Mentre s'insedia The Donald, vediamo che in 12 mesi sono cambiati molti parametri internazionali che parevano, fino ad un anno fa, assolutamente irremovibili. [M. Mazzucco]
di Massimo Mazzucco.
Oggi a mezzogiorno, ora di Washington, un magnate dell'edilizia che non ha mai ricevuto un incarico governativo si insedierà alla Casa Bianca. Un uomo grezzo e volgare, tanto imprevedibile quanto ignorante, andrà a sedersi alla stessa scrivania che è stata di Roosevelt, di Eisenhower e di John Kennedy.
E da quella scrivania cercherà di guidare un mondo che sta rapidamente cambiando sotto i nostri occhi.
Nell'arco di soli 12 mesi infatti sono cambiati molti dei parametri internazionali che sembravano, fino ad un anno fa, assolutamente irremovibili. Primo fra tutti, l'instabilità dell'Unione europea, intesa come istituzione. Non solo la Brexit, ma un diffuso malessere fra molti dei suoi Stati più importanti ci fanno capire che il grande "sogno europeo" è ormai miseramente fallito. Sarà questione di mesi oppure di anni, questo non lo sappiamo, ma in ogni caso il destino dell'Europa ormai sembra segnato.
E lo ha capito lo stesso Trump, che mostra un palese disinteresse per questa nostra entità sovranazionale. Ma, insieme all'Europa, è lo stesso concetto di NATO a traballare in maniera fino a ieri impensabile: è sempre Trump ad aver definito l'alleanza atlantica "un'organizzazione obsoleta", e nel momento stesso in cui qualcuno pronuncia queste parole ci si rende conto che siamo di fronte ad un residuato del secolo scorso, assolutamente incapace di rappresentare i nuovi equilibri "liquidi" del mondo moderno.
La situazione è talmente fluida che siamo arrivati a un paradosso nel quale il nuovo presidente americano preannuncia una politica protezionista, mentre Angela Merkel arringa il proprio Parlamento richiamandolo ai valori "irrinunciabili" del libero mercato.
Le fa eco, in modo ancora più strano, il "comunista" Xi-Jin-Ping, che si presenta a Davos come se fosse un vecchio abituèe dei salotti della finanza europea, e si mette a difendere a spada tratta la globalizzazione, minacciando gli USA di una guerra commerciale "che non converrebbe a nessuno dei due".
Nel frattempo un ministro del tesoro europeo (Padoan) dichiara con leggerezza che "Il problema dell'Europa è l'Europa", come se stesse parlando di una squadra di calcio che non vuole retrocedere in serie B.
C'è poi un Putin che ormai gongola in modo inequivocabile quando pensa che non dovrà più avere a che fare con Hillary e la sua banda di guerrafondai, e non vede l'ora di stringere la mano a Trump per dare inizio ad un rilassamento delle tensioni fra le due superpotenze.
Lo stesso Trump, però, ha fatto chiaramente capire di non voler rispettare gli accordi di Parigi sul cambiamento climatico, ponendo un pesante interrogativo sulla già intricatissima questione del controllo delle emissioni nocive.
In tutto questo, vanno a catafascio tutti i progetti americani (Usraeliani) di mettere in ginocchio nazioni come la Siria e l'Iran, con un nuovo set di equilibri in medio oriente che rimane ancora tutto da stabilire.
Altrettanto fluida la situazione in Libia, con le forze NATO che appoggiano il governo di Tripoli, mentre Egitto e Russia appoggiano quello di Tobruk (e costruiscono basi aeree in quella zona).
Nel mare della Cina si preannuncia uno scontro aperto fra Stati Uniti e Cina, con gli USA che minacciano di impedire ai cinesi l'accesso alle isole artificiali che stanno creando in quella zona.
La Corea del Nord continua a provocare il mondo con gli armamenti nucleari, e prima o poi riuscirà a scatenare una crisi internazionale anche dalle sue parti.
Il presidente delle Filippine, Duterte, si è stufato di fare da tappetino per gli americani, minaccia di ritirarsi dalle Nazioni Unite e cerca nuove alleanze in Cina e in Africa.
Sul fronte informatico, ormai tutti spiano tutti. Che si tratti di organizzazioni complesse o di hackeraggio fatto in casa, non c'è nazione ormai che non sia coinvolta nella nuova guerra cybernetica, e questo non potrà che portare a nuove accuse, nuove diffidenze e nuove crisi sul fronte internazionale.
I media stanno perdendo la loro capacità di controllare le masse, ma prima che l'informazione alternativa si organizzi in modo efficace e credibile siamo destinati ad attraversare un periodo di "vuoto di potere", nel quale sarà difficilissimo districarsi fra la verità e le bugie. La confusione sarà inevitabile anche sul fronte dell'informazione.
Insomma, non si vede una sola zona della mappa mondiale - geografica o politica che sia - dove, nei prossimi anni, l'incertezza non sia destinata a regnare sovrana.
E per fortuna che c'erano quelli che volevano il "nuovo ordine mondiale".
Fonte: https://www.luogocomune.net/LC/index.php/16-geopolitica/4581-il-nuovo-disordine-mondiale.
http://megachip.globalist.it/
Nessun commento:
Posta un commento