocato belga racconta di essere stato contattato per la difesa da qualcuno dell’ambiente di Abdeslam. Di lui dice: «È un povero coglione di Molenbeek che viene dalla piccola delinquenza, più un seguace che un leader. Ha l’intelligenza di un posacenere vuoto, è di una abissale vacuità. È l’esempio perfetto della generazione GTA (Grand Theft Auto) che pensa di vivere in un videogioco. Gli ho chiesto se avesse letto il Corano, cosa che io ho fatto, e mi ha risposto di averne letto un’interpretazione su Internet. Per delle anime semplici come la sua la Rete è perfetta, è il massimo che sono in grado di comprendere»

Nel carcere belga Mary lo aveva incontrato «sette o otto volte, per due ore e mezzo a ciascun incontro». Già a marzo il quotidiano belga Le Soir aveva raccontato che Sven Mary era stato aggredito per la strada da un uomo che lo accusava di difendere un terrorista. Da quando ha assunto la difesa di Salah Abdeslam, ha confermato a Libération di aver ricevuto centinaia di minacce, che due persone l’hanno nuovamente aggredito davanti al suo ufficio e che la polizia ha dovuto scortare le sue figlie a scuola più di una volta.

In preparazione dell’attacco, la cella terroristica aveva organizzato quasi una dozzina di nascondigli, per lo più intorno Bruxelles. Una vita sotterranea molto organizzata, dove ognuno aveva il proprio ruolo, ogni volta che una nuova squadra arrivava, un domicilio sicuro, un frigo pieno, e un nuovo tablet a disposizione.

Del resto Bruxelles è una città strana, una stessa sede per jihadisti, Nato, Ue … il sobborgo sovraffollato di Molenbeek poi è la fucina ideale di produzione di terroristi islamici, ed anche un riparo sicuro dagli occhi indiscreti delle forze dell’ordine. Tanto che al mercato di Molenbeek per esempio, insieme a broccoli e peperoni si possono acquistare armi, bombe, attrezzature militari, assoldare jihadisti per ogni eventualità, procurarsi anche grossi quantitativi di Captagon, la droga dei terroristi. Il grande quartiere è un pezzo di Maghreb trasportato in Belgio, divenuto la centrale del reclutamento dei foreign fighters in Europa, dove si parla arabo, sono arabe le insegne dei negozi e dei ristoranti, dove le donne girano col chador, mentre gli uomini passano le giornate nei bar. Il 30% dei circa 100mila abitanti è giovane, e la metà sono disoccupati. L’abbandono scolastico è altissimo, gira molta droga, e sono inflazionati il gioco d’azzardo e le rapine.

Il Belgio è un hub del terrorismo islamico, infatti secondo una stima dell’International Centre for the Study of Radicalisation, citata dal Guardian, sarebbero state almeno 300 le persone di origine belga che sono andate a combattere in Siria dall’inizio della guerra civile nel 2011, un numero che in proporzione alla popolazione nazionale (11 milioni di abitanti) fa del Belgio lo Stato con la maggiore concentrazione di jihadisti.



Ma la cattura di Abdeslam ha aggiunto ulteriore singolarità al contesto … la polizia non isola l’immobile prima dell’azione, anzi nemmeno ferma la circolazione, mentre gli abitanti occhieggiano basiti dalle finestre e dalle vetrine. Del tutto diversa dal violentissimo blitz a Saint Denis nei sobborghi di Parigi, in cui restarono uccisi Chakib Akrouh e Abdelhamid Abaaoud. Quando il terrorista esce dal portone di casa circondato dalla polizia si mette a correre lungo il marciapiede per tentare una fuga impossibile, poi quando viene ferito, si accascia a terra e viene sollevato dagli agenti che si preoccupano di coprirgli il volto, non si capisce perché.





Per di più mentre Salah Abdeslam viene trascinato verso l’auto perde qualcosa, un oggetto rettangolare bianco non meglio identificato gli scivola dall’orlo dei pantaloni.





Ma le sorprese non finiscono qui … Il 12 aprile l’account Twitter del quotidiano belgaHet Nieuwsblad trasmette un articolo accompagnato da una foto in esclusiva di Abdeslan nel carcere di Bruges. L’immagine è stata ripetutamente ritoccata tramite Adobe Photoshop CS5.1 di Windows. Chi c’è dietro questa fotografia presentata a tutta la stampa europea come un documento necessariamente vero?

E poi ancora alcune fonti difficili da etichettare come antisemite o complottiste , il Times di Israele e la Jewish Telegraphic Agency, riportano i commenti concessi dai fratelli Laloux (Pascal e Joel, figli del musicista ebreo Elie Touitou) alla televisione israeliana, che sostengono di aver venduto il Bataclan l’11 settembre 2015 , di proprietà della famiglia da circa 40 anni, a causa della imminente partenza di uno di loro (Joel) in Israele. Due mesi prima della carneficina del 13 novembre che ha causato la morte di più di 89 spettatori.

La Cabala di venerdì 13 … a ciò si aggiunga che nella notte dal 13 al 14 novembre, Facebook ha messo il suo strumento Safety check sulla zona di Parigi a disposizione della ricerca dei dispersi. Più di 4 milioni di utenti avevano indicato tramite il social network di essere al sicuro, a seguito degli attacchi terroristici, 360 milioni di persone hanno poi ricevuto un messaggio tempestivo da parte dei loro amici. Questa applicazione testata in precedenza durante i terremoti, ma utilizzata per la prima volta in collegamento con un attentato, è stata sviluppata con il ramo israeliano della società Facebook, con sede a Tel Aviv.



L’identità dello sviluppatore, tra cui anche la fotografia blu-bianco-rossa, proviene dal suo account di Facebook? Roi Tiger, il creatore della controversa startup Onavo (vuoto di dati privati) e delle sue applicazioni, si è diplomato presso l’Interdisciplinary Institute di Herzliya (una base di reclutamento dei servizi segreti israeliani) ed è stato un ex militare addestrato all’interno dell’unità d’élite 8200(formidabile installazione dell’esercito israeliano dedicata alla guerra hacking e alla pirateria informatica).

Poi Domenica 15 Novembre, due giorni dopo l’attentato, Panamza ha fatto un’altra rivelazione inquietante: la mattina degli attacchi funzionari della sicurezza della comunità ebraica avrebbero appreso “dell’imminenza di un grande attacco terroristico” secondo il The Times of Israel, e l’autore di questa notizia sarebbe stato l’esperto Jonathan Simon Sellem (alias JSS) estremista franco israeliano della causa sionista e grande amico di Meyer Habib, un influente deputato ultra-sionista, ex vice presidente del CRIF e amico (dal 1991) di Benjamin Netanyahu, stranamente presente al seguito di Manuel Valls, durante la visita del Primo Ministro nei locali devastati di Charlie Hebdo.

A questo punto non c’è nulla che possa escludere l’ipotesi, del resto già presentata come verità indiscutibile da tutta la classe politico mediatica, che la responsabilità degli attacchi terroristici di Parigi siano da attribuirsi al movimento jihadista affiliato al Daesh. Ma alla luce delle prove incontestabili, sarebbe giusto prendere in considerazione anche altre tesi. Resta solo un fatto certo: in un regime il cui presidente ha decretato lo stato d’emergenza, arrogandosi così il diritto di “controllare la stampa e le pubblicazioni di qualsiasi natura”, non si può certo contare sui media tradizionali per sperare di conoscere le ramificazioni di certe operazioni che vengono imputate esclusivamente ad una cellula islamista che si sarebbe attivata proprio la notte di venerdì 13 novembre 2015, appena cominciato lo shabbat ebraico.


Ora Joel Touitou, l’ex co-proprietario del Bataclan trasferitosi in Israele, intervistato da Israpresse ha detto che (stranamente) continuerà a garantire la “responsabilità” della gestione fino a settembre 2018, secondo i termini di vendita. Per quanto riguarda il fratello Pascal, basta vedere il suo account su FB, dove si dichiara presidente del Club ultrasionista calcio UJA Maccabi, per scoprire il suo appoggio politico a Gil Taieb (figura emblematica della comunità ebraica, vice presidente del CRIF, vicino al fondatore dell’“Associazione per il benessere dei soldati israeliani” e marito di Karen Taieb, scrittrice e responsabile degli archivi del Mémorial de la Shoah) … Logicamente, Pascal Laloux esibisce anche sui social network la sua “passione” per l’esercito israeliano.

E’ anche uno dei 2.852 fans del sito Torat Chaim del rabbino David Touitou, perfettamente allineato con l’estrema destra israeliana ora al potere, che attende l’arrivo imminente del Messia,che segnerà il trionfo di Israele contro il resto del mondo, ed ha così cinicamente definito la Francia come “un paese musulmano”.

Dunque gli indizi che segnalano una presenza degli interessi israeliani dietro gli attentati terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi sono molto numerosi e, come diceva Agatha Christie“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Siamo di fronte a strutture di potere che sono in grado di abbattere governi, organizzare colpi di stato, e destabilizzare le dinamiche psicologico sociali delle nazioni attraverso l’arma del terrorismo, innescando una strategia della tensione che ha sempre favorito lo status quo.

Un attimo di riflessione e analizziamo il fatto politico: cui prodest questo terrorismo bastardo? Non certo alla cultura islamica o ai Paesi che la rappresentano, quanto al potere finanziario militare occidentale, che ha bisogno di mantenere il controllo sui governi dell’Eurozona, impedendone una sempre più probabile dissoluzione. Mentre le guerre infuriano in Oriente, dopo Afghanistan e Iraq, ora anche Siria e Libia, con un occhio di riguardo nei confronti della Russia di Putin, che crea particolare ansia per l’efficienza strategico militare dimostrata nella guerra di Siria … in modo tale da avere le mani libere per perseguire la solita politica dell’aggressione, che ha contraddistinto da sempre la voracità di potenza dell’Occidente nei confronti dell’Oriente.



Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

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