lunedì 20 maggio 2013

ZAGRELBESKY E L'EFFICIENZA...DELL'OLIGARCHIA

L'illustre prof.Zagrelbesky ha rilasciato una interessante intervista interessante intervista.. Di essa la parte più importante appare quella iniziale, dove si accenna una sorta di analisi di premessa,  riferita all'attuale operazione di (ennesima) volontà di riforma della Costituzione:
"Un mascheramento, professore Zagrebelsky?"Le maschere sono i tecnici, i saggi, gli esperti. Certo, dell'efficienza un sistema politico non può fare a meno, pena il suicidio. Ma, l'efficienza non esiste in sé e per sé".





L'illustre prof.Zagrelbesky ha rilasciato una interessante intervista. Di essa la parte più importante appare quella iniziale, dove si accenna una sorta di analisi di premessa,  riferita all'attuale operazione di (ennesima) volontà di riforma della Costituzione:
"Un mascheramento, professore Zagrebelsky?"Le maschere sono i tecnici, i saggi, gli esperti. Certo, dell'efficienza un sistema politico non può fare a meno, pena il suicidio. Ma, l'efficienza non esiste in sé e per sé".

Si è insediato un governo di larghe intese che si propone tra l'altro di modificare la macchina dello Stato. Non la convince?
"A me pare piuttosto evidente che sia in atto un disegno
di razionalizzazione d'un potere oligarchico. In Italia non si è forse radicato un sistema di giri di potere, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze e clientele? Parlando di oligarchie, non si pensi solo alla politica, ma al complesso d'interessi nazionali e internazionali, che nella politica trovano la loro garanzia di perpetuità".
Se vogliamo poi verificare le conseguenze di questa premessa dovremmo forse dare il giusto peso ad alcune di queste affermazioni.
E' vero l'efficienza non esiste in sè e per sè: ma è un criterio per cui si postulano dei fini, delle risorse a disposizione e si cerca di raggiungere quei fini con l'impiego ottimale di quelle risorse. A sua volta, l'impiego ottimale può essere verificato sul grado di raggiungimento dei fini stessi, nel senso che l'efficienza, nel tempo, trova la sua verifica nella "efficacia".

 
Ora, Zagrelbesky ci suggerisce anche che si è instaurato un potere oligarchico, che non si esaurisce nella politica, facendo piuttosto (così è da intendere sul piano della teoria generale del diritto) capo a un "complesso di interessi nazionali e internazionali. In effetti sono gli interessi prevalenti, che indirizzano le decisioni della politica, e quindi l'effettivo orientamento delle istituzioni, che determinano un assetto di potere. E i titolari effettivi di questi interessi prevalenti costituiscono la "classe dirigente" in senso sociologico, quindi affermato sì dai fatti ma rilevante sul piano del diritto per determinare la Costituzione materiale (al di là dell'assetto affermato in quella "formale", scritta).

Dunque il nodo centrale da cui dipende il senso logico di ciò che, sul piano costituzionale, afferma Zagrelbesky, è identificare i titolari di questi "interessi nazionali e internazionali".
Ma questa identificazione non è da lui compiuta. Si accenna a "giri di potere" che si riproducono per "connivenze e clientele", ma ci pare un pò poco, specie per identificare gli interessi internazionali, a cui è difficile ascrivere, quantomeno, le clientele; mentre le "connivenze", riferendosi a un fenomeno di "astensione-omissione" di comportamenti dovuti di dissociazione e di resistenza rispetto all'azione illegittima (o anche illecita) di qualcuno, si riferiscono alla presenza di forze sociali che dovrebbero opporsi a questi interessi ma non lo fanno.
Ecco, la spiegazione di quali siano i titolari degli interessi che individuano l'oligarchia e chi siano le componenti sociali (politiche, mediatiche) che gli prestano connivenza e ne formano le clientele, l'abbiamo già fornita, esprimendo questa analisi:
"...questo meccanismo, sovranazionale e costituzionalmente illegittimofunziona indipendentemente da qualsiasi esito elettorale e segna l'espropriazione definitiva della sovranità, con la disattivazione dei modi di esercizio della sovranità del popolo rendendo, per gli italiani,  del tutto inutile andare a votare.
Inutile, però, per gli italiani.
Non per chi, a qualunque titolo, fa parte della politica e omette di lottare per svincolarsi senza indugio dal tallone di ferro "europeo".
In effetti le elezioni una funzione residua e specialistica ancora la svolgono: designare i "decidenti" per conto dell'Europa "bancaria", che possono continuare a garantirne il potere totalitario in cambio della perpetuazione "del", o introduzione "nel", giro dei feudatari (del neo-Sacro romano impero crucco).
Divenuti feudatari, infatti, gli eletti, sia a livello nazionale che locale, potranno:
- pesarsi e pretendere lo spazio televisivo e mediatico che ne amplifica la stabilità della stessa posizione, disinformando totalmente e ;
- riunirsi per negoziare decine di migliaia di nomine dirette e indirette, queste ultime formando un qualsiasi tipo di governo (nazionale o locale); e il tutto in base a precari equilibri numerici. Infatti, in tempi di crisi e nell'assenza di un'offerta politica che sia veramente volta a risolverla, mettendo in contestazione l'Europa delle banche, i numeri saranno necessariamente sempre precari (grazie a un elettorato tra il confuso e il disperato).

Insomma le elezioni (ripeto: nazionali e locali) funzionano come strumento per la formazione di un atipico consiglio di amministrazione di una holding o, più esattamente, grazie alla "riforma" del Titolo V della Costituzione, di una serie di holdings che controllano una sterminata quantità di "soggetti operativi" (a cominciare dal governo che funziona come comitato esecutivo, ristretto, di amministratori delegati): non solo società pubbliche e miste, ma anche enti, consulenti, organismi persino previsti dalla Costituzione.
Ma tutti, consiglio di amministrazione della holding e soggetti operativi, invariabilmente asserviti ad un'unica mission: realizzare ciò che "vuole l'Europa", contro gli interessi nazionali chiaramente indicati dalla Costituzione come inderogabili

La foglia di fico, che non fa trapelare la già avvenuta colonizzazione italiana da parte delle potenze (bancarie) straniere che esprimono la governance europea e fungono perciò da azionisti di controllo della holding, è che, per ora, nel consiglio di amministrazione-Italia (assemblee nazionali e locali), siedono cittadini italiani. Per ora.
Ma questo avveniva anche nel Sacro Romano Impero carolingio e poi germanico, dove i margravi e i duchi e i vescovi-principi o conti, per conto dell'imperatore, erano per lo più nativi (non sempre, ma anche se venivano dall'estero, come un Olli Rehn, dovevano comunque accattivarsi i vassalli locali e tutti insieme governare un popolo di miserabili in quello che era un assetto parassitario o, in tempi di crisi e di guerra, "predatorio")."
Per dare una connotazione precisa al ragionamento, riportiamo anche quanto già detto, riassuntivamente, sul "meccanismo sovranazionale e costituzionalmente illegittimo":

"...provo a scomporre quest'unico punto (cessione della sovranità=fine della democrazia costituzionale):
1- cessione di sovranità: deriva dal fatto stesso:
a) di aver adottato una moneta non nazionale ma emessa da un entità sovranazionale non prevista dalla Costituzione;
b) di essersi sottoposti ai criteri di convergenza dell'inflazione (chiaramente imperfetti e difettosi nella teoria delle aree valutarie ottimali), nonchè di riduzione del deficit secondo indici posti astrattamente e immotivatamente in sede internazionale, vincolando in connessione anche il rapporto debito/PIL, così cedendo di fatto anche la sovranità fiscale (artt. 136-140 del Tr. sul funzionamento dell'Unione);
c) dall'aver aggravato questa situazione di cessione accettando i vincoli derivanti dai regolamenti del 2011 che hanno modificato il Trattato stesso e configurato il fiscal compact;
   
2- fine della democrazia costituzionale: deriva dal fatto stesso che:
a) il deficit (indebitamento annuo del bilancio statale) servendo a creare risparmio privato (art.3 e 47 Cost.) e a perseguire politiche di eguaglianza sostanziale tra i cittadini (art.3, comma 2, Cost, norma chiave sui compiti istituzionali dei pubblici poteri di tutta la Costituzione), nell'ambito della loro condizione di lavoratori (art.1, 4 e 36 Cost.), non può essere limitato nell'ammontare secondo un indice prefissato una volta per tutte;
b) questo a maggior ragione se il corso della moneta adottata non sia conforme alla inflazione media corrente nello Stato rispetto ad altri partecipanti all'Unione monetaria, tollerandosi anzi nel trattato differenze fino a 1,5% tra i paesi UEM (protocollo 13 al trattato sui criteri di convergenza) in assenza di previsioni di trasferimenti finanziari a carico di un bilancio federale UEM.
Con ciò si è ottenuto di violare:
- l'art.139 Cost., in quanto si è di fatto, con un vincolo internazionale, sospeso, senza limiti di tempo, l'obbligo del potere governativo-legislativo di raggiungere gli obiettivi imposti dai principi fondamentali della Repubblica fondata sul lavoro, non assoggettabili a revisione;
- l'art.11 Cost., dato che un trattato internazionale, comunque denominato, non può portare a "cessioni" di sovranità - ovvero alla sua "sospensione" senza limiti di tempo-, sebbene solo a "limitazioni" della medesima sovranità.
E questo, però, purchè sia fatto, anzitutto, "a condizioni di parità", cosa esclusa proprio dai suddetti criteri di convergenza, e dalla inattendibilità complessiva degli stessi, che, come tutti constatano oggi, portano a condizioni sempre più divergenti di attuazione della moneta unica.
E, inoltre, sia fatto per "assicurare la giustizia e la pace tra i popoli" laddove invece, le regole della moneta unica hanno dato luogo a una crescente competizione tra i paesi europei coinvolti, con un trattato che non contiene regole per mitigarla, in particolare imponendo ai paesi ad inflazione media più bassa, per un periodo significativo, di aumentarla per creare leali condizioni di convergenza.
Molte altre cose si potrebbero aggiungere sia dal punto di vista giuridico che economico.
Ma quello che conta è come ormai appaia del tutto evidente che le elezioni in Italia non possono più svolgere la funzione di scelta democratica popolare sull'indirizzo politico -e quindi anche fiscale e monetario- che gli organi elettivi debbano perseguire (artt.3, comma 2, 48, 51, 54, 56 e 57 Cost.).
...Perciò la sovranità non appartiene più al popolo (art.1 Cost.) e le forme per il suo esercizio previste dalla Costituzione sono una mera "fictio juris internationalis" contraria alla Costituzione."
Sulla base di queste precisazioni e del contesto che ne viene delineato, abbiamo già visto, in questo post, come ci troviamo, ancora una volta, a condividere le premesse offerte da Zagrelbesky, ma non le sue conclusioni. E non tanto per la recisa affermatività delle stesse, quanto piuttosto per la loro, già evidenziata, "genericità" che vanifica il valore pratico dell'intero suo ragionamento
"Veniamo a Zagrelbesky. Con lui, in linea teorica, ci accomuna il voler riproporre il pensiero giuridico di Costantino Mortati e Piero Calamandrei. Ma, mancando del tutto, nell'analisi di Zagrelbesky, punti di riferimento riferiti alla reale causa europea della crisi economica e costituzionale italiana gli sviluppi tratti da questi grandi antecedenti di pensiero sono obiettivamente dissimili.
Questa coincidenza di premesse e divergenza di conclusioni si vede bene in questo passaggio riassuntivo di sue recenti prese di posizione politico-istituzionale:
"Nella Costituzione troviamo la politica, il bene pubblico che più, oggi, scarseggia". Di una "stagione costituzionale", e non di una "stagione costituente", quindi, il Paese ha bisogno, spiega Zagrebelsky. Di "atti di contrizione e segni di discontinuità" con quanto ci ha preceduto. E, in questa parola d'ordine, ossia nel dettato costituzionale, si troverebbe soluzione ai problemi del Paese che vengono elencati nel manifesto. Al primo posto anche qui il lavoro, quindi i diritti civili, l'uguaglianza, l'equità sociale e fiscale, i servizi sociali, la salute, la cultura e i beni culturali, la natura, intesa come patrimonio a disposizione di tutti; l'informazione, come diritto dei cittadini a essere informati e dei giornalisti di informare; la politica come autonomo discorso sui fini e la partecipazione all'Europa."
D'accordo che il bisogno sia quello di una "stagione costituzionale", ma il tutto diventa irrimediabilmente generico e privo di valore pratico se non si indica come, alla luce della cause effettive della attuale crisi, si possa "porre al primo posto" il lavoro, i diritti civili, e tutto quanto elencato, quando non si prende in esame neppure per un momento che tutto questo è antitetico al trattato UE-UEM, scritto sotto la spinta delle teorie macroeconomiche neoclassiche di Lucas e Von Hayek, che di tale elenco di interessi e programmi perseguiti dalla nostra Costituzione sono inconciliabili avversari".
CONCLUSIONI.
Per riassumere i termini complessivi del discorso, alcune conclusioni sono possibili:
1) è vero esiste un'oligarchia che è stabilmente al potere in Italia più o meno da 30 anni (cioè dalla introduzione del "divorzio" tra tesoro e Bankitalia);
2) questa oligarchia è individuabile in base alla titolarità degli interessi obiettivamente e manifestamente perseguiti attraverso il complesso degli atti politici di indirizzo generale (leggi, adesioni a trattati, revisioni costituzionali) costantemente posti in essere;
3) questa oligarchia coincide con i titolari degli interessi finanziari e industriali dominanti dei paesi che costituiscono, secondo la logica inevitabile del diritto internazionale, la governance di fatto dell'unione europea, che ha trovato una stabile alleanza negli interessi della finanza e della grande industria nazionali, abbagliata dal disegno di restaurazione del potere di influenzamento totalitario sul governo e su tutte le istituzioni democratiche che è implicito nella prevalenza del disegno dei trattati UE;
4) questo stesso disegno, di limitazione dello Stato, in quanto interferente sugli equilibri garantiti dai "mercati", e delle prerogative del lavoro rispetto al capitale, è stato realizzato con efficienza ed efficacia;
5) la presunta "inefficienza" del sistema politico è solo un pretesto: essa è solo una facciata riferita ad aspettative e possibilità, di benessere e di democrazia, che non si è mai inteso realizzare, dato che lo scopo realizzato del sistema di Maastricht, era quello di sacrificare tale benessere, degradare lo Stato, privarlo della sua capacità di intervento riequilibratore nell'economia  e smantellare il welfare;
6) l'utilizzazione propagandistica della "governabilità" e della "efficienza della politica" prelude solo alla ratifica del sistema costituzionalmente illegittimo "voluto in nome dell'Europa". 
E qui Zagrelbesky ha perfettamente ragione: si tratta solo di "razionalizzare" le regole scritte nella Costituzione che, altrimenti, continuerebbero ad essere rivolte a tutelare valori e fini irrinunciabili che risultano del tutto incompatibili con quelli dell'oligarchia Euro-centrica.

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