L’Eni diventa «privata», come da copione. In questi giorni è
successo qualcosa di importante. I fondi, in larga maggioranza esteri, hanno
messo in minoranza il Tesoro in assemblea degli azionisti Eni, leggiamo: “passo
storico per le Partecipazioni Statali e in generale per il mercato finanziario
italiano.
Non solo. Secondo gli analisti, questo salto di qualità
sulla governance assembleare si ripeterà non solo l’anno prossimo in Eni, ma
anche nelle altre società pubbliche: una volta rotto un argine, il mercato si
muove come un fiume in piena.” di Alessandro Plateroti – Il Sole 24 Ore – leggi
su http://24o.it/gMvgC
Dunque un “passo storico”, proprio come preparato dai vari
Mario Monti, Beniamino Andreatta, Romano Prodi e company… Ripercorriamo gli
eventi: è dagli anni Ottanta che il partito mercatista agisce per svendere gli
interessi nazionali, nel nome della democrazia di mercato. Adesso c’è Enrico
Letta, cresciuto alla scuola di Beniamino Andreatta, che porterà avanti l’opera
di distruzione del ceto medio produttivo a vantaggio del capitale finanziario
speculativo.
Sapete, Beniamino Andreatta fu artefice nel 1981 del
Divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro con la rinuncia alla sovranità monetaria in
nome della ‘spesa pubblica incontrollata per colpa di una classe politica
corrotta’. Fu un atto sciagurato, di lì in poi il debito pubblico avrebbe preso
a correre poichè si eliminò l’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i
titoli del debito pubblico non collocati: il Governo rinunciava a controllare
il tasso di interesse sui titoli di stato.
Andreatta inaugurò in
tal modo la strategia della “terapia d’urto” per preparare il campo delle
privatizzazioni.
Annullando la sovranità nazionale, punto cardine della
globalizzazione del sistema finanziario, oggi siamo a pagarne le conseguenze.
Prima hanno fatto schizzare in alto il debito pubblico, nel frattempo hanno
rinunciato a rilanciare gli investimenti a fini produttivi per la ritirata
dello stato dall’economia, infine hanno pensato bene di vender il patrimonio
strategico produttivo italiano per ridurre quel debito pubblico che avevano
lasciato crescere liberamente. Tutto ciò è semplicemente folle.
E dunque, torniamo all’attualità, all’azienda che per molti
versi è stata ed è tuttora al centro della politica estera italiana, l’Eni, che
da Enrico Mattei in poi ha avuto un ruolo importante nei rapporti bilaterali
con paesi del Medio Oriente, del Nord Africa, e con la Russia.
La
formula di Mattei era quella di creare rapporti diretti tra paesi produttori e
consumatori di petrolio senza intermediari finanziari per evitare speculazioni
sul prezzo.
Oggi l’Eni non è certamente quella di Enrico Mattei, ma
rappresenta per l’Italia ancora un asset essenziale nei rapporti economici
internazionali. Se la società entra nel gran gioco dei fondi internazionali,
tradisce la propria natura. Tanto varrà cambiare il nome, perché di “nazionale”
avrà ben poco.
Pertanto, il neo-premier Enrico Letta va a collocarsi
alla testa di questo movimento liberista che agevola gli interessi finanziari
internazionali. Vediamo una sua intervista ad Affaritaliani.it nel giugno 2012.
“Dobbiamo
lavorare molto sul tema privatizzazioni. Il patrimonio pubblico è ancora
enorme. Da una parte bisogna lavorare su una scatola finanziaria che valorizzi
il patrimonio pubblico e grazie a questo riesca ad abbattere il debito.
Bisogna, poi, cominciare a mettere nel mirino ulteriori privatizzazioni di
pezzi di Eni, Enel e Finmeccanica”. “Non immediatamente perché il mercato non
lo consente, ma è possibile farlo perché oggi con la legge sulla Golden share,
che è vidimata da Bruxelles, possiamo difendere queste aziende da possibili
attacchi ostili senza dover per forza avere, come Stato, il 30% di proprietà di
quei gruppi. Avevamo già posto in Parlamento alcune cose e sarà uno dei temi
del nostro esecutivo quando, mi auguro, gli elettori ci faranno governare,
perché non si può più caricare oltremodo sui cittadini il peso del
risanamento”.
Letta attua la politica europea, è ligio agli “impegni
internazionali”. Dunque deve seguire le direttive sui mercati che vietano
l’intervento dello Stato, che impongono l’austerità e le privatizzazioni, che
garantiscono il potere di chi riesce a controllare i mercati finanziari. E’ una
sua scelta, seguita e sostenuta da troppi altri con le scuse delle necessità
pratiche e garantita dall’indottrinamento acquisito negli ultimi decenni del
mondo post-industriale e globalizzato. Ci verrebbe da suggerire a questi
signori di andare a studiare la storia, di vedere come l’Italia si è
sviluppata… certamente non con il free-market all’inglese.
Eppure nonostante l’evidente rivolta della popolazione
contro le politiche di austerità, lo zoccolo duro delle istituzioni, il governo
e i partiti vanno avanti imperterriti con le politiche liberiste. Dobbiamo
essere responsabili, ci vien detto. E ricevono un bell’assist dai media, anche
quelli “di sinistra” che dallo statalismo ora sembra passati al campo
giacobino, pronti ad attaccare la vera o presunta casta senza rendersi conto di
come agevolano il potere vero, quello sovranazionale dell’oligarchia finanziaria.
Allora perchè viene permesso tutto questo? La confusione
nella popolazione, la concentrazione sugli aspetti superficiali, la strumentalizzazione
vengono facilitati da gente come Floris e Gabanelli, che fanno la propaganda
della Troika. RaiTre un tempo era TeleKabul: il salto dall’Eurocomunismo
all’Euro è stato breve. Il “servizio pubblico” prende di mira gli enti statali:
via tutti i corrotti, sarà il mercato a salvarci?
Negli ultimi decenni la “modernizzazione” della fazione
liberista del nostro Paese ci ha portati da settima potenza mondiale a membro
dei Piigs. Con la campagna per la libertà dei mercati siamo stati
finanziarizzati e impoveriti. Vogliamo cambiare?
Dovremmo esigere dai nostri Governanti il coraggio di
Roosevelt che seppe affrontare la Grande crisi del ’29, sta a noi preparare il
cambiamento. Crediamoci.
FDR introdusse il principio della legge Glass-Steagall per
ri-orientare il sistema verso l’economia reale. Oggi che assistiamo al suicidio
dell’Occidente con la politica speculativa degli hedge fund che hanno il
quartier generale a Londra e a New York, dobbiamo re-interpretare la tradizione
rooseveltiana.
http://nobigbanks.it/2011/12/05/lattesa-di-un-nuovo-roosevelt-per-salvarci-dalla-grande-crisi/ *** Salviamo la Gente. Riformiamo le Banche. Processiamo i Banchieri. Ristabiliamo la Legge Bancaria del 1936 abolita nel 1993.
Nessun commento:
Posta un commento