Il
rapporto Istat appena uscito prefigura un crollo di civiltà: la
percentuale di concittadini in stato di «grave deprivazione» vola al
14,7. In soli sei anni il Pil pro capite è sceso dell’11,5%; nella
graduatoria internazionale l’Italia passa dal 31˚al 45˚posto. Anche il
futuro è stato ipotecato: calano infatti la ricchezza (-12%), gli investimenti pubblici (dal 4 al 2,9% del Pil), la capacità produttiva (-16% nell’industria), gli studenti universitari (-17%); crescono il debito pubblico,
il debito estero netto (28% del Pil, sul quale l’Italia paga 12
miliardi di interessi l’anno), i giovani senza lavoro (57% fra
disoccupati e scoraggiati). Perciò è essenziale a questo punto dire la
verità. La crisi non dipende dai nostri vizi storici, bensì – lo dicono i dati – da uno straordinario, diffuso timore di spendere i soldi.
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/06/gawronski-stampare-denaro-o-litalia-sara-rasa-al-suolo/
Per uscirne non è perciò necessario «cambiare gli italiani»
o la struttura economica: la depressione della domanda, notoriamente, si cura
sostenendo la domanda. Terapia tutt’altro che difficile: basta spendere soldi;
e i soldi… si stampano. Ma noi abbiamo consegnato le leve macroeconomiche
all’Europa. E i trattati europei – concepiti per combattere l’inflazione
(l’eccesso di domanda) – offrono ai liberisti europei un inopinato potere di
veto su tutto ciò che di significativo si potrebbe e si dovrebbe fare. Perciò
resta il problema di fondo, «noto e così riassumibile: l’Italia deve rimanere
credibile sul terreno dei conti pubblici, ma deve dare prova concreta di
discontinuità in chiave pro crescita» (Guido Gentili). Cioè: deve alimentare la
spesa, ma non ha i soldi per farlo.
Per uscire dall’impasse ci sono tre strade. La prima è
cambiare consensualmente le politiche economiche dell’Eurozona. Non basta
diluire l’austerità: occorre rovesciare le politiche economiche nel cuore
dell’Europa. Ma né i partiti né il governo, a parte lamentarsi, hanno ripreso e
avanzato nelle sedi europee le proposte degli economisti in questo senso: la
liquidità immessa nel sistema finanziario non passa all’economia reale? La Bce
distribuisca base monetaria ai governi, che la usino per aiutare i poveri e
finanziare lavori pubblici nelle zone ad alta disoccupazione. La Bce alzi il
target di inflazione e favorisca una rapida crescita dei salari tedeschi: gli
squilibri di competitività rientreranno, senza dolore per nessuno. I paesi con
più margini di manovra fiscale rilancino la domanda interna con il deficit
spending: la depressione finirà. In ogni caso, la Germania ha sempre risposto
picche; e continuerà a farlo. Per indurla a trattare seriamente non basta il
crollo dei fondamenti teorici dell’austerità, o l’evidenza empirica: bisogna
cambiare i suoi incentivi politici.
La seconda possibile via d’uscita è lasciare l’euro, e/o
ristrutturare il debito. Bisognerà cominciare a parlarne: essa offre sicuri
benefici (la fine della depressione), non è vero che il Pil cadrebbe del 30%;
ma comporta anche rischi e costi elevati. Ci sarebbe una terza via,
percorribile su base nazionale, che è sfuggita all’attenzione mediatica, e che
consentirebbe di uscire dalla crisi “a velocità giapponese”. Bisogna però
essere disposti ad approfittare di un clamoroso vuoto della normativa europea.
E violare lo spirito, non la lettera, dei trattati. Come ha fatto finora la
Germania, scambiando la “cultura della stabilità” con la “cultura della
depressione”. Eludere le regole senza lasciare l’euro riaprirebbe anche il
negoziato sull’Eurozona. Per realizzare una simile strategia ci vuole però un
quadro politico assai più propenso all’innovazione, desideroso di sfidare
l’ortodossia liberista. Capace di alzare la qualità della proposta, e offrire
all’Europa un nuovo paradigma, nel dimostrabile interesse anche del popolo
tedesco. Si può fare. Perciò si deve fare.
(Piergiorgio Gawronski, “Stampare denaro per uscire subito dalla crisi”, lettera indirizzata al direttore del “Corriere della Sera” il 25 maggio 2013, poi ripresa da “Il Fatto Quotidiano” e da “Come Don Chisciotte”).
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/06/gawronski-stampare-denaro-o-litalia-sara-rasa-al-suolo/
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