Si sono dette molte cose su Facebook, più di un sito, più di
un’azienda, ormai diventato un’icona dei tempi, una rivoluzione
culturale e sociale, l’oggetto di un film di successo e uno strumento
che segna una generazione. O meglio, segnava una generazione,
perché ormai ha coinvolto tutte le fasce d’età e conta tanti abitanti
quanto solo le nazioni più popolose.
Negli anni, dopo i primi entusiasmi sono emerse le critiche e le osservazioni sulle conseguenze potenzialmente negative di questo modo di fare “vita sociale”. Sicuramente l’impoverimento delle relazioni, la superficialità della comunicazione, l’immagine e l’apparire che sovrasta l’essere, visto che pubblicare fotografie è una delle attività principali su Facebook.
L’Italia, per quello che vedo, come spesso accade, vi ha riversato le spinte peggiori, ne ha fatto uno strumento di relazioni interpersonali degenerate, ho dovuto toccare con mano l’assurdità di persone divenute così socialmente incapaci che mi comunicavano costantemente tramite il social network e non erano in grado di incontrarmi di persona pur vivendo nello stesso quartiere!
E poi osservo la realtà di persone ormai ridotte al mentalmente essenziale: il like. Mi piace. Oppure no. Nessun rilievo critico, commento, dibattito. Alcuni individui sono macchinette da “like” e questa è la loro vita mentale.
Però quello che è importante ricordare è l’idea che stava alla base della nascita di Facebook. Il network nasceva come strumento per connetterci con familiari e amici distanti nel mondo o ritrovare vecchi compagni di scuola. Ricordate i primi slogan?
Secondo questa prospettiva occorre dunque a mio avviso distinguere un Facebook “buono” che ci connette con il mondo alla distanza e un Facebook “cattivo” che si sostituisce al caffè con il vicino o concittadino. Se Facebook è utilizzato secondo il suo scopo originale infatti offre opportunità eccezionali, la possibilità di vedere qualche foto e leggere aggiornamenti di amici magari conosciuti in una vacanza all’estero, o in una esperienza di studio, piuttosto che per lavoro, dà la straordinaria possibilità di gettare uno “sguardo” costante alle loro vite e mantenere dunque un legame affettivo che in passato si sarebbe facilmente dissolto dopo qualche lettera o anche solo email.
Invece oggi abbiamo la possibilità di mantenere una rete di amicizie e conoscenze più ampia e di più lungo termine, consentendo in definitiva di continuare a frequentarsi, magari essere ospitati da un amico in una nazione straniera e fare viceversa, chiedere informazioni, condividere richieste e conservare un legame che difficilmente potrebbe essere mantenuto senza questo sguardo occasionale nella vita dell’altro.
Dall’Australia al Giappone, Facebook ci rende tutti più vicini. Sotto un’unica bandiera ci consente un abbraccio “virtuale”. Ma al tempo stesso, spesso capita che allontani il nostro vicino di casa di mille chilometri.
http://www.finanzaelambrusco.it/cultura/1773-i-due-usi-di-facebook.html
Negli anni, dopo i primi entusiasmi sono emerse le critiche e le osservazioni sulle conseguenze potenzialmente negative di questo modo di fare “vita sociale”. Sicuramente l’impoverimento delle relazioni, la superficialità della comunicazione, l’immagine e l’apparire che sovrasta l’essere, visto che pubblicare fotografie è una delle attività principali su Facebook.
L’Italia, per quello che vedo, come spesso accade, vi ha riversato le spinte peggiori, ne ha fatto uno strumento di relazioni interpersonali degenerate, ho dovuto toccare con mano l’assurdità di persone divenute così socialmente incapaci che mi comunicavano costantemente tramite il social network e non erano in grado di incontrarmi di persona pur vivendo nello stesso quartiere!
E poi osservo la realtà di persone ormai ridotte al mentalmente essenziale: il like. Mi piace. Oppure no. Nessun rilievo critico, commento, dibattito. Alcuni individui sono macchinette da “like” e questa è la loro vita mentale.
Però quello che è importante ricordare è l’idea che stava alla base della nascita di Facebook. Il network nasceva come strumento per connetterci con familiari e amici distanti nel mondo o ritrovare vecchi compagni di scuola. Ricordate i primi slogan?
Secondo questa prospettiva occorre dunque a mio avviso distinguere un Facebook “buono” che ci connette con il mondo alla distanza e un Facebook “cattivo” che si sostituisce al caffè con il vicino o concittadino. Se Facebook è utilizzato secondo il suo scopo originale infatti offre opportunità eccezionali, la possibilità di vedere qualche foto e leggere aggiornamenti di amici magari conosciuti in una vacanza all’estero, o in una esperienza di studio, piuttosto che per lavoro, dà la straordinaria possibilità di gettare uno “sguardo” costante alle loro vite e mantenere dunque un legame affettivo che in passato si sarebbe facilmente dissolto dopo qualche lettera o anche solo email.
Invece oggi abbiamo la possibilità di mantenere una rete di amicizie e conoscenze più ampia e di più lungo termine, consentendo in definitiva di continuare a frequentarsi, magari essere ospitati da un amico in una nazione straniera e fare viceversa, chiedere informazioni, condividere richieste e conservare un legame che difficilmente potrebbe essere mantenuto senza questo sguardo occasionale nella vita dell’altro.
Dall’Australia al Giappone, Facebook ci rende tutti più vicini. Sotto un’unica bandiera ci consente un abbraccio “virtuale”. Ma al tempo stesso, spesso capita che allontani il nostro vicino di casa di mille chilometri.
http://www.finanzaelambrusco.it/cultura/1773-i-due-usi-di-facebook.html
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