venerdì 17 maggio 2013

ENI: LETTA E GLI AVVOLTOI




L’Eni diventa «privata», come da copione. In questi giorni è successo qualcosa di importante. I fondi, in larga maggioranza esteri, hanno messo in minoranza il Tesoro in assemblea degli azionisti Eni, leggiamo: “passo storico per le Partecipazioni Statali e in generale per il mercato finanziario italiano.






Non solo. Secondo gli analisti, questo salto di qualità sulla governance assembleare si ripeterà non solo l’anno prossimo in Eni, ma anche nelle altre società pubbliche: una volta rotto un argine, il mercato si muove come un fiume in piena.” di Alessandro Plateroti – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/gMvgC

Dunque un “passo storico”, proprio come preparato dai vari Mario Monti, Beniamino Andreatta, Romano Prodi e company… Ripercorriamo gli eventi: è dagli anni Ottanta che il partito mercatista agisce per svendere gli interessi nazionali, nel nome della democrazia di mercato. Adesso c’è Enrico Letta, cresciuto alla scuola di Beniamino Andreatta, che porterà avanti l’opera di distruzione del ceto medio produttivo a vantaggio del capitale finanziario speculativo.

Sapete, Beniamino Andreatta fu artefice nel 1981 del Divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro con la rinuncia alla sovranità monetaria in nome della ‘spesa pubblica incontrollata per colpa di una classe politica corrotta’. Fu un atto sciagurato, di lì in poi il debito pubblico avrebbe preso a correre poichè si eliminò l’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i titoli del debito pubblico non collocati: il Governo rinunciava a controllare il tasso di interesse sui titoli di stato.


 Andreatta inaugurò in tal modo la strategia della “terapia d’urto” per preparare il campo delle privatizzazioni.


Prodi Andreatta
fonte: romanoprodi.it/interviste/ci-manca-il-coraggio-di-andreatta_4260.html


Annullando la sovranità nazionale, punto cardine della globalizzazione del sistema finanziario, oggi siamo a pagarne le conseguenze. Prima hanno fatto schizzare in alto il debito pubblico, nel frattempo hanno rinunciato a rilanciare gli investimenti a fini produttivi per la ritirata dello stato dall’economia, infine hanno pensato bene di vender il patrimonio strategico produttivo italiano per ridurre quel debito pubblico che avevano lasciato crescere liberamente. Tutto ciò è semplicemente folle.

E dunque, torniamo all’attualità, all’azienda che per molti versi è stata ed è tuttora al centro della politica estera italiana, l’Eni, che da Enrico Mattei in poi ha avuto un ruolo importante nei rapporti bilaterali con paesi del Medio Oriente, del Nord Africa, e con la Russia. La formula di Mattei era quella di creare rapporti diretti tra paesi produttori e consumatori di petrolio senza intermediari finanziari per evitare speculazioni sul prezzo.



Oggi l’Eni non è certamente quella di Enrico Mattei, ma rappresenta per l’Italia ancora un asset essenziale nei rapporti economici internazionali. Se la società entra nel gran gioco dei fondi internazionali, tradisce la propria natura. Tanto varrà cambiare il nome, perché di “nazionale” avrà ben poco. Pertanto, il neo-premier Enrico Letta va a collocarsi alla testa di questo movimento liberista che agevola gli interessi finanziari internazionali. Vediamo una sua intervista ad Affaritaliani.it nel giugno 2012. “Dobbiamo lavorare molto sul tema privatizzazioni. Il patrimonio pubblico è ancora enorme. Da una parte bisogna lavorare su una scatola finanziaria che valorizzi il patrimonio pubblico e grazie a questo riesca ad abbattere il debito. Bisogna, poi, cominciare a mettere nel mirino ulteriori privatizzazioni di pezzi di Eni, Enel e Finmeccanica”. “Non immediatamente perché il mercato non lo consente, ma è possibile farlo perché oggi con la legge sulla Golden share, che è vidimata da Bruxelles, possiamo difendere queste aziende da possibili attacchi ostili senza dover per forza avere, come Stato, il 30% di proprietà di quei gruppi. Avevamo già posto in Parlamento alcune cose e sarà uno dei temi del nostro esecutivo quando, mi auguro, gli elettori ci faranno governare, perché non si può più caricare oltremodo sui cittadini il peso del risanamento”.


Letta attua la politica europea, è ligio agli “impegni internazionali”. Dunque deve seguire le direttive sui mercati che vietano l’intervento dello Stato, che impongono l’austerità e le privatizzazioni, che garantiscono il potere di chi riesce a controllare i mercati finanziari. E’ una sua scelta, seguita e sostenuta da troppi altri con le scuse delle necessità pratiche e garantita dall’indottrinamento acquisito negli ultimi decenni del mondo post-industriale e globalizzato. Ci verrebbe da suggerire a questi signori di andare a studiare la storia, di vedere come l’Italia si è sviluppata… certamente non con il free-market all’inglese.

Eppure nonostante l’evidente rivolta della popolazione contro le politiche di austerità, lo zoccolo duro delle istituzioni, il governo e i partiti vanno avanti imperterriti con le politiche liberiste. Dobbiamo essere responsabili, ci vien detto. E ricevono un bell’assist dai media, anche quelli “di sinistra” che dallo statalismo ora sembra passati al campo giacobino, pronti ad attaccare la vera o presunta casta senza rendersi conto di come agevolano il potere vero, quello sovranazionale dell’oligarchia finanziaria.


  INSEDIAMENTO DEL CAPO DEL GOVERNO ENRICO LETTA A PALAZZO CHIGI E PASSAGGIO DELLE CONSEGNE CON IL PRESIDENTE USCENTE MARIO MONTI 



Allora perchè viene permesso tutto questo? La confusione nella popolazione, la concentrazione sugli aspetti superficiali, la strumentalizzazione vengono facilitati da gente come Floris e Gabanelli, che fanno la propaganda della Troika. RaiTre un tempo era TeleKabul: il salto dall’Eurocomunismo all’Euro è stato breve. Il “servizio pubblico” prende di mira gli enti statali: via tutti i corrotti, sarà il mercato a salvarci?

Negli ultimi decenni la “modernizzazione” della fazione liberista del nostro Paese ci ha portati da settima potenza mondiale a membro dei Piigs. Con la campagna per la libertà dei mercati siamo stati finanziarizzati e impoveriti. Vogliamo cambiare?

Dovremmo esigere dai nostri Governanti il coraggio di Roosevelt che seppe affrontare la Grande crisi del ’29, sta a noi preparare il cambiamento. Crediamoci.

FDR introdusse il principio della legge Glass-Steagall per ri-orientare il sistema verso l’economia reale. Oggi che assistiamo al suicidio dell’Occidente con la politica speculativa degli hedge fund che hanno il quartier generale a Londra e a New York, dobbiamo re-interpretare la tradizione rooseveltiana.

 http://nobigbanks.it/2011/12/05/lattesa-di-un-nuovo-roosevelt-per-salvarci-dalla-grande-crisi/ *** Salviamo la Gente. Riformiamo le Banche. Processiamo i Banchieri. Ristabiliamo la Legge Bancaria del 1936 abolita nel 1993.

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