Imd, la business school top-ranked (al primo posto nelle classifiche mondiali del Financial Times 2013)
con sede in Svizzera, ha annunciato oggi la classifica della
competitivita’ mondiale, giunta al suo 25° anniversario. Gli Stati Uniti
hanno riconquistato il primo posto nel 2013, grazie ad un rimbalzo del
settore finanziario, l’abbondanza di innovazione tecnologica e di
aziende di successo.
Al secondo posto la Svizzera e al terzo Hong Kong che era primo lo scorso anno. L’Italia scende giu’ nella classifica della competitivita’ al 44° posto, perdendo 3 posizioni rispetto allo scorso anno e 5 posizioni rispetto al 1997. Il Professor Stephane Garelli, direttore della Imd World Competitiveness Center, ha dichiarato: “L’Italia ha perso 4 punti nella classifica mondiale di Imd nel 2013, scendendo al 44° posto (su 60 paesi). Il programma di austerita’ – anche se necessario per ridurre la spesa pubblica e quindi la pressione fiscale – gela i consumi e aumenta la disoccupazione a livelli inquietanti.
L’Italia, per mettere a punto il suo programma di riduzione dei costi, ha bisogno di semplificare il contesto normativo e ridurre i costi amministrativi. La competitivita’ non puo’ migliorare senza l’espansione dell’economia, e ora l’Italia deve concentrarsi su un piano di crescita volto a rilanciare la fiducia sia delle imprese che dei consumatori”.
Anche se, prosegue il professor Garelli, “la zona euro resta in fase di stallo, la rimonta robusta degli Stati Uniti in cima alla classifica della competitivita’, e le notizie migliori dal Giappone, hanno rianimato il dibattito sull’austerita’: le riforme strutturali sono inevitabili, ma la crescita rimane un prerequisito per la competitivita’. I paesi hanno bisogno di preservare la coesione sociale per assicurare la prosperita’”. Gli Stati Uniti hanno riconquistato il primo posto, Cina (21) e Giappone (24) sono in crescita. Nel caso del Giappone, le Abenomics (politiche economiche volute dal primo ministro giapponese Abe) sembrano avere un impatto iniziale sul dinamismo dell’economia. In Europa, le nazioni piu’ competitive sono Svizzera (2), Svezia (4) e la Germania (9), il cui successo si basa sulla produzione orientata alle esportazioni, le economie diversificate, le piccole e medie imprese (Pmi) e la disciplina fiscale. Come l’anno scorso, il resto d’Europa e’ fortemente vincolato da programmi di austerita’ che stanno ritardando il recupero e mettendo in discussione la tempestivita’ delle misure proposte. L’Europa ha perso terreno e rappresenta piu’ della meta’ dei “perdenti” dal 1997. Il Regno Unito e la Francia, in particolare, stanno perdendo la loro posizione dominante e influenza competitiva, mentre Paesi Bassi, Lussemburgo e Finlandia devono adeguare i propri modelli di competitivita’ ad un ambiente che cambia. “Alla fine- conclude il professor Garelli- le regole d’oro della competitivita’ sono semplici: produzione, diversificazione, esportazione, investimenti in infrastrutture, formazione, supporto delle piccole e medie imprese, rispetto della disciplina di bilancio e, soprattutto, mantenimento della coesione sociale”.
http://www.lindipendenza.com/classifica-competitivita-litalia-scende-al-44%C2%B0-pposto-su-60/
Al secondo posto la Svizzera e al terzo Hong Kong che era primo lo scorso anno. L’Italia scende giu’ nella classifica della competitivita’ al 44° posto, perdendo 3 posizioni rispetto allo scorso anno e 5 posizioni rispetto al 1997. Il Professor Stephane Garelli, direttore della Imd World Competitiveness Center, ha dichiarato: “L’Italia ha perso 4 punti nella classifica mondiale di Imd nel 2013, scendendo al 44° posto (su 60 paesi). Il programma di austerita’ – anche se necessario per ridurre la spesa pubblica e quindi la pressione fiscale – gela i consumi e aumenta la disoccupazione a livelli inquietanti.
L’Italia, per mettere a punto il suo programma di riduzione dei costi, ha bisogno di semplificare il contesto normativo e ridurre i costi amministrativi. La competitivita’ non puo’ migliorare senza l’espansione dell’economia, e ora l’Italia deve concentrarsi su un piano di crescita volto a rilanciare la fiducia sia delle imprese che dei consumatori”.
Anche se, prosegue il professor Garelli, “la zona euro resta in fase di stallo, la rimonta robusta degli Stati Uniti in cima alla classifica della competitivita’, e le notizie migliori dal Giappone, hanno rianimato il dibattito sull’austerita’: le riforme strutturali sono inevitabili, ma la crescita rimane un prerequisito per la competitivita’. I paesi hanno bisogno di preservare la coesione sociale per assicurare la prosperita’”. Gli Stati Uniti hanno riconquistato il primo posto, Cina (21) e Giappone (24) sono in crescita. Nel caso del Giappone, le Abenomics (politiche economiche volute dal primo ministro giapponese Abe) sembrano avere un impatto iniziale sul dinamismo dell’economia. In Europa, le nazioni piu’ competitive sono Svizzera (2), Svezia (4) e la Germania (9), il cui successo si basa sulla produzione orientata alle esportazioni, le economie diversificate, le piccole e medie imprese (Pmi) e la disciplina fiscale. Come l’anno scorso, il resto d’Europa e’ fortemente vincolato da programmi di austerita’ che stanno ritardando il recupero e mettendo in discussione la tempestivita’ delle misure proposte. L’Europa ha perso terreno e rappresenta piu’ della meta’ dei “perdenti” dal 1997. Il Regno Unito e la Francia, in particolare, stanno perdendo la loro posizione dominante e influenza competitiva, mentre Paesi Bassi, Lussemburgo e Finlandia devono adeguare i propri modelli di competitivita’ ad un ambiente che cambia. “Alla fine- conclude il professor Garelli- le regole d’oro della competitivita’ sono semplici: produzione, diversificazione, esportazione, investimenti in infrastrutture, formazione, supporto delle piccole e medie imprese, rispetto della disciplina di bilancio e, soprattutto, mantenimento della coesione sociale”.
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