CON DECISIONE UNANIME
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato torto
all’agricoltore Vernon Hugh Bowman nella causa legale che gli ha intentato la
multinazionale agricola Monsanto.Questa produce il Roundup, un erbicida a base
di glifosato, e dei semi di soia geneticamente modificati per poter crescere
nei campi con esso trattati.
I semi non vengono venduti, bensì concessi in
licenza agli agricoltori, che per usarli devono accettare di pagare a Monsanto
una percentuale sui raccolti.Bowman dopo essere stato tra i clienti di Monsanto,
ha poi deciso di piantare nel suo campo semi di soia “generici” comprati presso
un magazzino locale, e li ha trattati col Roundup, ottenendo ugualmente un buon
raccolto. Questo perché quasi tutti i coltivatori della zona utilizzano i
prodotti di Monsanto, e quindi i semi contenevano comunque i geni brevettati.
L’agricoltore sosteneva che, avendo comprato semi non etichettati, non poteva
essere ritenuto responsabile del loro contenuto genetico.
TUTTAVIA MONSANTO
(che difende i propri brevetti anche mandando ispettori nei
campi) gli ha fatto causa, e la Corte ha respinto la tesi di Bowman, con le
parole della giudice Elena Kagan: “Bowman non è stato un osservatore passivo
della moltiplicazione dei semi di soia, che non hanno spontaneamente creato otto
raccolti di fila”.
Insomma, chi coltiva i semi che contengono il gene
brevettato deve pagare i diritti, non importa come il gene sia arrivato nel
campo. Il caso ha molte affinità con quello che aveva visto la stessa Monsanto
fare causa all’agricoltore Percy Schmeiser nel 1998.In quell’occasione le
piante brevettate si erano diffuse inizialmente per contaminazione a partire
dai campi vicini. Anche allora però i giudici diedero torto all’agricoltore.
Kagan ha dichiarato di non ritenere che, al di là del caso specifico, il
verdetto avrà implicazioni più generali, sottolineando che sono immaginabili
situazioni in cui un prodotto che si autoreplica (come in questo caso il gene)
potrebbe essere usato legittimamente anche da chi non ha pagato i diritti. Il
verdetto, tuttavia, non mancherà di suscitare polemiche da parte di chi si
oppone alla brevettabilità dei geni.
Il sole 24 Ore – 15 maggio 2013
>Fonte<
redatto da Pjmanc
http://ilfattaccio.org
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