sabato 2 marzo 2013

DAVID DE ROTHSCHILD: "VIENI IN BARCA CON ME?"





Un invito del lontano  2010



È l’invito che David ha rivolto a una nostra giornalista, unica italiana al varo del Plastiki, il catamarano fatto di 12 mila bottiglie riciclate. Il diario di bordo inizia così: "Qui è un sogno... anche il capitano"

Incredibile. No, non sono stupita della barca fatta di 12 mila bottiglie di plastica. E nemmeno dell’orticello verticale che cresce sul ponte o della cyclette a prua. Incredibile è la tuta rattoppata, indossata con tanto di berretto sdrucito stile Nostromo… Ma a un uomo così chi non sarebbe pronta a perdonare tutto? E non (solo) perché è bello, biondo e di cognome fa de Rothschild. Bensì perché, a 31 anni, alla Londra scintillante dei club esclusivi ha preferito una casa a Sausalito, da dove sta per imbarcarsi e attraversare il Pacifico per una causa: dimostrare che i nostri rifiuti stanno rovinando il mare e hanno creato un’inquietante, vasta isola galleggiante. Ma c’è un’altra ragione per cui, personalmente, sono pronta a perdonare a David de Rothschild tutto: mi ha invitato, unica italiana, al varo della sua barca e passerò 48 ore a bordo con lui e il suo equipaggio (e voi sapete cosa significa condividere lo spazio ristretto sottocoperta, vero?).Annunciato da almeno due anni, eccolo: ho qui davanti a me il “diamante di plastica”, che luccica sotto la cornice simmetrica del Golden Gate, alle porte di San Francisco. Sto per salire sul catamarano “Plastiki”, come il suo ideatore ha voluto chiamarlo, in omaggio al “Kon-tiki”, la zattera di tronchi con cui l’esploratore norvegese Thor Heyerdahl sfidò l’oceano nel 1947. Diciotto metri di bottiglie riciclate, uno scafo trasparente, con cui l’erede del celebre impero di banchieri navigherà, per tre mesi, fino a Sydney, toccando la “Eastern Garbage Patch”, lo “staterello” di spazzatura che galleggia nell’oceano e di cui nessun Paese vuole assumersi la responsabilità. 


«Eppure è a due passi da Stati Uniti e Giappone», spiega David de Rothschild, mentre con un salto smonta dalla scialuppa e sale a bordo. Il mare è fermo, ma il cielo è cupo. I marinai lo sanno: sta per arrivare la tempesta. «Le bottiglie che abbiamo utilizzato sono riempite di un composto gassoso che, sublimando, le rende forti come il ferro», spiega de Rothschild, un diploma in Medicina e la passione per la chimica. «E sono tenute insieme da una colla organica a base di zucchero. Nulla su questa barca è artificiale». Speriamo, visto il tempo, che siano materiali molto resistenti! «Tutto qui ha avuto una vita precedente: l’albero è un tubo d’irrigazione in alluminio riciclato, i collanti sono a base di noci di acagiù e canna da zucchero, i tessuti sono in fibre naturali», continua. Persino il minuscolo bagno, installato vicino all’abitacolo, ha una destinazione utile. «È il nostro concime», mi spiega la bella Jo Royle, la trentenne skipper di bordo. E indica un orticello in crescita verso il cielo (il tipico “vertical garden” dei grattacieli americani. Solo che qui siamo in mezzo al mare) che provvederà, almeno in parte, a sfamare l’equipaggio con lattuga e spinaci. A bordo c’è anche un apparecchio che permette di depurare l’acqua piovana, perché David, il bel “barone ecologista”, non permetterebbe mai ai suoi una doccia utilizzando l’acqua potabile. Che, detto per inciso, è razionata. «Il riciclo è la salvezza del pianeta», spiega David, indossando un giaccone impermeabile e un berretto di lana… (il vento si sta alzando, e anche le onde!). «Non credo che oggi possiamo permetterci di condannare o eliminare completamente la plastica o altri materiali non biodegradabili: sarebbe una battaglia persa. Dobbiamo diventare astuti, e semplicemente riciclare, riutilizzare». Forse era questa stessa determinazione, che gli vedo negli occhi, e la passione per il rischio, che fece la fortuna di suo nonno (il temibile banchiere Anthony) e di suo padre, sir Evelyn, re della finanza con il pallino del polo e dei cavalli. David ha scelto un altro tipo di avventura: alla Borsa ha preferito le spedizioni estreme (organizzate con la sua associazione Adventure Ecology) e le battaglie ambientaliste. Qui, a bordo del Plastiki, adesso sta aiutando Jo a sistemare le vele. Lei somiglia a Cameron Diaz, cosa che ha confuso i paparazzi, che, qualche mese fa, hanno attribuito a David un flirt con l’attrice. E la sua (chiacchierata) amicizia con Claudia Schiffer (trovo il coraggio di chiedergli)? «Andiamo a prua – taglia corto lui – ti mostro una cosa». Grossi, luccicanti pannelli solari. Dappertutto. «Ecco da dove arriverà l’energia, ma non solo. La cyclette incastonata sul ponte alimenta un sistema che utilizza la meccanica, fornendo ulteriore forza al catamarano. L’energia qui è pulita, e viva». Inutile tentare di farlo parlare di donne. Tanto vale provare la sua bici e capire che sensazione fa pedalare… sull’acqua. Fra l’altro, questo è un modo per tenersi in forma (tre mesi in barca, senza soste, infiacchiscono) e, al tempo stesso, si compie un piccolo miracolo della termodinamica. Arrivano anche Josian e Olav Heyerdahl, membri (non fissi) dell’equipaggio e nipoti del mitico esploratore del “Kon-tiki”. Un gruppo giovane, di ragazzi allenati a stare gomito a gomito perché si conoscono da tempo. E poi, se c’è bisogno di isolarsi, basta la musica: «Se qualcosa va storto, mi chiudo sottocoperta e metto i Led Zeppelin a palla», dice David. Il vento della baia californiana non mente e prima ancora che le nuvole abbiano coperto il Golden Gate si scatena il temporale. Ci spostiamo velocemente sottocoperta, nel minuscolo abitacolo realizzato in materiali riciclabili. Pochi metri quadri tra pozzetto e cabina notte, e ti chiedi come faranno a condividere uno spazio così esiguo per tanti giorni. «Semplice», spiega David, «abbiamo tutti lo stesso obiettivo: raggiungere il “cuore malato” dell’oceano, denunciare lo scempio». Non ci sarà tempo per le discussioni. Anche perché i tre membri fissi dell’equipaggio (oltre a David e Jo ci sarà anche il co-skipper Dave Thomson) saranno impegnati a portare la barca e a procacciarsi il cibo pescando. Sì, le scorte (carne e verdura essiccate) non sono tante e la pesca sarà il principale mezzo di sostentamento. «E poi leggeremo molto», dice David, che ha una passione per i libri di moda, design e per i pionieri dell’ambiente come Jeremy Rifkin. «E terremo un blog e un resoconto del nostro viaggio su Twitter». Tempeste, venti e punti critici della rotta permettendo... Già perché l’itinerario non è uno scherzo. A ridosso dell’equatore, sopra Tuvalu, c’è un punto in cui le correnti giocano a rincorrersi pericolosamente. «Paura? Non ne ho, semmai sono molto eccitato», dice David, che se ne sta tranquillamente a chiacchierare con me, mentre si sta scatenando la tempesta nella baia. A me sembra spaventosa, la barca oscilla, sbanda, sussulta, ma a uno come lui, che ha raggiunto entrambi i Poli in slitta, si è buttato col parapendio negli angoli più impervi dell’Ecuador e si prepara ad affrontare venti da 60 nodi, questa deve sembrare poco più che una brezza primaverile. Sorridente e del tutto incurante dei miei sguardi preoccupati a ogni movimento brusco dello scafo, torna all’unico tema che gli sta a cuore: «Non tollero quando mi dipingono come un rampollo viziato. Questa volta ho una missione importante da compiere. E sono pronto a ribadire il mio messaggio al mondo intero. A voce alta».

http://archivio.grazia.it/people/david-de-rothschild-vieni-in-barca-con-me

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