domenica 8 gennaio 2017

PROVE DI GUERRA CIVILE
















Stanno scherzando col fuoco, e c’è il serio pericolo che, un giorno o l’altro, scoppi davvero un incendio incontrollabile. È questo che vogliono? E perché?


Dei nostri uomini politici sapevamo che sono, mediamente parlando, sia incompetenti che corrotti: una miscela esplosiva. Da alcuni anni a questa parte appare sempre più evidente che sono anche al servizio di un disegno che non conosciamo, che possiamo solo intuire – e quel che se ne capisce è tutt’altro che bello. Un disegno che passa sopra le nostre teste e che non tiene minimamente conto di quel che pensiamo e desideriamo noi. Non solo: un disegno che va decisamente contro l’interesse della nostra nazione, contro l’interesse del popolo italiano.

È pur vero che un disegno del tutto analogo s’intravede anche da parte degli altri governi dell’Unione europea: i nostri politici ci aggiungono quel tanto di cialtroneria che appartiene alla loro tradizione, ma si muovono comunque entro dei binari già stabiliti da qualcun altro, proprio come fanno i loro colleghi francesi, tedeschi, ecc., comprimari o burattini di un pirandelliano gioco delle parti, di cui si intuisce una cosa sola, l’obiettivo finale: la distruzione della civiltà europea, la rimozione totale delle sue radici cristiane e la sostituzione dei suoi popoli con una popolazione affatto nuova, mista, africana e mediorientale, di religione islamica.



La Chiesa cattolica, strano ma vero, collabora attivamente e volonterosamente – potremmo anzi dire entusiasticamente – a questo progetto suicida, a questa eutanasia della civiltà cristiana dell’Europa e anche in questo non è chiarissimo perché lo facciano, e cosa pensino di guadagnarci. Certo, in entrambi i casi – la Chiesa e lo Stato – ci sono dei grossi interessi economici in ballo; ci sono banche, e specialmente cooperative, che hanno il loro tornaconto; e in entrambi i casi c’è un calcolo “politico”: voti dei nuovi cittadini per i partiti della sinistra, e investimento a lungo termine per una polizza sul futuro dei cristiani, perché la loro agonia sia dolce e possibilmente pietosa. Il pontificato di Francesco, in particolare, ha posto il dovere dell’accoglienza ai cosiddetti profughi (che tali non sono, al 95%) tra le priorità assolute del buon cristiano politically correct… mai avanzare il minimo dubbio, mai azzardare, non diciamo una critica, ma anche solo una lievissima perplessità in proposito.

La gente, però, è stanca: sono anni, anzi decenni, che vede le nostre coste e le nostre isole prese d’assalto da folle strabocchevoli di migranti/invasori: quasi sempre giovani e forti; quasi sempre provenienti da Paesi in cui non c‘è guerra, né carestia; quasi sempre di religione islamica e di tendenza fondamentalista: al punto da gettare a mare i loro pochi compagni di avventura di religione cristiana, o da discriminarli e costringerli a nutrirsi dei rifiuti, nei centri di accoglienza e smistamento: un piccolo assaggio di quella che sarà la loro politica futura, quando saranno abbastanza forti e numerosi da gettare la maschera dei profughi e assumere apertamente il volto dei conquistatori.

La gente, la nostra gente, non ne può più. È stanca di vedere questi baldi giovanotti che se ne stanno senza far niente tutto il giorno, per almeno un paio d’anni, mantenuti da noi, magari in un albergo a tre o quattro stelle, con tanto di telefonini e uso gratuito di internet, spesati di tutto, fumando sigarette fornite da noi, e, non di rado, arrotondando le entrate con il piccolo spaccio di droga nei giardinetti pubblici, o con i furti e le rapine nelle case, o infastidendo le ragazze. Intanto i nostri pensionati devono arrabattarsi da soli; i nostri disoccupati non hanno un piatto di minestra da mangiare se non, per carità, dai frati; i nostri giovani non hanno un futuro, se non andandosene all’estero. È stato calcolato che, negli ultimi dieci anni, quasi un milione di italiani hanno preso la residenza all’estero: in parte sono laureati che hanno trovato una professione qualificata, in parte sono anziani che non vogliono vivere nella miseria i loro ultimi anni e hanno scoperto che ai Caraibi si può vivere da ricchi anche con ottocento euro di pensione.

E così la spirale suicida è completa: per ogni italiano che se ne va, esportando le sue competenze e la sua iniziativa, c’è un maghrebino, un nigeriano o un afghano che entra nel nostro Paese, in modo perfettamente illegale, ma garantito in tutto e per tutto, sanità compresa. Può fare quel che vuole: violare il codice della strada, fare a pezzi le multe, commettere piccoli furti, spacciare droga e non pagherà nulla, perché risulta nullatenente. Potrà fare ricorso, se la sua domanda di rifugiato non verrà accolta, prolungando di parecchi altri mesi la sua residenza illegale, sempre a spese nostre. Può ridere in faccia alle forze dell’ordine che gli notificano il decreto di espulsione, perché sa come rendersi uccel di bosco o come ritornare, alla prossima occasione.

I confini non esistono più; la nostra Marina militare pare che serva solo per andare a prendere i migranti sulle coste della Libia e fare servizio taxi. Oppure c’è il confine del Friuli Venezia Giulia, che è tutto un colabrodo: ma non occorre nemmeno farsi una faticosa marcia attraverso boschi e montagne, basta entrare con un pullman gran turismo e poi, una volta giunti bene addentro, invocare lo status di rifugiati. O sparire dalla circolazione e vivere da perfetti clandestini: salvo venir fuori se si ha bisogno del pronto soccorso. I nostri ospedali non negano le cure a nessuno. Basta declinare generalità false, o sparire al momento opportuno.

Si parla di “emergenza immigrati”, ma tutti sanno che non è affatto un’emergenza: prosegue ininterrotta, mese dopo mese, giorno dopo giorno, da più di una ventina d’anni; dai primi anni ‘90 del secolo scorso, quando crollarono i regimi comunisti e migliaia di albanesi si rovesciarono sulle coste della Puglia. Da allora, la marea non si è più fermata, anzi è crescita a dismisura e porta ormai milioni di persone da ogni parte dell’Africa e dell’Asia. Chi paga? Pagano loro il viaggio, costosissimo, la monarchia saudita, cioè la più retriva e fondamentalista che esista al mondo, e gli sceicchi del petrolio, così come pagano le moschee, i “centri di cultura islamica” e tutto il resto.

È ovviamente un progetto pianificato, però i nostri media continuano a raccontarci che questa povera gente è formata da “disperati” che “fuggono da guerra e fame”. Anche se non è vero niente. Ma guai a dirlo: si passa per razzisti, per insensibili, per cinici, o peggio, per dei neonazisti. E guai se lo dice, se lo accenna un prete: il suo vescovo gli tirerà immediatamente le orecchie. L’ordine è: “venite avanti tutti, c’è posto per tutti, è nostro dovere accogliervi, spargete la voce che siamo buoni e ospitali”. Inutile dire che questo buonismo è solo incoscienza, e che questo altruismo non è amore del prossimo, ma amore, tutto ideologico, delle proprie convinzioni umanitarie: cioè amore per se stessi. Costoro non amano gli africani: sanno benissimo che non è svuotando l’Africa e travasandola in Europa che si risolve il problema della povertà nel mondo, ma, in compenso, amano moltissimo se stessi e fremono dalla smania di apparire e di sentirsi ospitali, accoglienti, generosi.

Dal momento che l’invasione dell’Europa, e, sull’altro versante dell’Atlantico, quella degli Stati Uniti, è pianificata e stabilita nei centri occulti del massimo potere finanziario – da quelle stesse banche, la Lehman Brothers e la Goldman Sachs, per esempio, che già ci hanno regalato la micidiale crisi mondiale del 2008, con le loro banditesche manovre speculative – è chiaro che ben poco possono fare i governi per opporsi. La cosa stupefacente è che non tentano di fare neanche quel poco che potrebbero… anzi non si prendono neppure il disturbo di far finta di opporsi. Nossignori, si lanciano a spron battuto in favore dell’immigrazionismo, presentato – come lo è, su di un altro versante, l’omosessualismo – alla stregua di un diritto irrinunciabile della persona umana. E pazienza se sono milioni e milioni di persone.

È la vittoria totale del giusnaturalismo del XVII secolo, a quattro secoli di distanza: meglio tardi che mai. Tutti hanno diritto a tutto, e subito: quello di stabilirsi in casa d’altri, senza neanche chiedere il permesso, anzi, pretendendo di farsi assistere e mantenere gratis (e se la pastasciutta non piace, di sbatterla a terra); quello di sposarsi felicemente, in municipio e anche in chiesa, uomo con uomo e donna con donna, e di avere dei bambini, naturalmente… altrimenti, che matrimonio sarebbe?

Ciò che hanno in comune questi due fenomeni è la meta finale: la distruzione della nostra civiltà, la cancellazione di ogni tradizione e di ogni segno d’identità. Come se la passeranno, poi, queste coppie omosessuali nell’Europa islamica prossima ventura, quando si sa benissimo che fine è riservata agli omosessuali nei Paesi islamici, è cosa che riguarda loro. Ma guai a dirglielo ora: si viene fischiati, insultati, diffamati, querelati. Come da copione.

La corda, però, non può essere tesa oltre il punto di rottura: e il punto di rottura è vicino, vicinissimo. I nostri politici hanno avuto più di vent’anni per fare qualcosa: ma erano troppo occupati a legiferare sui matrimoni omosessuali, per occuparsi di banalità come una procedura di espulsione rapida per i clandestini che si macchiano di reati comuni, magari mentre stanno beatamente aspettando – sempre a spese nostre – di ottenere lo status di rifugiati internazionali. O di varare una legge che stabilisca un termine ragionevole per l’accoglimento o il respingimento delle domande di asilo. E allora avanti così: tempo medio della durata di una pratica, due anni, durante i quali lo Stato si guarda bene dal domandare a tutti questi baldi giovanotti anche solo di spazzare via le foglie cadute sui viali cittadini. Eh, via… non siamo mica dei negrieri; i tempi della schiavitù sono finiti; ci mancherebbe solo che qualcuno scrivesse una nuova versione della “Capanna dello zio Tom” e si sognasse di ambientarla in Italia. Però la corda è tesa, troppo tesa e ormai c’è il rischio che si spezzi da un giorno all’altro, da un momento all’altro!

Da alcuni piccoli paesi – dei quali mai lo Stato si è ricordato, nemmeno quando erano paesi di emigranti fino a mezzo secolo fa; nemmeno quando le piene del Po li spazzavano via come il biblico diluvio – è partito il segnale della protesta; domani, della rivolta. I prefetti continuano a piazzare gli ospiti indesiderati dove vogliono e dove possono, così, magari a casaccio: ottanta africani in un paese di duemila anime, di cui un quinto ospiti della casa di riposo. Altre volte, la proporzione è ancora più pazzesca: cinquanta sedicenti profughi in un borgo di quaranta anime. I prefetti fanno il loro dovere: hanno ordine di piazzarne tanti, e tanti ne piazzano. Se non ci sono le strutture, si requisiscono gli alberghi, come ai tempi del comunismo di guerra in Unione Sovietica. E se non ci sono alberghi da requisire o vecchie caserme da riadattare, si tirano su i tendoni, i capanni, i prefabbricati.

La vita, per gli italiani residenti in quelle località, diverrà difficile, forse impossibile: ma a chi importa? Non al prefetto, che ha fatto solo il suo dovere e nemmeno al vescovo, che seguita a predicare il dovere dell’accoglienza, come un disco rotto. Né i furti, né le rapine, né la droga o la prostituzione, e neppure gli stupri e le violenze, serviranno a far cambiare idea a qualcuno. Va bene così: in alto loco si è deciso, una volta per tutte, che i nuovi arrivati sono innocenti e bisognosi, mentre chi non li vuole accogliere è brutto e cattivo. Anche se si tratta di anziani pensionati che hanno sgobbato una vita intera per godersi in pace la vecchiaia, e ora sono precipitati in una situazione intollerabile, a causa dei loro inattesi vicini di casa.

Eppure, stiamo facendo le prove generali di una guerra civile. La parola può spaventare, ma non è esagerata: non è da irresponsabili adoperarla; al contrario, sarebbe da irresponsabili far finta che il problema non ci sia, girando la testa dall’altra parte. La verità è che stiamo andando verso il punto di non ritorno. Anche se tutti i media, tutta l’informazione, tutte le televisioni, sono complici della congiura del silenzio. Come è accaduto in Francia, dove alcuni delinquenti immigrati bruciano vivi due poliziotti e l’intero corpo della Polizia scende in strada a protestare: ma, per i media, non è successo nulla. Non se ne parla, e il problema è risolto.

Esistono solo le cose di cui parla la tivù. Infatti, in Italia e nel resto d’Europa, nessuno sapeva nulla. Nessuno sapeva che la Polizia francese aveva installato una telecamera di sorveglianza in un quartiere ad alta concentrazione maghrebina nella cintura sud di Parigi, e che, per proteggerla dai residenti, pattuglie di poliziotti solevano recarsi a controllarla. In un quartiere pieno di spacciatori, di delinquenti, di possibili cellule terroristiche. Un giorno una folla di immigrati ha preso d’assalto i poliziotti e ha gettato una bottiglia Molotov dentro una delle loro auto. Risultato: due poliziotti ustionati in modo gravissimo. Ma le tivù di Francia e di tutta Europa hanno evitato di darne la notizia, nei limiti del possibile. Meglio parlare delle meraviglie della società multietnica e multiculturale.

Stiamo andando a grandi passi verso la guerra civile. I popoli dell’Europa incominciano ad aprire gli occhi e a valutare il pericolo di essere sommersi, di essere spazzati via, di essere cancellati dalle loro terre nel giro di pochissime generazioni, se non altro per il peso demografico dei nuovi arrivati, di assistere alla probabile sottomissione dei loro figli e nipoti e alla morte della speranza in un qualsiasi futuro per la nostra civiltà. Complici o traditori, molti dei nostri politici (grazie a Dio non tutti!) hanno deciso di schierarsi dall’altra parte: quella dei migranti/invasori e contro i propri cittadini. Si assumono, così, una responsabilità gravissima: quella di esasperare la gente, spingendola a compiere atti estremi…

Articolo di Francesco Lamendola

Fonte: www.ilcorrieredelleregioni.it



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