Riportiamo un’intervista rilasciata alcuni mesi addietro
dall’antropologa Ida Magli dove il suo contenuto, alla luce degli ultimi
avvenimenti ( dal disastro della Grecia alla crisi degli altri paesi del sud
Europa) ritorna di drammatica attualità.
Intervista a Ida Magli
di Emanuele Gagliardi
Fonte: http://www.italianiliberi.it/Edito13/intervista-ida-magli-di-emanuele-gagliardi.pdf
l
Diplomata in pianoforte al Conservatorio di S. Cecilia e
laureata in Psicologia all’Università
La Sapienza di Roma, Ida Magli è stata docente di Psicologia
sociale all’Università di Siena e di
Antropologia culturale alla Sapienza da cui s’è dimessa nel
1988. È stata la prima ad adottare il
“metodo antropologico” per l’analisi della società europea, in
particolare quella italiana,
dall’antichità all’epoca attuale, con gli stessi strumenti
adoperati dall’antropologia per le società
“primitive”. Tutta la sua opera è permeata da questo metodo,
talché ampio spazio è riservato in essa
a fenomeni e fatti di solito emarginati: la storia delle
donne non come mondo a parte ma
connaturata al potere maschile, la predicazione popolare e
la devozione mariana quale
importantissimo documento storico, il rapporto fra il Sacro
e il Potere negli avvenimenti politici.
Con piena conoscenza della realtà storica e culturale
dell’Europa, Ida Magli ha denunciato
fin dal 1994 l’impossibilità di una reale unificazione del
Vecchio Continente ed ha cercato di
convincere i politici a desistere da un progetto
fallimentare e che segnerà la fine della civiltà
europea.
Abbiamo chiesto il suo parere riguardo ad alcuni scottanti
temi di attualità.
Dottoressa, il collasso di alcuni Stati e la crisi della
moneta unica europea sembrano dar
ragione con i fatti al Suo scetticismo ben delineato nel suo
libro La dittatura europea. Cosa è
andato storto?
R. Il fatto è che nulla è andato storto visto che le cose
dovevano per forza seguire la logica
dell’errore intrinseco al progetto di unificazione europea e
quindi finire nel fallimento. Gli
economisti dovrebbero essere i primi a sapere che non si
possono sommare le mele con le pere.
Ogni nazione d’ Europa è un’entità unica, con la propria
lingua, la propria storia, la propria
arte, ed è questa la vera, grandissima ricchezza
dell’Europa: la meravigliosa fioritura di
sorprendenti, splendide diversità. D’altra parte avrebbe
dovuto bastare la mancanza di una
lingua a far capire che la cultura “europea” non esisteva.
Non si può neanche immaginare
quale desertificazione comporterebbe in tutti i campi del
pensiero, tanto per la creatività
futura quanto per l’incomprensibilità e l’annullamento del
valore del passato, ridurci tutti
all’uso dell’inglese.
In una recente riflessione sulla crisi economica Lei ha
sostenuto che l’Euro è nato “privo di
realtà”. Può illustrarci il significato di questa
affermazione?
R. Mi sembra evidente: non può esistere una moneta che non
sia espressione di uno Stato.
L’euro è stato inventato a tavolino, privo sia della forza
di un Popolo sia della forza di uno
Stato. Non si può certo pensare che siano le monete a creare
la forza degli Stati o dei popoli;
sarebbe come dire che è stato il dollaro a creare la potenza
dell’America oppure che è stato lo
yen a creare la forza del Giappone. Nessuno sa bene cosa sia
l’Unione europea; è certo però
che non è uno “Stato” e neanche un Sovrastato (per trovarla
elencata nelle istituzioni bisogna
cercarla fra le organizzazioni internazionali, come l’Onu).
Per questo l’euro è privo di realtà,
è pura finzione. Bisogna poi aggiungere a questa mancanza di
uno Stato sovrano garante della
moneta, il fatto che ad “emettere” l’euro è una banca
privata che appartiene per oltre l’80%
del suo patrimonio ai pochi, ricchissimi “partecipanti” che
possiedono anche quasi tutte le
altre banche centrali esistenti nel mondo: i Rothschild, i
Rockfeller, i Windsor (reali
d’Inghilterra), i Sassonia-Coburgo-Gotha (reali del Belgio),
gli Orange-Nassau (reali
d’Olanda), Mario Draghi in quanto partecipante del patrimonio
della Banca d’Italia (anche la
Banca d’Italia, infatti, è una banca privata). Sono loro che
si sono impadroniti dell’Europa
con la complicità del silenzio di tutti, politici e
giornalisti. Naturalmente è questo il vero, unico
motivo per il quale i titoli degli Stati cadono così
facilmente preda della speculazione
borsistica: non sono titoli “sovrani” in quanto appartengono
a Stati che non sono “sovrani”
perché non battono moneta e che, in definitiva, non sono più
“Stati”. Sentir parlare del
possibile fallimento degli Stati dà la misura del grottesco
baraccone cui è stata ridotta
l’Europa. Io però sono convinta che tutto questo non sia
frutto d’ignoranza o d’errore ma che
sia stato deliberatamente perseguito da chi ha promosso
l’unificazione europea avendo come
scopo ultimo – uno scopo che non poteva ovviamente essere
rivelato - proprio l’eliminazione
degli Stati e l’annientamento dell’Europa con la sua
civiltà.
Sulla coesistenza con le realtà islamiche, i sostenitori del
dialogo e dell’integrazione
multiculturale pongono l’accento sugli elementi comuni a
cristiani e musulmani. Lei, senza
mezzi termini, attesta che “la loro fede non somiglia
neanche lontanamente alla nostra”.
Perché?
R. Cercando di sintetizzarlo in un solo concetto direi che
Gesù ha creato, ha messo in luce la
dimensione della modernità, di una modernità in qualche modo
“eterna”, vera in assoluto, nel
passato come nel presente e nel futuro, sempre attuale
perché sono gli uomini ad esserne
portatori e a metterla in atto. La modernità è il valore del
singolo uomo, della vita interiore del
singolo uomo, che comporta di per sé l’annullamento del
mondo del “Sacro” come Potenza
autosufficiente, posta di fronte agli uomini, al di sopra
degli uomini. Sparisce, con Gesù, la
primitività dell’esperienza del Sacro presente in tutte le
fenomenologie religiose, la necessità di
assoggettarvisi tentando di domarlo con la magia, con la
ritualità, con i tabù dell’impurità,
con le offerte, con il sacrificio … Gesù ha dichiarato che
tutto questo è inutile perché ciò che
conta è dentro l’uomo. E conta in egual modo agli occhi di
Dio quanto agli occhi dell’ uomo.
Tutto il resto del suo messaggio è la conseguenza logica di
questa premessa: è finito il regno
del timore e inizia (ma inizia ab illo tempore) il regno
della verità, della giustizia, dell’amore,
del perdono. Crolla l’orrida primitività della legge del
taglione, dell’occhio per occhio; crolla
la primitività selvaggia del concetto di impuro e si
affacciano così per la prima volta alla
ribalta della storia gli impuri per definizione, le donne.
Cosa si può dire? E’ un altro mondo.
Forse soltanto l’opera d’arte, forse soltanto la poesia,
soltanto la musica, somigliano
vagamente, per l’infinitezza implicita nella loro creazione,
a ciò che ha pensato, che ha creato,
che ha additato Gesù.
Come vuole che possa esistere una qualsiasi religione che
gli si avvicini? Il fatto è che non si
tratta di una religione. Per questo il cristianesimo lo
rispecchia soltanto a lampi, a barlumi, in
qualche dato di fondo … in un certo senso il cristianesimo
sembra una specie di recinto, un
recinto troppo piccolo dal quale il pensiero di Gesù deborda
in continuazione, sfugge da tutte
le parti. E tuttavia questo pensiero c’è, altrimenti non
saremmo qui a parlarne. E’ il merito
incommensurabile della Chiesa averlo fatto arrivare fino a
noi. L’islamismo rappresenta la
rivincita del massimo della primitività, del dominio
assoluto del Sacro sugli uomini. Dunque è
fuori da qualsiasi logica l’idea che possa convivere o
integrarsi. Naturalmente proprio perché
sta dalla parte della potenza del Sacro ed è facile da
capire, l’islamismo è una religione
fortissima mentre il messaggio di Gesù è sottile, è
“fragile” ed è affidato alla fragilità
dell’uomo. Una fragilità, però, che non può mai venire meno
perché l’uomo non smetterà mai
di cercare “dentro di sé”.
L’Europa è afflitta dalla recessione, ma è soprattutto erosa
dal relativismo e da una crisi
d’identità. Tale situazione può essere in qualche maniera
imputata all’ostinata avversione dei
governanti, ma anche dei media e delle élite intellettuali,
verso il riconoscimento delle comuni
radici cristiane degli Stati europei?
Credo che il progetto stesso di unificazione degli Stati
abbia portato gli abitanti d’Europa a
mettere in dubbio la forza della propria storia, della
propria identità, dei propri valori. Non
essere più in grado neanche d’intravedere quale possa essere
il proprio futuro nella
confusione politica ed economica creatasi nell’Ue, ha
influito gravemente sulla
“decomposizione” della cultura e della società sotto tutti
gli aspetti: morali, psicologici,
economici e ovviamente religiosi. Tanto più perché il
cristianesimo è, come abbiamo detto, una
religione sui generis, affidata prima di tutto alla verità
interiore che è l’unica a dare forza alle
forme esterne, ai comportamenti istituzionali, la “falsità”
che permea tutta la costruzione
europea impedisce e impedirà sempre di più l’atteggiamento
mentale indispensabile a
“pensare”, a “concettualizzare”, a rendere operante il
messaggio di Gesù. Si è aggiunta in
modo distruttivo a tutte queste falsificazioni l’imposizione
del “politicamente corretto”,
l’obbligo del non-giudizio, che ha annientato la fiducia
degli uomini in se stessi, nel proprio
sistema logico, nella propria storia, nella propria
tradizione. E’ strano che la Chiesa non si sia
resa conto che la prima causa del relativismo, di cui si
lamenta, non sono le scienze sociali ma
il politicamente corretto. Pur di ottenere la “pace”, davanti
all’invasione immigratoria,
davanti alle differenze di costumi, di religioni, di
culture, si è proclamato che tutto è uguale,
vero e giusto. E’ questo in realtà il motivo per il quale
non è stato inserito il richiamo alle
radici cristiane: non si voleva porre alla base della
perfettissima Ue una “differenza”, un
“primato”. Io credo però che il riferimento al cristianesimo
si sarebbe riusciti forse a salvarlo
se non fosse stata aggiunta a forza la connessione con il
giudaismo. E’ questo che ha dato il
destro per escludere con più facilità anche il cristianesimo
in quanto comportava la
falsificazione di tutta la storia d’Europa. Non si poteva
certo conservare il silenzio sul fatto
che sono stati i Romani a costruire l’Europa, con la lingua,
l’amministrazione, il diritto, le
strade, le città, da Milano a Parigi, da Londra a York a
Strasburgo a Francoforte, tanto che i
la Chiesa utilizza ancora oltre al latino perfino la
circoscrizione territoriale delle “diocesi” di
Diocleziano, e al tempo stesso inventarsi le radici
giudaiche allo scopo di giustificare la futura
presenza nell’Ue dello Stato di Israele. In fondo dobbiamo
rallegrarci che non sia stata
consegnata alla storia una tale menzogna: non essere
riusciti a scrivere una Costituzione è una
delle migliori prove che l’Unione europea è un progetto
falso e impossibile.
Alle parole del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo,
che rilevava la “necessità di una
revisione dei programmi, non solo di religione, ma anche di
geografia” in senso multietnico, Lei
ha replicato che “L’Italia non può vivere senza una scuola
italiana”. Cosa intende?
Intendo semplicemente quello che dovrebbe essere ovvio ad un
ministro dell’Istruzione che,
assumendo la carica, ha giurato fedeltà all’Italia: la
scuola di stato, proprio in quanto tale,
ossia pagata dai cittadini italiani e affidata ad insegnanti
scelti dallo stato, ha il dovere di
preparare cittadini italiani. Essere cittadino italiano
significa sentire il legame con la terra
d’Italia, conoscerne e apprezzarne il prezioso patrimonio
linguistico, storico, culturale,
religioso traendone l’alimento fondamentale per la
formazione della persona. Tanto più
questo deve avvenire quando gli alunni non ne possiedono una
lunga tradizione familiare alle
spalle come nel caso di immigrati provenienti dai più
diversi paesi del mondo. In altri termini
questo significa che la scuola di stato italiana ha diritto
a questo nome e alle ingentissime
spese per il suo mantenimento in quanto serve alla
conservazione e al futuro dello stato
italiano. Il fatto che vi sia stata una forte immigrazione,
anche come conseguenza di gravi
errori compiuti dai governi passati, deve indurre a
rafforzare il senso dell’ identità italiana
come bene comune da parte di tutti e non indebolirlo e
snaturarlo con l’inserimento
multiculturale . La presenza del cristianesimo in tutti gli
aspetti della storia italiana, da quella
politica a quella sociale, da quella letteraria a quella
artistica, ne è parte integrante e non
scindibile per cui qualsiasi discussione o incertezza su
questo argomento può essere frutto
soltanto dell’ignoranza o della malafede. Per quanto
riguarda invece la questione della fede e
dell’appartenenza ad una religione, mi sembra che lasciare
liberamente la scelta alle famiglie
degli alunni, tenendo conto che la maggioranza è cristiana,
sia al momento la soluzione
migliore. Naturalmente so bene per quale motivo i governanti
italiani tendano a fare tutto il
contrario di ciò che sembrerebbe ovvio. Come ho già detto e
scritto molte volte, il destino della
civiltà italiana, compreso il cristianesimo, è segnato. I
leader dell’Occidente, in Italia, in
Europa, in America, vogliono la sua fine e lavorano
freneticamente per affrettarla. Per tentare
di salvarsi sarebbe indispensabile un’immediata ribellione e
un’azione fortissima di
opposizione alla volontà di morte dei detentori del potere.
E per prima da parte della Chiesa …
Ida Magli
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